lunedì 20 agosto 2007

Happyness

Si scrive happiness ma voglio trarre lo spunto per parlare della felicità da un film. The Pursuit of happyness che ho divorato diverse volte, al cinema ed in dvd. Si voglio soltanto trarre lo spunto perchè nonostante il film sia splendido non penso sia necessaria una recensione completa. Voglio parlare della felicità. Perchè questa è una parola che ricorre molto poco tra le mie pagine. Anzi non ricordo di averla mai usata in questo blog.
Chris Gardner ne passa di tutti i colori, vedendo il film per la prima volta avevo avuto l'impressione che non vi fossero limiti alla sfiga. Mi sentivo umiliato nelle mie sciocche turbe esistenziali. Però quell'uomo sapeva quello che voleva, e non per se stesso, ma per suo figlio. Una ragione di vita verso cui piegare ogni intento. E raggiungere l'obiettivo sognato a costo di immani sofferenze, restare se stessi, per donarla alle persone importanti la felicità, che bella storia.
Ci sono due scene che mi hanno molto coinvolto. All'inizio del film, quando Chris con il suo scanner osseo osserva uno sciame di gente felice, che cammina verso un'unica direzione e lui resta avulso da quel tragitto, si sente estraneo, è in una posizione  opposta, voltata a guardare con ammirazione e brama di tuffarsi in quella corrente di gioia, con la consapevolezza di non poter nuotare. Quel flusso di contentezza non gli era accessibile. Alla fine del film, quando viene assunto come broker e può concedere una vita dignitosa a lui ed al figlio, quando tutto ha trovato un senso. Scende le scale del palazzo nel quale lavorerà per tornare in strada, deve correre dal suo piccolo, e corre, accompagnato alla nostra vista delle note bellissime di Andrea Guerra che ascoltate nel player accanto (track n.8). Welcome Chris... Si immerge piangendo nel fiume umano della felicità, si cosparge piangendo di vita e si guarda intorno incredulo della propria conquista...
Dovrebbe essere la prima libertà di ogni uomo, la ricerca della felicità, secondo la propria strada...
Anche io ho provato una simile sensazione, a dicembre scorso, pochi giorni prima del Natale, sotto la pioggia, camminando con le lacrime agli occhi, tra foglie finte di addobbi festosi e violini di barboni mendicanti cui avrei voluto donare tutto me stesso. Un traguardo impossibile, una sfida irraggiungibile superata, dopo aver saputo di aver vinto il concorso per poter fare quello che faccio ora, quello che volevo. Con tutto me stesso. E che ora sono disposto a fare senza alcun compenso. Lessi da qualche parte che la felicità non è fare quel che si vuole, ma volere quel che si fa. Non è stato semplice capovolgere nel giro di venti giorni il corso di un'esistenza, dopo che per 5 anni ti accorgi che sarebbe stato necessario rettificare la strada per poter essere ciò che sognavi. Anche portare avanti un sogno costa sacrifici, deve essere coltivato lentamente, al prezzo di rinunce come l'ennesima estate sui libri. Ora magari non rivivrei le stesse atmosfere, ma la felicità è la cornice dorata di attimi inattesi, attimi in cui la strada dell'esistenza, carica di inerzia e incapacità nel governare il proprio timone durante il naufragio del tempo e dell'età, si interseca con la rotta che hai sempre voluto dare ai tuoi sogni.
Rivivo raramente queste emozioni, quando attendi con ansia una persona che manca tanto, e ti svegli di soprassalto con l'idea di ritrovarla, credi che non ci sia, e poi all'improvviso ti accorgi che c'è. E non finiresti mai di ringraziarla per quello che rappresenta per te, anche se non conoscerai mai i contorni del suo viso, il candore dei suoi occhi... neanche il suo nome; oppure quando qualche riga generata dalla noia e dal bisogno di circondarsi di poesia sempre e comunque, suscita le parole che stamane mi sono state rivolte da una fata venuta fuori da una favola.
Oppure quando corro nel vento del tramonto tra le colline irradiate dagli ultimi afosi sospiri dell'estate, ascoltando la canzone di Elton John (nel player la n. 10), The Measure of a Man, la grandezza di un uomo: tu sei il tempo, tu sei lo spazio, guardati in faccia, è questa la grandezza di un uomo... ora puoi vincere, ora puoi perdere, ma potrai sempre scegliere, è questa la grandezza di un uomo...  Ci vuole tanta forza, e tanto coraggio....
Mi basterebbe vedere che la gente intorno a me non soffra per colpa mia... e non pianga. E tanta gente ha pianto e sofferto per colpa mia, e lo farà ancora.
Sono stato felice quando dopo un discorso di piazza, un vecchietto si avvicinò per chiedermi se fosse possibile aggiustare un ponticello crollato dopo l'alluvione di 4 anni fa'. Doveva poter raggungere il suo piccolo terreno coltivato ad ortaggi. Nessuno lo avrebbe mai ascoltato. I politici non ascoltano  mai nessuno... In me egli vedeva una possibilità, in lui io vedevo la fiducia che da solo non riesco a darmi, anche se non avrei mai potuto far nulla per lui. Sono stato felice quando ho visto mia madre piangere il giorno della mia laurea, mentre la mia videocamera ultramoderna si rompeva nell'attimo esatto della proclamazione... Quando chiunque abbia mai letto quello che scrivo ha provato qualcosa, o ci si è immerso specchiando in esso la propria vita come in una favola.
Tuttora riesco ad essere felice quando l'Orsa Maggiore non è coperta dalle nuvole, e l'esempio che giunge dal ricordo di una persona cara che mi insegnò ad essere chi sono, strappandomi una promessa prima di morire, non è offuscato dal mio egoismo fatto dal desiderio di solitudine.

