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sabato 20 luglio 2019

Soglie di anomalia

Minuscole e trascurabilissime tracce
che rendono l'oggettiva globale bellezza
in conclusione ripugnante.

domenica 12 maggio 2019

Pensieri poveri

La mente ristagna dove nessuno slancio ha il vigore di innalzarsi oltre un guado di pochi millimetri.

In questa arida pozza dai contorni innocui tutto si ferma nelle vecchie, accartocciate, consumate e consunte verità.

Nessuna maturazione.

Nessuna discussione.

Nessun rischio di voler crescere.

Strati di antichi entusiasmi levigati e archiviati nella purezza semplice di pochi primigeni pensieri ancoranti che si rinnegano in un nuovo mondo reietto.

I cui fasti spenti son fossili di memorie silenti.

domenica 25 febbraio 2018

Infrante

Non mi credo. No, non mi ascolto neppure.

Questo odore di tartufo non l'avevo mai sentito prima d'ora, sono anni che non sniffo più il gusto dell'aria, e tutto mi è così profondamente nuovo e irriconoscibile.
Non sono poi così certo di volerla questa linearità esistenziale così ordinatamente dipanata in via del tutto elusiva, senza aver posto il mio esplicito consenso.

Capisco quando mi parli di incomprensibili muri e di fessure ingestibili. 
Capisco quando mi giudichi indegno di capire e di esserci.

Quando cominci qualunque gioco quella partita resta aperta per sempre, oltre qualsiasi rinuncia, oltre qualsiasi subentro, oltre la coltre di affanni con cui raffreddiamo la febbre che ci divora inesorabilmente.
Come quell'ultima sigaretta che ho dedicato all'angoscia di non averti vista. Prima dello schianto con tutti i miei confusi trapassati che si accanivano a confondere le nevrosi delle notti insonni e senza alcuna pace.

E questa puzza. Di catrame e odio. Perchè anche se hai smesso, resti un fumatore nell'anima. E certe volte manca. Cazzo se manca.

Partite aperte, infinite. Infrante.

martedì 28 luglio 2015

Filmaking

Ad un certo punto ci si ritrova a percepirsi di esser soli.

A vedersi, toccarsi (in tutti i sensi) e a riconoscersi soli.

La cosa non è sconosciuta né sgradita,  però è sovente foriera di qualche cazzata, compiuta in nome del senso di onnipotenza che pervade un animo dagli indirizzi sparpagliati.
E quindi, tra tutte  le opzioni esistenziali possibili, la percentuale di cazzate schizza come il valore dell'oro nei mercati ai tempi dello spread a 500.
Quelle inequivocabili gesta insensate, tuttavia, sono reinterpretate dal proprio geniale intuito come una mera seduta psichica tra te stesso ed il dio Onan. Perché a vedersi vivere non è poi tutta questa storiaccia il nostro tempo, nonostante, in fondo, si sia perfettamente consci dell'abisso tra le intenzioni e la reale esecuzione dei propri propositi.
Tradotto: che cazzo ci esci a fare con una se non sei convinto di volerci niente? 

Ma chissenefrega dell'utilità marginale, dopo tutto non abbiamo fatto un mezzo dottorato in economia politica per scoprire che tutto si regge sull'asimmetria informativa? Il guaio è quando il venditore infame lo fai con te stesso, e cerchi di rifilare una sòla all'uomo descritto nel documento che hai in tasca.

L'aggravante di questo pellegrinare vacuo attraverso templi sconsacrati alla ricerca della pentecoste, si verifica quando questa conferma di se stessi,  passa attraverso la mera ed impalpabile (in tutti i sensi), contemplazione delle evidenti prosperositá di costei, così celate nell'abbondante e intrigante superfetazione di vestiti in una notte di quasi estate.

E mentri cerchi di capire inutilmente la consistenza di quelle femminee ghiandole che determinano il nostro inquadramento nella classificazione del Linneo nel regno animale, ti ricordi quelle grandi verità matematiche che hanno popolato la tua gioventù: la possibilità che lei te la sganci è inversamente proporzionale agli ingiustificabili strati di vestimenti che ricoprono le sue agognabili membra.

