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martedì 27 settembre 2011

Perdiamoci di vista


L'ultima volta che ho sentito un vecchio collega universitario egli era in viaggio verso Pisa, in treno. Cinque anni fa,  o poco meno.



Ricordo bene la circostanza per cui egli nel 2004 votava la mozione Fassino nel penultimo congresso dei Democratici di Sinistra, mentre io sostenni la mozione Mussi-Berlinguer. Di contro, nelle primarie del 2005 per l'indicazione del candidato presidente della regione Puglia, egli votò Vendola, io votai Boccia.


In entrambe le circostanza mi ritrovai, non so quanto orgogliosamente, in miserrima minoranza.


Era un compagno, politicamente parlando, ed aveva una media voto agli esami di poco inferiore alla mia. Lo chiamai un pomeriggio, un paio di giorni dopo la mia laurea, per chiedergli delucidazioni nella compilazione di una domanda per una borsa di studio per i master.


Io il master non lo feci più e intrapresi la carriera da provetto ricercatore.

Negli ultimi tre mesi ho trascorso una frazione non trascurabile del tempo dedicato all'ozio a cercare di ricordarmi il suo nome, poi facebook avrebbe fatto il resto.


Ed il suo nome mi è balenato in mente, un pomeriggio di inizio autunno, mentre mi pongo come una spugna dinanzi ad un trattato di Supply Chain Management.
Facebook lo scova su mio preciso mandato.



E scopro che si è sposato, che è diventato grande e via dicendo... e che il massimo della politica che si evince dalle scarne informazioni carpite da FB è un timido invito a votare "Sì" al referendum sul nucleare.

Mentre io ho continuato a perdere tempo in lungo e in largo a giocare al "Togliatti-fai-da-te", e a farmi dire "quanto-sei-bravo", senza concludere un cazzo.

mercoledì 14 settembre 2011

Also spracht Alcor - la vita è uno stato mentale


Domani parto, again.

Tra la stasi esogena e la convalescenza che mi ha immobilizzato tutto ciò che esiste tra il mio basso ventre e le mie ginocchia, il mio pensiero corre e ricorre al racconto Infanzia di un capo, di Sartre. Quello del concetto della "immensa attesa", per intenderci. Omosessuali a parte (con tutto il rispetto), esistono parole che si attaccano alla pelle come elettrodi, e sembrano raccontare i picchi e i precipitati attraverso il diagramma che quotidianamente si tende ad arginare.

Uso l'impersonale, o un'anonima prima persona plurale, ma è di me che parlo, visto che il residuale tessuto di esseri terrestre mi è tuttora sconosciuto.

Dovremmo ripartire da alcune costanti: da Nietzsche, dal tonno con la maionese, dai cappelli ottocenteschi, dal nodo windsor alle cravatte, dal tiramisù, dai sudoku e dall'indifferenza imperatrix mundi.
Ricevo la telefonata di un caro amico che non ha del tutto perso la voglia di rantolare nel torbido. Del resto, perché biasimalo, ha solo 24 anni è assolutamente comprensibile che egli sia ancora in grado di invocare una solidarietà generazionale nell'erezione di un fronte battagliero contro questa manica di cialtroni che si proclama classe dirigente.

Mi veniva in mente che il porto vicino casa mia non riesce a sviluppare il suo potenziale di affari perché è poco profondo. Il pescaggio inferiore lo rende poco competitivo perché impedisce alle navi più grandi di poter attraccare.
Si potrebbe scavare. Si potrebbe, no?

Peccato che vi abbiano sversato tanta di quella merda, nel corso degli anni, che smuovere un sassolino dai fondali significherebbe mettere in circolo tossicità allo stato puro.
Ecco cosa accade quando si smuovono consolidati strati di schifo, per riconvertirsi e non crepare.


 








 

giovedì 30 giugno 2011

La Terza Repubblica


Il peggio che può capitare ad un "dalemiano" temporaneamente in crisi di liquidità, è imbattersi in un amico militante di Futuro e Libertà che ti si accosta incessantemente per propinarti l'acquisto dei biglietti della lotteria del nuovo partito della destra italiana.
Tra i premi un succulento abbonamento annuale al Secolo d'Italia.

E chi lavora giornalmente, sporcandosi le mani e la mente nell'intento di costruire una larghissima coalizione tra le forze apparentemente democratiche di  questo paese per dare corpo alla Terza Repubblica, non può non tendere una mano ad un possibile alleato.

Anche a costo di restare a secco, di soldi e di dignità.

mercoledì 8 giugno 2011

Ammissioni


Ho fallito, lo ammetto. Ma non perché all'epoca immaginavo di piazzare stabilmente il mio uccello tra le tue grandi labbra, e codesto intento si rivelò immediatamente impraticabile in un'ottica di lungo periodo.