Ho aperto questo blog per ritagliarmi uno spazio mio di introspezione e raccolta di pensieri. Rievocando abitudini della mia adolescenza, quando scrivevo un diario anzichè studiare matematica, e ne pago ora le stupende conseguenze. Non sapevo nulla, non mi curavo di chi avrei incontrato, della possibilità che esso sarebbe sopravvissuto ai capricci imprevedibili del mio instabile essere. Devo dire che ho avuto modo di conoscere delle persone stupende, migliori di me.

A loro dedico questo piccolo tratto di felicità, questo piccolo momento di sereno tra le nuvole, questo quieto arcobaleno tra la pioggia, mentre le ultime goccie scivolano via come docili lacrime di incredulità e stupore nel poter vivere anch'io di questi istanti sereni.

Vi ringrazio, con tutto quel residuo del mio cuore sopravvissuto all'indifferenza.
Alcor

Nell'immagine: Giorgio De Chirico, L'incertezza del poeta, 1913. Olio su tela, 106 x 94 cm. Tate Gallery, Londra.

6 commenti:

  1. Sto crogiolandomi in un attimo di torpore post pasto e post chiacchiere coi colleghi... in effetti, stanotte ho anche dormito poco... perciò oggi ho addosso quella sensazione un po' onirica che vorresti fosse autunno, quasi inverno... un cinema di pomeriggio, primo spettacolo, quello delle 3 che i miei coetanei in genere snobbano... uscire, indossare il cappotto, dirigersi verso un bar di quelli carini e dai colori caldi per una cioccolata... chiacchierare amabilmente, ridere, sorridere... ho letto tutto d'un fiato questo tuo post e mi ha trasportata in quella dimensione... grazie sinceramente. Grazie anche per quella storia del ponticello, e per l'immagine dei barboni che suonano... e grazie perché in quest'istante, dimentico per un attimo la difficoltà a trovare un posto fisso e retribuito e sono felice di stare in un posto che non è niente di tutto questo, ma che amo. Non voglio guastare il clima ammettendo che il film "La ricerca della felicità" mi è piaciuto poco, non ho apprezzato certi aspetti della personalità del protagonista in alcuni frangenti... ma anche questa è una scoperta. Trovare un frutto bellissimo, fiabesco ed incantato, caduto da un albero che non i aveva particolarmente colpita. Ciò non toglie che ho pianto anch'io, alla fine del film.


    Grazie ancora di tutto e a presto.


    Bethany

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  2. ...l'ho ascoltata...voglio dire la musica...come al solito hai ottimi gusti...è sublime.

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  3. credo che sia importante sorridere, guardare su dal pozzo e avere un motivo per dire che le cose non stanno andando così male.

    Forse ci aspettiamo troppo dalle cose che ci circondano. La felicità è un momento, che solo in seguito ti acorgi della sua importanza.

    Eri felice... Non per l'egoismo di un momento, ma per ciò che porta quello stato di benessere che racchiudi nella mano in un secondo successivo e ti fa respirare un'aria diversa...

    E' da un po' che non mi sento così, ma c'è tempo, e ho avuto tante cose...


    Bellissimo pezzo.

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  4. "Forse ci aspettiamo troppo dalle cose che ci circondano".


    Fosse così facile... limitarsi ad aspettarsi di meno... no, non credo sia questa la causa dell'infelicità... quella che indichi, IrisCatter, io credo sia la causa dello sterile lamentarsi in cui amano sguazzare alcune persone... l'infelicità non può essere ridotta a questo. "Come se star male dipendesse dalla volontà", canta Massimo Ranieri. Se invece intendi dire che dovremmo essere più disillusi... quella è un'altra storia...

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  5. La ricerca della felicità rappresenta purtroppo ancora un grande vuoto culturale per me..

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  6. Uè Paniko, sei ancora giovane hai tempo per colmare i vuoti culturali... fattelo dire da me, che potrei essere il tuo fratellaccio maggiore... in gamba ragazzo.

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