E mentre con la tal donna ci ragioni anche piacevolmente, e ti lasci anche andare all'indicazione della esatta collocazione nel firmamento di qualche astro, ti rendi conto che la tua vera, unica, auspicabile chimera è allontanata vorticosamente da una disvelata faticosa necessità di conquista lenta e irreversibile che non figurava propriamente nei propositi a breve termine di quella serata.

Mentre il dilemma dell'azione giusta nei modi errati stava cominciando a scavare la sua tana nella mente, la vita con tutta la sua ferocia si abbatte come una scure su quelle nombrilistiche scommesse cerebrali, e ti riporta a più materialistiche considerazioni: t'hanno fregato la macchina, povero idiota.

Insomma, potevano fregarmela in seguito ad esperienze di più notevole importanza? No! Doveva succedere per la più lapalissiana delle inconcludenti cazzate, a sancire il colpo di grazia.

Senza rammentare qui i dettagli che hanno condotto i nostri eroi al miracoloso ritrovamento del mezzo deportato dagli ignoti malfattori, ci si ritroverà una sera a riderne con uno dei tuoi più fidi compari.
Lì ti suggeriscono di buttare giù una storia che dia un senso all'avventura e ad i suoi portati grotteschi.

Mediti dunque che la maniera più bella che un uomo ha di infondere un senso a tali episodi possa essere quello di tentare di elevarli a casi universali, e a berci su un paio di Oban mentre coinvolgi altra gente.

E che nella scrittura di quella sceneggiatura prende forma la ragione di ciò che hai vissuto ed imparato. E quando giungi ad accendere la macchina da presa e a provare un copione con gli attori quel senso si allarga e sconfina. Avvolge tutto.
E scopri cose e persone che meriterebbero da sole, forse, una nuova puntata. Quella del che cosa è successo dopo aver girato un film ispirato ad un'esperienza generata dall'aver tentato una cazzata in seguito ad un dispiacere non propriamente sottile di qualche mesetto fa.

Così come potrebbe finire tutto in una puntata pilota senza seguito. Probabile,  conoscendo la timidezza e il tratto lieve del mio essere al mondo.

Ma sedendo e rimirando oltre la siepe delle proprie barriere, oltre il mondo più disordinato della propria mente, se allarghi la sfera dell'indagine sui possibili futuri, più s'espande l'ombrello convesso delle cause gestanti dei tanti ieri che si incatenano in tanti possibili oggi, e minuscoli domani lontani.
Come in un cerchio fatto di scuse e motivazioni che si rincorrono, e ti chiedono soltanto di non addormentarti come sempre nella contemplazione del tuo masturbante egoismo. Ma che forse vale la pena porgere qualche domanda in più a chi incontri lungo la strada, soprattutto se ritieni le possibili risposte degne di conservarsi tra le cose di cui tener conto nella tua memoria a breve termine.

Ché poi ci son sorrisi ed espressioni di un viso che non avresti ammirato mai se qualche coglione una sera non avesse deciso di asportare il tuo veicolo criminalmente. E quella stupida storia non fosse stata scritta.
Ogni più piccola cosa genera conseguenze per l'eternità, come un'aria di immenso cielo che ritorna anni dopo anni nel sestetto Atlante delle Nuvole.
Dove anche un diverso colore di una tazzina al mattino può rivoluzionare tutto completamente.

martedì 21 luglio 2015

L'uomo e la grotta

Abbiamo studiato, abbiamo viaggiato, abbiamo scritto, abbiamo filmato quello che abbiamo scritto, abbiamo amato, abbiamo detestato, abbiamo rilanciato, abbiamo avuto stenti, abbiamo subito la circoncisione, abbiamo conosciuto il potere, abbiamo persino vissuto, talvolta.

Abbiamo conosciuto luoghi che hanno segnato le nostre coscienze come una macchia di olio motore sui polpastrelli. La vita ci ha teso trappole come il venerabile Jorge arrapato da una commedia.

Sembrava che l'unica mèta geografica raggiungibile sarebbe stata la penisola del prossimo divano, in un salotto adornato di copie false di Munch e incensi all'oppio, con bottiglie di brandy lasciate a metà ad evaporare di inedia, e la collezione di piccoli Trudy a memoria delle tue ex come unici possibili trofei di caccia. 
Una vita avventurosa che ha conosciuto i suoi massimi sforzi solo quando chinata sull'ovale trono, protesa all'espulsione dei sottoprodotti dell'apparato più ginnico del proprio essere.