Anche nelle più spregevoli delle vicende umane, anche quando cala un'ingestibile amnistia nei reciproci livori, può capitare che una illogica serenità possa agevolare la conservazione di residui frammentati da riporre nei barattoli delle conserve di frutta.
Come lombrichi imbalsamati.

Non è rimasto nulla di quella pallida immagine di ciò che eravamo. Neanche il fotogramma più sano che ci sorprese compagni almeno nello studio, quando trascorrevamo il nostro tempo a discutere di in house providing.

Perché nonostante questo voterai SI al referendum sull'acqua.

lunedì 18 aprile 2011

Employment


Secondo il Ministro dell'Economia non vi è un problema occupazionale in Italia perché, a suo dire, gli stranieri sono tutti occupati.

La colpa è tutta di noi italiani, che rinunciamo alle opportunità di lavoro che il mercato ci offre.

Ad esempio, quanti sono i semafori ancora disponibili ad occupare un lavavetri abusivo?


Muovetevi prima che le posizioni aperte siano presto occupate. Oppure facciamo una pubblica selezione.

domenica 6 febbraio 2011

Appello


Opinate quanto volete, ma utilizzare lo strumento della petizione per chiedere ad un governo di andarsene mi sa tanto di patetico.



Sembra l'opporsi ad un bombardamento di B52 con una cerbottana caricata a palline di carta.



Pare più un tentativo di ricordare all'umanità ridente che esistiamo anche noi: impavidi novelli david disarmati.

Ma Golia non cadrà sempre sotto gli attacchi delle fionde.

domenica 23 gennaio 2011

Vocazione minoritaria


- Appena appresa la notizia della costituzione di Cuffaro, intorno alle 13.00, noi dell'IDV abbiamo esultato. 

- Davvero? Io ci vedo molto poco per cui esultare.

- Alcor, per te c'è sempre poco o niente da fare...


[A questo punto, preferisco allearmi con un branco di ultras serbi ubriachi]

venerdì 13 agosto 2010

Vacanze su Plutone

Summer of '10. Che sia 1910 o 2010, non cambia granché.

Qui lo scorrere del tempo non segue l'ordine sancito dal calendario del Frate Indovino, bensì direttamente la teoria della relatività di Einstein.
Tant'é che se taluni luoghi del pianeta Terra riescono a misurare il proprio progresso in contenitori annuali di 365 giorni e 6 ore, qui, ove insiste la mia persona, lo stesso tempo ci impiega molto di più: circa 248,1 anni terrestri per varcare le medesime soglie e giovarsi delle medesime conquiste.
Come su Plutone.


Qui, su Plutone, si gioca col suffragio universale come un bimbo di due anni alle prese con la nitroglicerina.

Qui, su Plutone, si sta come in un'incendio estivo, sugli alberi, le foglie.

Eppure il contrappasso dantesco ha stabilito così quest'anno. Una sorta di companatico piacevole ai riassunti e agli intervalli raccontati da coloro che ritornano per trascorrere l'estate su Plutone. L'endovenico cerimoniale prevede sovente il richiamo mnemonico di epiche gesta felliniane compiute durante l'imberbe età.
Il Welfare State non è più un capitolo dell'esame di Scienza della Politica, ma la nuova figura che nell'epoca della giovinezza precaria sostituisce Babbo Natale nell'immaginario onirico.

E se un tempo ci si ritrovava tutti insieme per scagliarsi in faccia piatti di spaghetti col tonno, palle di maionese come fosse neve, oggi si è alle prese con i primi matrimoni nele nostre fila, e con la meditabonda ricerca dell'idea geniale che ci faccia uscire tutti dal torpore, sia terrestri che plutonici.
E pensare che l'anno scorso ero a New York e tentavo di raccontare  alle donzelle  'mbriache lo stato di agiatezza e grazia che si vive quando in società si è dalla parte della minoranza.
Il senso di responsabilità che mi ha fatto tornare in patria mi ingenera la stessa vergogna  che gronda dal celebre monologo di Califano: avventura con un travestito.

Così, mentre l'amica aggraziata e disperata elucubra nel voler tentare un traffico di caciotte tra l'italico tacco ed il padan triveneto, ella mi sorride e mi suggerisce arcigna:

- Alcor, dammi il tuo CV, ed una lettera di presentazione...

- Ma io già ho le mie consulenze...

- Ascoltami, Alcor.

