venerdì 12 luglio 2019
Narrazioni di confine
Quando sibilanti e rabberciati strati di cielo stellato irrompono tra i dorsi dei palazzi.
O quando piove. Quando ombrelli tesi dei passanti ci nascondono dai loro possibili sguardi, e ci proteggono.
Dov'è la casa? Io non lo so.
Di tutti questi tempi ricordo solo che non c'erano più. Attimi che perdono, come condotte divorate da ruggine e vermi.
E che dimenticano.
Dimenticano il susseguirsi delle continue sottrazioni e mancanze di ogni istante, di tutti quei cieli che non saranno specchiati in occhi assenti.
Respiri come zavorre di possibilità in cenere.
Onde del mare che incontrano invano una riva che risponde con parole straniere.
Del vento che non smuoverà più alcun fastidio, e degli spifferi di vecchi portoni che non presagiranno più asie assuefatte all'indifferenza di questa impraticabile vita.
Di tutto ciò che si è perso per sempre è popolato il treno del tempo.
Dei sorrisi di cui presto non ricorderemo il tragitto. Di concetti complessi come macigni che franano e frantumano l'abbandono ad abbracci vilmente scomposti.
Di parole strozzate esiliate da ogni pagina che possa sfidare i tuoi occhi.
Virgole che scindono e non collimano.
Profili di orizzonti piegati che non si riavvolgono.
domenica 12 maggio 2019
Pensieri poveri
La mente ristagna dove nessuno slancio ha il vigore di innalzarsi oltre un guado di pochi millimetri.
In questa arida pozza dai contorni innocui tutto si ferma nelle vecchie, accartocciate, consumate e consunte verità.
Nessuna maturazione.
Nessuna discussione.
Nessun rischio di voler crescere.
Strati di antichi entusiasmi levigati e archiviati nella purezza semplice di pochi primigeni pensieri ancoranti che si rinnegano in un nuovo mondo reietto.
I cui fasti spenti son fossili di memorie silenti.
martedì 13 febbraio 2018
Rastrellando a zonzo
giovedì 8 febbraio 2018
domenica 17 dicembre 2017
Nascosti
- Forse..
- Non ho più dei capelli che restano impressi nella mente della gente. Sono corti ed anonimi.
- Son belli comunque. E non sono corti. Comunque no. Non rischiamo.
- Non rischiamo.
- Non rischiamo, potrebbero vederci. Lo sai che non sarebbe giusto.
- Le gente non bada noi.
- Non ne sono certa.
- Da chi ci stiamo nascondendo?
- Ci nascondiamo dalle chiacchiere che ci farebbero del male.
- Anche sottrarci alla luce ci fa del male.
- No, Alcor, no.
- Da chi ci stiamo nascondendo?
- Lo sai.
- Ci stiamo nascondendo da noi stessi. Ci stiamo mischiando alla polvere del tappeto che avvolge le mattonelle rotte delle nostre paure.
- Resta qui, in questa gabbia.
- Non parlo.
- Non parlare Alcor.
- Non voglio raccontarci.
- Non esistiamo se non nelle elucubrazioni della tua noia domenicale.
- Perché fuori fa freddo.
- Perché non sei ancora pronto per uscire, torna qui, nella gabbia.
- Non riesco a camminare sù per il bosco.
- Dormi qui, Alcor.
giovedì 7 dicembre 2017
Questi fantasmi
venerdì 24 novembre 2017
If I rise
sabato 8 luglio 2017
Apocalypse Later
martedì 25 agosto 2015
domenica 9 agosto 2015
Risorgenze
lunedì 29 giugno 2015
The show must go wrong
mercoledì 24 giugno 2015
Spettri
noi abbiamo preso le poesie di quando eravamo giovani e le abbiamo appese ad asciugare come trippa avariata
abbiamo lasciato che ci rubassero l'auto per uscire con una soltanto per dimostrare a noi stessi di essere ancora capaci di meritarci qualcosa
abbiamo attraversato ponti tibetani sospesi tra la costa della generosità ed il baratro dell'inganno comminato ai nostri congiunti
abbiamo frodato la malattia dell'anima, annacquando i bicchieri dell'esistenza con un'ironia che taglia il vento come un machete sul culo di una vacca
abbiamo scorticato ginocchia senza guardare alle nostre spalle, chiedendoci se ci fosse un senso in quel che provavamo a fare, e se qualcuno se potesse accorgere
abbiamo indossato manti di roccia per lasciare che la pioggia corrodesse piano e ci bagnasse poco alla volta, impiegando millenni prima di toccarci la pelle
abbiamo issato la bandiera degli anti eroi, per ricordarci che i tronchi non puri sono stati infelici abbandonati nel vento da piccoli
abbiamo chiesto ai latori del bene di farsi da parte per lasciare alla contraddizione del governo assoluto di poter raccontare il proprio disprezzo avverso l'ordine morale degli eventi
noi, profondamente cattivi e sinceri.
lunedì 11 maggio 2015
As Alonso
– Buongiorno Alcor, sei sveglio?
– E chi è Alcor?
– Sei tu.
– Come scusi? Dove mi trovo, chi siete voi?
– Stai tranquillo, va tutto bene.
– Dov’è Artù, il mio gatto? Che cosa è successo, e cosa sono tutti questi peli? Ma guarda… e qui? Che fine ha fatto il mio prepuzio???
– Cosa ricordi Alcor?