Ora sono qui, da solo. In un luogo dove la temperatura è costante, ed il tempo è scandito da uno stillicidio lontano su una parete di zolfo. Un tacito sussurro che fende il silenzio assoluto, e l'indifferenza del buio trasforma le palpebre in inutili lembi epidermici. Sento il mio odore, quello della stanchezza che segue allo sforzo di una risalita da un pozzo stretto e profondo una decina di metri. Pochissimi ma infiniti alla prova di chi fino a ieri sembrava non essermi mai mosso.
Il silenzio, il buio, una goccia d'acqua fredda, ed una corda da dieci millimetri impregnata di fango che ti salva la vita.
Quelle rocce sono lì da migliaia di anni, sono crollate quando il fiume si è ritirato in questo letto sotterraneo. E adesso ogni goccia scava queste pareti con la perseveranza dell'eternità. Ho attraversato meandri fangosi e strettoie che avrebbero fatto intimidire una mia sola gamba nei periodi di massima noia.
Sono stato appeso per quasi un'ora nel buio. La mia vita è stata affidata alla tenacia di uno spit infilato nella pietra ad un'altezza che non posso immaginare. Il moschettone ed il nodo che mi reggono sono fuori dalla portata della mia vista. Devo risparmiare il fiato, devo misurare la risposta d'acqua alla mia eterna sete, devo risparmiare le energie dosando con esattezza i movimenti delle mie caviglie e delle mie ginocchia, in un gioco di equilibri in un cappio in cui è infilato il mio piede. Ogni movimento sfasato, ogni scatto di rabbia che mi allontana dalla precisione con cui deve essere dosata la mia azione, mi allontana dalla resurrezione.
Le gambe si indolenziscono alla morsa delle fasce del mio imbrago, troppo a lungo sono state inermi, e bramano la riscoperta della vita per la quale il mio genoma le ha programmate.

Nessuno può tendermi una mano, o aiutarmi a sganciare la morsa bloccante che tiene ferma la corda al mio petto, consentendomi di restare appeso.
Sto usando muscoli che non credevo neanche di possedere, e per la prima volta nella mia vita mi impongo di non tremare, di non irrigidire la mia carne davanti all'ignoto, di non arrendermi e di avere fiducia. Un giorno quella fiducia saprà scorrere limpida e autonoma, dopo che il crollo delle mie paure e resistenze scaverà letti millenari che la raccoglieranno, e quelle gocce sapranno pazientemente zampillare in ogni atto della mia esistenza che sarà generato dal momento esatto in cui potrò consegnarmi al sole o alle stelle.
Perché io dovrò uscire prima che il freddo venga a prendermi. E dovrò uscirne da solo. Entrato per caso, uscirò con la volontà.

Avrò le ginocchia bruciate e le caviglie gonfie, non basteranno due giorni per smettere di dormire, camminerò sulla mia strada come mi avessero montato i piedi per la prima volta, e dopo aver conosciuto il buio, i miei occhi sapranno distinguere meglio i contorni ed i movimenti delle cose del mondo.

E quando guarderò a me stesso saprò che ho fatto parte dei moti millenari che hanno costruito questo universo, ricongiungendomi a quella polvere che ha generato le stelle, i pianeti, le rocce, la mia carne e tutti i miei sogni.

lunedì 6 luglio 2015

Speleo Alcor

Cronache di un week end underground nel vero senso della parola, a Verzino (KR)

I nostri eroi: Grossman, Bart, Alexander, Danny, Bechy, Alcor, Frank, Francys.

I nostri si ritrovano alla stazione di servizio ESSO nei pressi di Chiatona (TA) sulla s.s. 106. Dopo aver fatto colazione, rigorosamente offerta dai ritardatari in base allo statuto “grossiano”, alle ore 9.00 circa, e con un ritardo di circa 1 ora sulla tabella di marcia prestabilita, ci inoltriamo lungo la statale Jonica.