- Toh, un pezzo della lettera:

"Alcor, colui che sta a Confindustria come Veltroni sta a Martin Luther King. Nasce nel territorio della Comunità Montana più sputtanata d'Italia, nel novembre 1982, una manciata di ore dopo la dipartita del compagno Leonid Il'ič Brežnev. Gli agiografi dell'epoca parlavano di probabile metempsicosi, quando egli cominciò giovanissimo ad elaborare le prime teorie circa la sovranità limitata esercitata dalla sfiga sugli esseri umani, nonché una revisione in chiave sessuologica del marxismo.
La sua formazione culturale risente molto degli effetti della riforma agraria compiuta da De Gasperi, ed è sopravvisuto agli anni '80 e '90 nonostante Berlusconi. Da bambino, dopo aver letto il mito di Teseo, decise che avrebbe fatto politica attiva."



domenica 1 agosto 2010

III RePubic

Apprendiamo con sgomento che in Italia la destra è costretta a fare sia da maggioranza che da opposizione.

Ti piace vincere facile?

(parte la musichetta)

domenica 6 giugno 2010

18

Quella panchina no. Troppe costellazioni di cacate d'uccello. Andiamo dall'altra parte.
Odiava che io fumassi, disapprovava tante cose con mirabile coraggio. Non aveva né l'esperienza, né la corteccia per sentirsi ascoltato nei suoi consigli. Solo un'audace convinzione nei suoi precetti.

La sua ingenuità emergeva nel non aver considerato le sigarette consumate per rendere meno inutile l'attesa del suo ritardo.

- Vuoi un caffè?
- Non lo bevo il caffè.
- No? E che bevi?
- Solo il latte.
- Solo il latte?! - pausa - E scommetto che non bevi vino, birra, whisky. Giusto?
- Una volta ho bevuto un cicchetto.
- Un cicchetto...
- Sì.
- Che razza di comunista...

Avrebbe dovuto immaginarlo tutto il mio disappunto nell'aver distolto il mio tempo dall'ozio e dal sonno per ascoltarlo. Tutto quel tempo che avrei benissimo potuto impiegare nell'ingegnare scuse sempre originali per omettere la cura indefessa che avrei dovuto prodigare negli altrui affari.

- Allora, dimmi tutto.

- Il fatto è  questo: sono giunto alla conclusione che tutto quello che noi facciamo è inutile. Che non riusciremo mai a far cambiare idea alla gente, perché la gente non ha idee. Per questa ragione pensavo di non rinnovare la tessera al partito.

- Ti dà fastidio se accendo un'altra sigaretta? Figliolo, abbiamo una generazione da rimpiazzare. Non crederai mica ad un generalizzato risveglio di massa? Sono le elites che scrivono la storia, le masse indifferenti la subiscono. Al massimo si esaltano in applausi verso i cerberi che straziano loro le carni ammorbandone la dignità con elemosine di varia natura.

- Lo diceva Lenin.

- Raccogli il giusto coraggio perchè un giorno dovrai marciare contro i diritti di tuo padre, oppure morirai di fame. Hai 18 anni, non ti accontenterai mica di voler modificare il mondo in maniera riformista, giusto?

- No.

- Il riformismo, lascialo a quelli come me.

- Credo che farò la tessera.

- Bene.

- Sarà per me come le chiavi di casa.

- Andiamo a farci un goccetto, sarà per noi come l'angelo nocchiero.



venerdì 27 novembre 2009

Il problema è l'essere animali sociali

Provare a vincere ad ogni costo rinnegando ogni qualsiasi pegno alla coerenza, oppure essere pienamente convinti che metodo e sostanza siano monoliti intoccabili, binomi indissolubili, che spogliano i comportamenti di qualunque principio stocastico.

Insomma la Puglia è la regione più innovatrice del Mezzogiorno e d'Italia. Quella che negli ultimi anni ha fatto registrare tassi di crescita migliori di quelli della Lombardia, quella che ha conosciuto una recessione più morbida, quella che ha saputo mettere in campo politiche di ricerca e in favore dei giovani chesono diventati modello appetibile persino per taluni illuminati esponenti dell'attuale miserabile governo.

Però bisogna vincere, e tutto questo pare non bastare.

La capacità indiscussa ed il buon governo non sono variabili indipendenti. Esiste il termine dell'errore. Quello che è convinto che lo scardinamento dell'architrave nebuloso che regge i connubbi della sanità pubblico/privata possa cedere dinanzi all'ostinazione moralista vendoliana, quello che vorrebbe magari attingere son copiosi sorsi al maggiore acquedotto d'europa, o far cacare fumi più silenziosi al peggior culo d'Europa.

Dobbiamo vincere, o dobbiamo difendere tutto questo, e provare a limitare i danni?

Ed il cittadino, ora che avrà finito di sollazzarsi con i plastici dell'appartamento di Brenda, avrà ancora qualche cellula nervosa intonsa per comprendere qualcosa?