– Tra un mese devo cominciare il liceo, ho già cominciato a studiare latino, spero che non abbiano trovato i giornaletti porno che ho nello zaino. I miei amici hanno cominciato a fumare... Coglioni…. è già estate? Bene! Vado a vedere la costellazione dello Scorpione e voglio trovare anche M3 nel Bootes. Un giorno farò l’astronomo. Che bella quella camicia nera, anche io sono fascista, lo sa? Metti un cd dei Queen, per piacere, voglio sentire Radio Ga Ga.
– Hai altro da aggiungere alla tua giovinezza di merda, Alcor?
domenica 2 febbraio 2014
In nomine Patris, et filii.
martedì 5 febbraio 2013
Self-power
- Vota Bersani.
venerdì 27 luglio 2012
Over the glass
martedì 16 agosto 2011
venerdì 10 giugno 2011
Nana Bianca
Sono un cortina che traccia il confine tra il buio che ingoia se stesso, e la placenta di una nuova luce.
Raccolta come sostanza. Coltivata per incendiare i terrapieni silenti che ti fanno ombra.
Non strariperò lentamente, e non acconsentirò all'effluvio lascivo di liquami di scarico dai vecchi acquedotti dell'esperienza.
Inonderò di notte, ricongiungendo isole spaiate.
mercoledì 1 giugno 2011
Another Brick Breaker in the wall
Possono definirsi discrasie sociali, o si tratta di quegli attimi banalmente vuoti in cui nessuna delle variabili che agitano la biosfera sembra avvertire l'impatto della propria presenza.
Imbrunisce senza un senso e immagino di chiacchierare con Foscolo, mentre accendo un toscanello. Dopo un po' egli s'è addormentato teneramente, quando s'è toccato il fecondo punto del marxismo antropologico, così gli rimbocco le lenzuola, e gli do un bacio sulla fronte. Piccolo Foscolo.
Mi sei crollato così, a piombo sul bauletto portavalori del mio compare. Avremmo telefonato al bar, qui sotto. Il garzone ci avrebbbe portato un succo all'ananas, un caffè, e due pasticcini al tiramisù. Affinché questa scialba forma di attesa ci sembrasse più potabile.
So che non devo cedere, ma ieri mi sentivo un po' più bravo di oggi.
lunedì 23 maggio 2011
Stuck in the middle with you
Non so come sono capitato qui, stasera. Avevo la vaga sensazione che qualcosa fosse stata scorretta. Ho persino temuto di non reggermi bene seduto alla mia sedia.
Mi chiedo se sarò nelle condizioni di scendere incolume lungo le scale.
Starei qui ad ascoltarti per ore, riuscendo persino a lasciarti parlare senza interromperti con il mio ego smisurato che s'apposta come una volante dei carabinieri a valle di una strada in discesa.
Mi concederei solo di difendermi con una chitarra, mentre mi narri qualunque cosa sfoci dalla tua testa.
Arpeggiando un blues che non ti dia fastidio, e mi renda ancor più dolce il lasciarmi trapanare la mente dall'incisività dei tuoi occhi. Vere e proprie armi di beatificazione di massa.
Uno sguardo che demolisce la paziente opera di lucifero in questo mondo, una sorta di lavacro primordiale che impatta sulla coscienza come acida pastiglia in una fossa biologica.
Quelle tue parole che cancellano con una sola detergente frase anni di soprusi inferti dalla pacificatoria necessità di non ignorare del tutto l'esistenza di congiunti iscritti nel miserrimo club dei possibili figuranti nel testamento.
Necessari solo come ultima spiaggia, come una pensione di reversibilità, come testimoni di un tamponamento a catena. Utili come pastorelli in un presepe inscenato ad agosto, opportuni come una pallottola nella nuca nel giorno del proprio onomastico.
Ti ascolto, e le tue domande penetrano nella mia anima come una flebo fresca e delicata dopo anni di erranza in un deserto senza escursione termica.
Mi sorridi, e mi sembra d'essermi improvvisamente lavato senza petali di rosa nel Lete, al cui confronto le terme di Caracalla assomigliano ad uno stagno radioattivo di Fukushima.
Vorrei ascoltarti per ore, mentre ogni tanto sorseggi da un calice di primitivo di quelli buoni che s'approria di tutta l'invidia di cui sono capace per la goduria di sfiorarti le labbra.
E ogni tanto ti lasci andare ad espressioni di cui ti vergogneresti se bevessi solo ossido di idrogeno, ma che ti rendono ancor più pura e presentabile al mio intelletto severo come uno sportello di orientamento al lavoro, popolato da addetti di un centro per l'impiego a cui viene imposto un inspiegabile straordinario.
Ingoieri il plettro per non doverlo perdere nel posarlo da qualche parte in evidenti condizioni di sbronza da conversazione, e ti tenderei la mano per invitarti a guardare Giove in un cielo d'estate.
Che poi tutti si chiedono del perché sia sempre Giove, e a ciascuno di questi luridi usurpatori di ossigeno pubblico, circolanti senza coscienza di classe a piede libero sul pianeta, consiglierei di sparire dalla scena del creato finché non abbiano appreso quale grande mistero si cela dietro la venuta dello Starchild.
Che altrimenti crepassero per avvelenamento da merendine infette.
Ma tu no. Lietamente verrai, come una commessa a sei zeri, come un container da 40' di voluttà, come un ordine franco destino di invidiabile grazia.
E non sarà solo il solito lapillo che incendia l'ebbro vascello in fuga.