Una prima forzata sosta lungo il tragitto avviene approssimativamente all’altezza di Roseto Capospulico, quando un posto di blocco della Guardia di Finanza, insospettito, ritiene meritevole di approfondimento la vettura del Bart, probabilmente a causa della nota pericolosità degli individui ivi presenti.
Effettuata una seconda pausa caffè subito dopo Sibari, si è approfittato per chiedere ragguagli a gente autoctona a proposito del migliore e sicuro percorso per raggiungere Verzino.
Confidando illuministicamente nella modernità decidiamo di affidare i destini nostri, e delle auto, al navigatore Google del Bart, rassicurati dalla indicazione di un percorso attraverso la rassicurante voce “strada provinciale”.

Intrapresa la via che ci avrebbe condotto a Verzino attraverso Umbriatico, troppo presto ci rendiamo conto del ruolo fallante dei navigatori satellitari, ancora non muniti di intelligenza propria, e cogliamo l’occasione per apprezzare le condizioni infrastrutturali calabresi, discettare di federalismo incompiuto, e constatare l’effetto franoso delle precipitazioni sulla viabilità del luogo. Il pensiero di tutti va alla vettura dell'Alexander, già particolarmente provata dalla precedente esperienza di Muro Lucano, e nuovamente costretta a cimentarsi tra buche, sterrati, cedimenti, e crolli di asfalto.
Infine giungiamo a Verzino intorno alle 13.00 dove ad attenderci vi erano Frank e Francys del locale gruppo speleo. I nostri amici ci conducono alla sede del gruppo dove abbiamo la possibilità di sistemare i nostri averi
.
Alle 14.00 circa perveniamo sul sito di Grave Grubbo e dopo aver proceduto alla vestizione, alle foto di rito, e ad una serie di rituali tipici del luogo (omissis), alle 15.00 circa siamo all’ingresso della grotta che si presenta subito molto caratteristica e scivolosa fin dalle rocce esterne prospicienti l’ingresso. Dopo esserci calati dal pozzo di 6 metri decidiamo di lasciare i nostri imbraghi e di proseguire liberi alla scoperta della grotta messiniana. Questa si esibisce pochissimo concrezionata ma molto spettacolare per le sue volte di gesso lamellate dallo scorrere millenario delle acque. Preziose le indicazioni geologiche fornite dal  Bart circa le origini della grotta e le caratteristiche della stessa, che ci accompagnano lungo il ramo della “Cenerentola” per un breve tratto. Meritevoli di menzione sono alcune curiose formazioni che lasciano liberamente immaginare il desco di un bar con bancone, utilizzate dai nostri per alcune prime dilettevoli fotografie coreografiche.
Successivamente ci imbattiamo in una parete caratterizzata dalla presenza di piccoli sbocchi d’acqua fredda, prontamente utilizzati dal Alcor per placare sul nascere la sua notoria sete. Infine, lungo questo tratto, il Frank ci mostra orgogliosamente la “perla della Calabria”, una concrezione stalagmitica che Dan Brown nel suo Codice Da Vinci avrebbe senza dubbio inserito nella sua ricostruzione fallocentrica della storia umana.

Ritornati alla biforcazione iniziale, ci apprestiamo ad affrontare il fiume, che ci cattura immediatamente con il suo fragore. Ci inoltriamo lungo un percorso di circa 3 km sino al laminatoio,  e man mano che ci addentriamo la presenza dello zolfo diventa sempre più evidente. Lo splendido scenario della grotta è reso ancor più peculiare  dal fiume che mette a dura prova  la capacità degli esploratori di non scivolare sulle rocce madide. Giunti nei pressi di una piscina naturale, alimentata da una piccola cascata, situata poco prima di arrivare al laminatoio, il gruppo fa una sosta per fotografare gli ambienti, ed l'Alcor ne approfitta per testare le potenzialità della sua muta subacquea trascorrendo qualche piacevole minuto in quelle “Chiare et fresche et dolci acque”.
Giunti alla fine del percorso stabilito, i nostri ripercorrono il loro tragitto al contrario per tornare all’uscita, non senza cimentarsi in cadute e scivolamenti per fortuna senza conseguenze.
I nostri escono dalla grotta alle ore 19.20 circa per fare ritorno alle auto.
Lì ad attenderci è un campione di prelibatezze locali gentilmente offerti dagli amici Verzinesi.

In serata, dopo aver provveduto al lavacro delle stanche membra, ci rechiamo a cena in un agriturismo. Il menù prevede pizze ai sapori tipici, orecchiette in bianco al daino nella duplice variante con panna e senza panna, penne al sugo di cinghiale e spezzatino di cinghiale in umido; birra, vino, grappa e digestivi.
Dopo cena, il meritato riposo.