Assecondare l'apparato di cui si è parte, o lanciarsi verso un impeto di verità? Magari compromettere quella che oggi ha i presupposti per diventare una fulgida carriera, o serrare i ranghi e turarsi il naso?

Insomma, ritrovarmi con le pezze al culo e mandare a puttane un percorso finora perfetto, per difendere un ricchione che ha provato a trasformare i destini di una terra di cui, peraltro, mi frega poco.
Un probabile epilogo del genere non l'avrei mai immaginato.

La deriva del ripiego sulla massa non ci salverà.

Il problema è sempre il dilemma tra egoismo e giustizia. Come quando stai per sederti a tavola. Non è ancora pronto. Il piatto sta per essere servito, i commensali indugiano.
L'attesa della convivialità sincronizzata, sommata all'attesa del piatto caldo, induce ad allungare le mani sulle olive, sul pane, sul vino, su tutte queste cazzo di trappole disseminate per la tavola pronte a catturare e soddisfare gli appetiti preliminari.

Con lo stomaco clandestinamente soddisfatto per buona parte da questi micro elementi criminali, e tutti rigorosamente dotati di un apporto calorico notevolmente copioso benché concentrato, ecco giungere il pasto.
A cui non si può, socialmente, rinunciare.

E i danni son presto cagionati.

Il problema è sempre quello, la capacità dell'offerta di adeguarsi all'irrazionalità della domanda. La prontezza con cui si risponde alla fame. Ché se facessi sempre come sono stato solito fare: prepararmi da me stesso, consumare in solitudine, e ignorare tutti, avrei procurato un piccolo sinistro al valore della famiglia, ma avrei mantenuto integra la mia persona, il mio fisico, il mio morale.

I varchi sono sempre quelli, gli approdi i medesimi: fagottinizzarsi e corrompersi, restare integerrimi e poi morire di fame.

venerdì 23 ottobre 2009

La corsa al seggio

Le sette di sera di una serata piena di nebbia. Le votazioni sarebbero state dichiarate concluse alle ore 20. Quelli della presunta minoranza paventavano già ricorsi per sospetti brogli, e avevano ragione. Strane e patetiche liste di proscrizione spuntavano dalle tasche di vistose giacche di velluto marrone.
Gli scrutatori boccheggiavano alla fame e alla noia. Qualcuno riempiva i propri polmoni di fuliggine.

Il presidente aveva mangiato involtini di melanzane con mortadella e formaggio, era già al quinto caffè, ma non c'era verso: la stitichezza non sembrava avvertire le inondazioni di grappa e bicarbonato.

Qualcuno inveiva sullo spreco di denaro in manifesti, qualcun altro poneva in risalto la contraddizione insanabile del nostro secolo: definirsi democratici ed eleggere assemblee con le liste bloccate.
Si chiudeva un occhio sui troppi fac-simile che riempivano il seggio.

Il dibattito più acceso si concentrava sulla possibilità di attendere il termine della funzione in chiesa madre, per consentire ai cattolici di poter esercitare il proprio diritto, in conformità al Patto Gentiloni del 1913.

Qualcuno, accigliato, controllava il quadrante del proprio orologio con il cinturino di pelle nera, sfoderandolo sotto l'orlo del proprio maglioncino verde padano. Qualcun altro tardava ad arrivare, facendo aggravare a suo carico il macigno delle accuse di disimpegno.

La troppa gente ad osservare, e la mancanza di una serratura alla porta del bagno rappresentavano per il presidente minacce che stimolavano ulteriormente il suo desiderio di sbrigarsi.

E fu così che i tanto paventati brogli, e un'insperata avvisaglia di brusco risveglio del suo retto, rimpinguarono la solerzia con cui contava e ricontava i nomi apposti nell'albo degli elettori.

Ma lo scrutinio incombeva in tutta la sua sconcertante lentezza.

- Che cazzo di fine hai fatto? Non hai ancora votato! - contestò un astante ad un baffuto signorotto appena giunto.

- Perdonami, ho dovuto dormire. Stanotte non ho chiuso occhio. S. mi ha telefonato alle 3.00 di notte per farmi precipitare a casa sua ad uccidere un ragno formato King Kong che si annidava nella doccia. Queste son cose che destabilizzano.

Pochi minuti alle 20.00. Lo scrutinio era alle porte. E finalmente il presidente dichiarò concluse le operazioni di voto, destando le nevrosi dei candidati, e mobilitando i sederi degli scrutatori che si scossero sui lignei sedili.