La domenica mattina, dopo aver consumato la colazione con caffè offerto da una gentilissima signora residente nei pressi della sede del gruppo speleo, crostata con marmellata di amarene offerta dalla signorina Danny, e pasticcini offerti dal Frank, ci rechiamo in località Caccuri, dove possiamo apprezzare le proprietà terapeutiche dei fanghi dei laghetti di acqua sulfurea. Appena arrivati i nostri si imbattono in uno strano figuro dalla pelle grigia che a prima vista si palesa come l’apparizione del sacerdote Imothep nel film La Mummia. Sincerati sulla natura umana dell’individuo, e appresa la pratica di infangamento terapeutico, i  nostri decidono di infangarsi completamente a loro volta, fino all’essicazione completa del proprio epidermide, per poi immergersi del tutto nell’acqua purificatrice.
Con l’occasione la Bechy offre gratuitamente al gruppo una lezione di acqua gym che ne esalta le qualità di istruttrice.

In seguito gli speleologi si recano presso una limitrofa sorgente d’acqua sulfurea, a differenza del Grossman e del Alcor che restano presso i laghetti a discutere con una turista calabrese di eclatanti casi di malasanità, e vizi della pubblica amministrazione.
Alle ore 13.00 circa si consuma un piccolo pasto frugale a base di pane, prosciutto crudo calabrese, formaggi e salsiccia piccante, il tutto con del buon vino rosso locale, asprigno ma gradevole.


Giunti alla controra , sopraffatti dal caldo, i nostri, dopo essersi accomiatati dagli splendidi ed ospitali amici Verzinesi, non senza un tocco di malinconia, decidono di fare rientro in patria.

mercoledì 24 giugno 2015

Spettri

Noi amiamo uscire per strada durante il temporale perché i tuoni sono sempre lontani

noi abbiamo preso le poesie di quando eravamo giovani e le abbiamo appese ad asciugare come trippa avariata

abbiamo lasciato che ci rubassero l'auto per uscire con una soltanto per dimostrare a noi stessi di essere ancora capaci di meritarci qualcosa

abbiamo attraversato ponti tibetani sospesi tra la costa della generosità ed il baratro dell'inganno comminato ai nostri congiunti

abbiamo frodato la malattia dell'anima, annacquando i bicchieri dell'esistenza con un'ironia che taglia il vento come un machete sul culo di una vacca

abbiamo scorticato ginocchia senza guardare alle nostre spalle, chiedendoci se ci fosse un senso in quel che provavamo a fare, e se qualcuno se potesse accorgere

abbiamo indossato manti di roccia per lasciare che la pioggia corrodesse piano e ci bagnasse poco alla volta, impiegando millenni prima di toccarci la pelle

abbiamo issato la bandiera degli anti eroi, per ricordarci che i tronchi non puri sono stati infelici abbandonati nel vento da piccoli

abbiamo chiesto ai latori del bene di farsi da parte per lasciare alla contraddizione del governo assoluto di poter raccontare il proprio disprezzo avverso l'ordine morale degli eventi

noi, profondamente cattivi e sinceri.

mercoledì 20 maggio 2015

Famous blue slippers

- Eccoti qui la tua roba, adesso puoi ricostruirti una vita, Alcor.

- I miei pantaloni, il mio maglione, il mio pigiama, i miei scarponi di quel capodanno di ghiaccio, c'è tutto.

- Sì, c'è tutto, puoi scomparire.

- E queste? Cosa significa?

- Mi sembra di ricordare che fossero tue.

Sono le quattro del mattino, è la fine di dicembre 
Ti sto scrivendo solo per sapere se stai meglio
New York è fredda, ma mi piace dove vivo
C’è musica in Clinton Street per tutta la sera
Ho sentito che stai costruendo la tua piccola casa in fondo al deserto
Tu stai vivendo per niente ora, spero che tu tenga qualche specie di nota


Potevano restare dov'erano. Nell'armadio a specchio, tra i sacchi del cibo per gatti, i piccoli guinzagli, e le giacche di ogni stagione. Ammassate nei ricordi della tua vita, come ogni ricordo sepolto dall'incedere dei giorni.
Le pantofole infilate di corsa nel carrello al supermercato in un sabato sera di inverno. Quando si sperimentava un'esistenza soltanto sfiorata. Non le ho mica scelte, quelle pantofole, presi quelle che costavano meno, quelle meno importanti. Le utilizzavo per stare in casa, a cucinare, ad aspettare, a guardare i film, ad osservarti libera nella tua dolce alcova.