In quel momento egli avvertì una spruzzata di acido gastrico e un tonfo in fondo all'addome. Il momento sembrava essere finalmente giunto.
All'atto della chiusura del voto per le primarie, il suo intestino rimboschito di enterogermina aveva lanciato il sengnale: stitichezza interrotta, il tempo della leggerezza dell'essere poteva compiersi secondo le scritture.

Incurante della natura del miracolo, se fosse stato chimico farmacologico, o adrenalinico per l'alta responsabilità di dover dirigere il contributo di duecento individui alla causa congressuale del partito, poco importanva.
Di certo una sola cosa agitava la sua mente, e la sua pancia: la breccia che si era spalancata nel suo intimo mistero doloroso.

Una scheda dopo l'altra... e benedette furono le liste bloccate così parche nel richiedere zelanti verifiche! L'attimo del bing bang era preceduto da fughe benigne che egli tendeva a rendere il meno percettibili possibili, sebbene avrebbe voluto giubilare come un volpino festante dinanzi al padrone che mostra il guinzaglio per la passeggiata urinatoria.

Nessuna protesta, la conta dei voti galoppava a ritmo felino. Gli altri segnavano, smorfiosi, a volte stupiti, in ultimo sospettosi.
Qualcuno aveva preso una decina di voti non previsti. E gli occhi correvano alla ricerca di qualche ghigno rivelatore del franco tiratore da mettere alla berlina.

Ma il presidente non temeva. L'uscita del tunnel si faceva più chiara. E mancava poco, solo le firme sui registi, affidando a qualcun altro il compito di inviare il messaggio alla federazione provinciale sull'esito delle urne democraticamente protette.

Perché a lui non interessava commentare, a lui premeva l'ansia e l'impazienza della sua libertà.
Si fiondò via.

Raggiunse la sua abitazione a piano terra. La moglie gli chiese se necessitava della sua solita tisana, ma lui rifiutò gaudente dicendo che quella sera, finalmente, non ne avrebbe avuto bisogno.

Ecco il suo seggio. La tazza a forma di conchiglia adriatica era pronto ad accoglierlo come un padre che perdona il figliol prodigo, o il culo avaro.

Si calò le brache avvertendo già il count-down di Houston.

Si sedette, sospirando, e poi gemendo, strizzando gli occhi e mettendo in tensione ogni nervo del suo corpo, pronto per sganciare...

Ancora qualche istante di tensione per rendere più glorioso il momento...

Ancora un attimo...

Dai, che ce la puoi fare... il bidet sarà il palliativo di ristoro dopo tanta corsa...

Uno sforzo...

Un altro...

Niente. Il suo ano non produsse nulla.

Guardava consternatamente in mezzo alle sue gambe il fondo del gabinetto immune da ogni traccia di cacca.
E allentò tutto nell'ennesima, sciocca pisciata in femminile posa.

Tirò lo sciacquone e si riallacciò con dignità la cinta. La vergogna si riparò alle spalle del nodo alla cravatta che strinse con vigore e fierezza.

Non bevette la tisana della moglie obesa. Spense la TV che parlava delle centinaia di migliaia di votanti al congresso.
Andò a dormire come ogni sera, tra stitiche nevrosi ed emorroidi.

sabato 17 ottobre 2009

Discorsi da Pi Di

Il vademecum con le frasi essenziali che è necessario imparare se si vuol diventare dirigente del centro-sinistra.

Non siamo una corrente, siamo solo un gruppo organizzato che tende prevalentemente a tutelare se stesso.

Se continuate così, rischiamo la scissione.

Quanto mi date?

I presupposti per vincere ci sarebbero, anche se, insomma, ci sono dei problemi perchè si sono verificati dei contrasti.

Ma dobbiamo puntare al centro.

Almeno entro i confini della tazza. Attento a non pisciare fuori, ché soldi per far venire la donna delle pulizie non ne stanno.

I giovani hanno rotto il cazzo.

In passato vi erano diverse posizioni che rivendicavano eguale visibilità, e poi si sono prodotte frammentazioni che si sono acuite.

Qualcuno è rimasto scontento e ha già deciso che non prenderà posizione.

Le liste sono pronte però ci sono stati casini.

Occorreva bilanciare le componenti.

Probabilmente abbiamo fatto degli errori.

Occorre una verifica.

Su quel territorio ci sono uno di quello, tre di quell'altro, due non si sa chi siano.

Abbiamo mal di pancia.

Le birre in sezione costano di meno, ma non dimenticare di portare indietro il vuoto a rendere.

Dimenticavo, non si chiamano più sezioni, ma circoli.

Ma le donne dove sono?

E le puttane?

Scusate ma quel quadro sul cesso di chi è? Sarà mica un Papa?

Chi stava ieri sera a Porta a Porta?

Pare che i criteri siano stati sbagliati.

Là si stanno lamentando.

Si tratta di un'operazione di profonda tristezza collettiva.


martedì 15 settembre 2009

Rough State

DRIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIN



- (chi cazzo è che mi chiama dall'Italia, a quest'ora?) Hello!

- Ehi, Alcor! Bentornato a casa!!!

- Ma bentornato un cazzo! Io sto ancora qua!

tu... tu... tu... tu... tu... (chiusura del telefono in faccia)


Ora, in Italia c'è il regime. La cosa è evidente. Le libertà fondamentali sono ridotte all'indispensabile per sopravvivere.

Quello che mi chiedo è perché tutto questo non venga reso ancora più evidente.

Tanto gli italiani sono così stolti da non notare le differenze, imboniti come sono.

Almeno io potrei chiedere lo status di  rifugiato ai sensi dell'art. 1 della Convenzione di Ginevra,  e restare qua sotto la protezione dell'Alto Commissariato ONU... Eddai Silvio, lo so che ci stai già pensando! Ti prometto che smetto anche di scrivere per non consentire al popolo di  distrarsi e di potersi leggere Feltri in santa pace.

Un ultimo sforzo su, su, su...

sabato 4 luglio 2009

Sulla triplice presa per il culo del principio del partito liquido

Un leader eletto a primarie universali da milioni di persone, per lo più scazzate, costrette, e incapaci di capire cosa e perché votano.
Capiscono solo che devono lasciare ogni volta dalle 3 alle 5 euro.

Egli deve dar conto a milioni di persone, ad un'entità numericamente indistinta da rendere pressoché atomizzata la responsabilità per le proprie azioni.
Un sistema cesaristico senza i contrappesi tipici di un sistema presidenziale.
La democrazia, al contrario, si qualifica in primo luogo con la precisa imputabilità delle responsabilità pubbliche.

Rileggiamo Locke.

Il leader siffatto è qualcuno che fa i cazzi suoi in maniera assoluta praticamente. Che è anche capace di pensare che da solo può aspirare a governare una nazione più complicata della psiche femminile.

Un modello di indicazione della leadership estremamente bloccato, dove la mediaticità e la notorietà rendono la partita delle primarie olisticamente contendibile fra le solite facce.
O peggio, accompagnato con qualche astro nascente  svezzato nella incubatrice di youtube.

La contesa avviene su basi paragonabili al televoto dello zecchino d'oro, anziché sulla discussione dei progammi e su un serio dibattito sulle alternative in campo.
E' vero, le sfumature personali non saranno mai del tutto valorizzate,  ma almeno ho l'oppurtinità di discuterne in sezione con quattro amici, bevendo una birra e giocando al tressette.
E si sa, qualche volta elaborare pensieri fini a se stessi non è proprio un macabro esercizio.

Sulla mia testa gravano 800.000 euro di debito pubblico finché campo. La spesa pubblica  finanzia in maniera preminente pensioni e servizi sociali, tralasciando i trasferimenti in conto capitale che generano ricchezza e lavoro per i giovani;  gli ammortizzatori sociali si chiamano social card e cassa integrazione.
Chi non ha nulla, non esiste proprio.

Sono castrato dalla persitenza degli ordini professionali, e ho buttato 5 anni della mia vita per un titolo di studio che non assorbe nemmeno l'orina che straripa dalla tazza del cesso.
La spesa per l'istruzione è pari a quella che il mio ottimo presidente della Provincia spende per costruire scuole e ristrutturarne altre.

Facevo il ricercatore gratis, e poi mi sono rotto il cazzo.

Altro che simpatia, Debora.

La democrazia è un bene con cui è meglio non abusare.
Delicato e fragile.

venerdì 22 maggio 2009

Immigration

Il caldo torrido al gusto di furani imbottiva il tremulo sguardo verso la strada oltre le cacate di guano che cospargevano il parabrezza dell'auto.
La stazione era tutto un brulicare di pantaloncini, alla vista dei quali rispondeva tra i miei jeans un effetto serra di tipo venusiano.

- Giuse', quando arrivi a Napoli?

- Tra quattro ore.

- Che ti serve?

- Mah, un quotidiano. Mi servirebbero anche le sigarette, ma so che tu, genitore, disapprovi. Indi per cui non appena ti estrometterai dal mio campo visivo mi infilerò nel tabaccaio per fare lo Zeno Cosini della situazione.

Mi giunge tra le mani una copia de Il Riformista. Trattengo a stento la sfortunata poltiglia di patate ancora stagnante nel mio duodeno, e mi turo il naso.

Domenica 17 maggio 2009 è una data da rimembrare perché è il giorno in cui posso affermare con la dovuta certezza che Gian Paolo Pansa è incontrovertibilmente rincoglionito.