Senza alcun nome, senza alcuna rilevanza tra le concrete sublimazioni di due vite intrecciate. Erano un'orma anonima su un sentiero che guardava a ben altre meraviglie.
Ma ci ho poggiato la solidità della mia presenza, in quelle pantofole blue.
E quando tra milioni di anni riappariranno tracce della nostra specie, quelle pantofole segneranno le orme di una vita in cui ho davvero creduto, nelle sue note, nei suoi rintocchi, nei suoi sbadigli, nelle sue sorprese.

Sognare e guardare nei medesimi istanti lascivi, pensare e toccare come a fissare quei momenti per sempre.

Poi è calato il silenzio che ha nascosto il rumore delle mie orme.
Chi è colui che cammina? Ma sei sicuro di quel che troverai in fondo a quell'armadio tutto sporco di impronte di mani grasse e maldestre?

Non devo lasciare mai il pettine sul termosifone, la plastica si scioglie al caldo ed è pericoloso respirare la plastica sciolta nell'aria.
Potrei non pettinarmi più, d'altra parte a che servirebbe? Sistemarsi i capelli non è affatto un segnale del risveglio di un'anima apparentemente morta.
Sono un fantasma, torno una voce che gridava da lontano di una terra sconosciuta.

Li riconosci i miei amici? I nostri amici. 
No, conosco più nessuno, anche la tua famiglia mi è ignota.

Lì c'è la tua roba, cosa aspetti ad andartene. Hai detto che ti serviva per esplorare le viscere della terra. Calarti da buchi nella roccia per osservare i millenni scolpire le pareti della storia dell'universo, e provare a esistere in questo flusso indistinto e ignaro della tua miserrima esperienza.

Non dimenticare le tue insignificanti pantofole blu. Ed ogni tanto raccontami come ti senti. Avresti potuto tornare a cercarmi, ma hai preferito un silenzio senza coraggio.
Mi sono ri-appeso nel cielo come ad una corda su una parete del cielo armata per sostenere la mia incapacità di aggrapparmi ai gradini della scaletta verso la vita.
Non ho nulla da perdonarmi. L'estate fa caldo, ed io ho bisogno di finestre aperte anche di notte, magari per provare a tornare a casa. Magari per provare a telegrafare i miei sogni attraverso la fredda brezza che trapela dal regno dei chirotteri.

Te ne sei andata il giorno in cui non ho potuto più raccontare il mio pezzo di storia nel millenario percorso della storia.
E l'estate fa caldo, quindi ho deciso di buttare via le mie vecchie pantofole che non hanno lasciato alcun segno.
Indosso queste adesso, provando a percorrere tutte le superfici che mi sono state negate.

Riporta via tutto. Non eri tu quello che cancellava il futuro senza risparmiare il passato? Come il Grande Fratello che modificava la storia ad ogni evenienza, rimuovendo dal tempo assoluto persino i ricordi e i rimpianti? Non eri tu colui che recideva ogni speranza, ogni memoria, ogni volto riconosciuto ed ogni fotografia? Non eri tu a non voler trattenere nemmeno un respiro prima di un tuffo in un mare sconosciuto?

Come pensi di poter cancellare il cielo e i suoi magnifici abitanti?

Come pensi di poter stracciare via le parole perfette e il letto su cui hanno giaciuto?

Guarda bene, forse qualche orma c'è ancora nella tua casa, dovresti lavar bene.
Un giorno non spirerà del vento freddo olandese, misto a pioggerellina, nei pressi di una stazione. Sul vetro della vetrina i nostri contorni sono ancora tracciati mentre sfidavamo la furia dell'aria. Ma quel vento vince, il freddo vince, e le mie mani non sono più calde. E sanno più toccare il mondo nel buio per ricordarne i contorni.
Il vento vince, e cancella le orme. Queste pantofole non hanno nome.