Errando approdo su una rubrica che questo canuto intellettuale testicolare gestisce sul quotidiano di cui sopra. Il tema è sempre lo stesso: l'immigrazione e la sicurezza.
Perché la sinistra è contro le ronde? Narra così il Pansa, sinteticamente: "le ronde rispondono ad un'esigenza di sicurezza che la sinistra non sa cogliere. Che c'è di male se liberi cittadini si armano sentimentalmente di un incondizionato amore verso una porzione di genere umano, e contemporaneamente vanno in giro a pestare a sangue la restante porzione?

Che c'è di male? C'è che in questo paese di merda dove il libero mercato è sostanzialmente una bufala, l'unico monopolio che si vuole scalfire è il monopolio della violenza legittima, che rappresenta il fondamento su cui poggia l'essenza stessa dello Stato sovrano.

Che cavolo è lo Stato? Un'istituzione sociale che deve tutelare la vita dei cittadini, tutelarne la libertà e i diritti, garantire a tutti le stesse opportunità (socialismo), adempiendo a queste funzioni attraverso la regolazione dei rapporti sociali. A garanzia dell'efficacia dell'azione dello Stato esiste l'istituto della "sanzione" che Norberto Bobbio insegna essere il tratto caratteristico della norma giuridica, il connotato della sua validità.

Se la sanzione è il connotato della norma, essa rappresenta la peculiarità dello Stato che quelle norme emana. In altre parole, se le sanzioni non le commina lo Stato, questi non serve ad un emerito cazzo.
Pur di salvaguardare la tenuta del tessuto sociale, lo Stato, dice Hobbes, può e deve avvalersi anche di forme di repressione non indolore.
Ma agendo in nome della collettività, avendo come scopo la salvaguardia dell'intero corpo sociale, lo Stato può.
Il poliziotto può ferire il malvivente in una sparatoria. Lo Stato può ricorrere alla violenza per sopravvivere.


Lo Stato può, non un deficiente che non ha un cazzo da fare la sera.

Il problema non è l'insensibilità alla questione sicurezza, caro Pansa, è che non vorrei mai vivere in una nazione dove elementi come La Russa e Maroni oltre a non aver alcun valore reale, non abbiano nemmeno un valore nominale.

Voltiamo pagina. Si soffoca. Napoli insegna due cose fondamentali e d'avanguardia. La prima: la privacy non esiste. Facebook ci fa un baffo. C'è talmente poco spazio per fare le cose che è impossibile che qualcuno non ti stia guardando.
La seconda è, infatti, muoversi sfruttando ogni millimetro disponibile.

Come novelli Che Guevara e amico argentino. di cui non rimembro le generalità, ci mettiamo in sella al motociclo e percorriamo tutta la costiera di buonìora.
Al mattino il Vesuvio fende l'aria che è una bellezza. I faraglioni emergono all'orizzonte, il casino delle auto ci accoglie a braccia aperte, fagocitandoci.

Non me ne sono accorto, perché ad ogni dribblante sorpasso dovevo controllare se qualche TIR da noi sfiorato non si fosse portato seco il mio ginocchio, ma avevo da poco perso i miei occhiali da vista.

Il Consolato è circondato da carri armati. Sono tranquillo, non porto borse, non ho telefoni, sono vagamente pettinato, sono senza barba.
Ovviamente mi perquisiscono.

Un arabo vestito da italiano mi accoglie. Si prende  i miei documenti, le mie carte e mi dice di attendere. Prendono tutti i tipi di impronte, mancava solo un calco delle chiappe sull'argilla.
La Console mi chiama.

Era bona. La Console americana di Napoli è bona, sappiatelo.
In un Italiano spurio, comincia a parlarmi.

- Lei non studia...

- Ufficialmente no (faccio il prof di contrabbando, avrei voluto dirle...)

- Lei non lavora... (valle a spiega' la politica...)

- Momentaneamente mi sto dedicando a dilapidare  i miei risparmi accumulati in anni da precariato.

- Perché lei vuole andare negli Stati Uniti?

- Perché lì c'è che mi ospiterà..

- Ma lei non lavora, non studia, non ha legami qui.

- Purtroppo li ho i legami, mi creda, li manderei tutti a fanculo, ma li ho i legami..

- Non possiamo darle il Visto. Lei è un potenziale clandestino.

Un'immagine si è dipinta nella mia mente, quella dell'Ayatollah Koemini. E per un attimo ho rimpianto la mia pelle liscia e ho pregato Allah.

Non sono esistito per pochi minuti. Giuridicamente sono scomparso perché non vigeva una forma legale entro la quale qualificare la mia esistenza; agli occhi della società io non ero mai apparso concretamente; ero intangibile.

Ho perso gli occhiali da vista scorrazzando su una moto su strade e scenari incantevoli; inculato dagli americani e dalle loro norme, ed ero certo che non sarebbe finita là, sicuramente.

Il lungomare riduceva gli uomini in bistecche al sangue.
Guardavo quelle isole e pensavo: "La vita è 'na strunzata". Ogni volta che penso mi faccio del male, e mi strombazzano in mente nocive trovate.

Alla fine gli americani li raggiro. Perché le vie sono misteriose.
Come un turno al monopoli a cui si deve pagare dazio ovunque. In ogni casella capita qualcosa, al punto tale che anziché ritirare la carta degli "imprevisti", ritiro la carta dei "previsti", che sono molto più rari e insoliti.

Capri, me ne volevo andare a Capri, o ad Ischia, o in qualsiasi sputo di terra al largo di quelle magnifiche coste.

Che ne dici, scema? Ad ottobre? Se esisto ci andiamo.

sabato 16 maggio 2009

Fetor d'adrenalina

- ...Noi a questi giovani crediamo, su di loro vogliamo investire. Perciò vediamo lui come si comporta. Questo momento è una specie di esame.

- Onorevole, non solo i giovani sono sotto esame (soprattutto chi si fa eleggere nelle liste bloccate)

Per confezionare tutto questo occorre:

farsi la barba;
un amico che ti scatta le foto e due occhi verdi con cui prendere l'aperitivo;
lo scoglio contro la marea, lo sguardo democraticamente dispensato e le mani non in tasca;
tenere il foglio degli appunti piegato inutilmente in saccoccia;
300 soldati in una legione sparsa su un diametro di 120 chilometri;
un bel sorriso;
la convinzione che non si smetterà di fumare;
un padre che al ritorno a casa di sera è capace di salutarti con un: "ma che cazzo è che stai facendo?";
The Carpet Crawlers dei Genesis a portata di orecchio;
riuscire ad essere immuni alle leccate di culo e alle sparate di fica quando si è in servizio;
l'ubiquità;
due numeri di telefono;
un biglietto aereo transatlantico che sai bene come saprà spegnere tutto questo a breve;
capacità di tollerare le scorie democristiane;
saper fingere di non essere fascisti;
una macchina che arriva a 130 Km/h senza traballare.

Nonché:
magnanimità avverso l'opportunismo sfacciato;
un pochino di rabbia da riversare su qualche cazzone prestato al consumo improduttivo di suole di scarpe;

e qualche pensiero da provare a mandare a fanculo.

L'anno scorso, di questi tempi, la vita era bella.

lunedì 27 aprile 2009

Ricordandomi di voi

Era il 1931 e John Maynard Keynes usava, scrivendo per la Royal Economic Society, queste parole per dipingere il genere umano:



"Non so se ricordate il professore di Sylvie e Bruno:

- È solo il sarto, signore, col suo piccolo conto - disse una vocina da dietro la porta.
- Ecco, vedete, lo sistemo subito, - disse il professore ai bambini - ci metto un minuto. E quest'anno quanto sarebbe, amico mio? - Nel frattempo il sarto era entrato nella stanza.
- Ecco, il doppio dell'anno scorso, che era il doppio dell'anno prima - disse il sarto un po' confuso. - Insomma penso che sia ora di pagare. Sarebbero duemila sterline, ecco.

- Oh, ma cosa volete che sia - disse il professore come se davvero non gli importasse, e anzi toccandosi la tasca come se fosse solito portare quella somma con sé. - Ma non preferite aspettare un altro annetto, e arrivare a quattromila? Pensate come sarete ricco! Quasi come un re!

- Come un re magari no, però di sicuro sarebbero un bel po' di soldi. Quasi quasi aspetto.

- Ma certo! - disse il professore. - Questo si chiama buon senso! Allora arrivederci, amico mio!

- Ma le vedrà mai, quelle quattromila? - domandò Sylvie non appena la porta si chiuse dietro il creditore.
- Mai bambina mia, - rispose il professore con una certa enfasi - continuerà a raddoppiare fino al giorno della sua morte. Sai vale sempre la pena di aspettare ancora un anno, se poi intaschi il doppio. "

Se qualcuno volesse dare una spiegazione antropologica alla crisi finanziaria, penso che questo brano possa bastare.

sabato 4 aprile 2009

Adoremus





Ho sempre adorato coloro che mantengono una convinzione di serietà e sobrietà mentre raccontano stronzate.
Ho adorato anche coloro che riescono a prendersi per il culo da soli senza accorgersene.

Costui è un grande.