Si, e grazie, per le ansie che hai tolto dai suoi occhi
 Pensavo che fossero lì per sempre e quindi io non ci ho neanche mai provato

domenica 15 giugno 2014

Un etnologo all'Esselunga

In un qualunque supermercato, non-luogo, in Brianza. Reparto cosmetici e affini.

- Sto guardando un attimo... non trovo i preservativi di taglia XL....

- ...

- Ah, mi scusi signora, l'avevo scambiata per la mia compagna.

- ... (più sguardo schifato)

mercoledì 3 agosto 2011

Agenda esistenziale


Al mondo non gliene frega un cazzo, sapessi a me:




- sinceramente il nichilismo non era uno status esistenziale biasimabile: si commentava molto e si viveva poco. Il solo accorgersi che talvolta lo si guarda con malinconica nostalgia, è sintomo evidente dell'insoddisfazione di default che permea l'esistenza come una peritonite dalla quale non vi è scampo. Indi il nichilismo è una scienza esatta, senza dubbio alcuno.



- premesso questo, la felicità può esistere, non vi sono abituato, ma esiste. Conviverci è disgraziatamente complicato, ma proiettando immagini future forse anche il valore attuale del capitale vitale può incrementare il proprio valore. Il CAPM applicato alla quotidianeità non era sperimentato al meglio, quindi non saprei.

- confermo: esistono persone che sono sterili surrogati alla masturbazione.

- ti svegli una mattina e capisci che essere buoni è solo un viatico all'inculata. Banalità estrema, lo so, però il dolore lo senti lo stesso.

- la crisi finanziaria ci seppellirà come carogne non del tutto prive di vita. Ma ce lo meritiamo, tranquilli.

- sono troppo giovane per alcuni, ma serenamente affermo che sembro più vecchio.

- piaccio a lei, e non a sua madre. Forse è la volta buona. Il teorema de "Il laureato" non si applicherà.

- litigo con  un essere umano a settimana, media accettabile; se comprendessi le ragioni di questi livori saprei infondere ulteriori sforzi per migliorare la media.

- mi piace kundera, ma anziché letto, va studiato lentamente.

- mi guardo allo specchio e penso: se avessi qualche chiletto in meno, mi depilassi, mi curassi la barba e mi tagliassi i capelli regolarmente, sarei un bel ragazzo. Peccato. Vizi di fondo per chi ama molto la potenza e se ne fotte dell'atto.

- i grancereali col tonno son buoni. Provateli.

- colui che comprenderà che le fette biscottate sono gustabili sia col dolce che col salato, senza doverlo provare empiricamente, entrerà nel regno dei cieli, e siederà al mio fianco.

- non sono blasfemo. Tendo a irrobustire quel vago sospetto di essere fatto ad immagine e somiglianza del creatore di questo bordello con pochi  orgasmi degni di nota.

 



di perduti capelli e di future realtà
di bei ricordi andati a male

di bugie per amore e amori senza pietà
e di occasioni al vento

venerdì 4 febbraio 2011

La versione di Alcor


http://lapennadeldiavolo.splinder.com/post/23949064/mizar

Crede che non mi stia accorgendo del suo sguardo, che non me lo senta aggrappato al collo come un franco bollo leccato e premuto su una cartolina di carne.
Non la guardo perchè è carina, e se per caso avesse consapevolezza di questa mia valutazione segnerebbe subito lo scacco al re.
La conosco poco, in verità, ed il mio giudizio è distorto da quel m.c.m. al denominatore dell'esistenza di ogni donna.
Ci ha già provato una volta a darmi scacco, quando si propose di iscrivermi ad una associazione di  astrofili sostituendosi alla mia venerabile accidia. E stasera mi ha condotto fin qui, a fare una cosa che non facevo dai tempi dei primi
disordinati peli sul mento.



Testarda e ardita. Mi chiedo come mai non mi consideri alla stregua del Corvo Joe.

- Dovresti osservare il cielo, non me - la mia coda dell'occhio, come ogni mia estremità, non mi tradisce.

- È quello che sto facendo, che ti credi? - Mi ha risposto acidamente come se l'avessi beccata a spiarmi nel buco della serratura dell'animo. "Che ti credi..." Se non fosse stata bona non le avrei perdonato questa bestialità: "la bellezza è la migliore delle lettere di raccomandazione", mi biasimavo citando intra-mente un amico che citava Balzac.

Va verso il suo telescopio. Un rifrattore che qualche anno fa mi avrebbe fatto gola, prima che mi intorpidissi. Ho trascorso la mia adolescenza a ricopiare mappe e schemi di una volta celeste sempre superficiale. So dove collocare nel cielo oggetti che ho visto solo in fotografia. Ricordo quel vecchio binocolo 10x50 che riuscii a raccattare dalla spartizione dell'eredità di mio nonno.

Io non l'ho mai guardato fino in fondo,  il cielo. L'ho sempre e solo spiato da lontano.
Ad una minima e invalicabile distanza.


- Vorrei vedere M101 - sentenziò. - Che ne dici? - M101 è il mio oggetto preferito. Ma non posso dirglielo.
- Il tripudio della banalità, - fingo - perché non proviamo qualcosa di più difficile?
- Fai tu allora, Zichichi
.
- Mi cede lo strumento. Lo tocco per la prima volta, e per la prima volta credo di poter saltare quella barriera.
- Eh, non ho molta scelta, alla tua latitudine non si vede neppure il pesce australe, è un disastro, vado nel cigno. - Un attimo -  Prego Dott.ssa Hack, la nebulosa Velo tutta per lei.




Glielo dico con "animo fiero e disdegnoso molto", e accendo una sigaretta arcuando le labbra e socchiudendo gli occhi. Questo particolare non è presente nella sua versione, ma nel mio lato oscuro della luna invece è presente.
Rimbrotta qualcosa con il malcelato fine di parare il colpo. Non bado ai farfugliamenti. Adesso tocca a lei.

- Eccoti qui, guardati, osserva la tua stella omonima, mio caro collega astrofilo, è una stella doppia.

Alcor, ha puntato su Alcor. Mentre sono curvo sul telescopio e osservo le due stelle, Alcor e Mizar, mi si accosta languidamente e mi sussurra all'orecchio: Alcor, dov'è la tua Mizar?

- L'ho segregata sottochiave. – Sbattendole in faccia l’uscio dell’animo e sbarazzandomi lesto del suo tentativo forzoso di costringermi a vedermi vivere attraverso quel canale ottico non abbastanza stretto da escludere Mizar dalla mia contemplazione.
Quello che si vede ad occhio nudo può essere la versione nascosta che non desta interesse, quella palesata e inflazionata che recita gli addendi di un conto varato al compimento dei giorni. Uno scomodo rivestimento estraneo alla meticolosa opera di raffinamento che viene pazientemente eseguita nel pertugio inaccessibile senza l’ausilio di una lente a rifrazione.

 - Allora Alcor quando ti degni di ricominciare a scrivere racconti per la Penna?
- È  un periodo di merda Ale, sono incasinato con il lavoro.
- Ti devo pagare per convincerti?
“Mi faccio pagare solo in natura Ale, lo sai.” Questa frase della sua cronaca dimostra che non mi conosce. Non avrei mai esposto un concetto così scontato ed in maniera così scontata.

- Eh lo so senza di me il livello è basso, me ne rendo conto – Non amo giudicare, ma volendo incorrere in errore penso che in verità ci sia un buon 80% di cessi.
- Non sempre, alcuni sono davvero bravi e lo sai benissimo.
- Ah si? Ma per favore Ale... fammi un esempio
- Be’ per esempio Bango...

Ah, quello che va in giro a dispensare consigli su come scrivere… Ecco, se qualcuno venisse a darmi un’opinione su quello che scrivo gli rutterei violentemente in un occhio. Con che diritto mi si verrebbe a dire che scrivo bene? Al giudizio di chi dovrei essere continuamente sottoposto?
Quanti sono i telescopi implotonati e tesi a sparare sguardi recidivi sulle altrui vite?

Bofonchio qualcosa per non essere scortese, ma so che il mio inconscio malefico ha camuffato con cortesia quell’atavico maschile predisporsi a meritarsi un amplesso, qualora avesse lasciato intendere di propormelo, e qualora avrei sicuramente lasciato intendere di rifiutare, ringraziando per il pensiero. Perché talvolta basta sentirsi meritevoli.

- Comunque non è mica l'unico che scrive decente, Ale – La assecondo.
- Ah si? Fammi tu un esempio ora.
- C'è anche Psicotica che scrive bene, è un “portento” – valutazione espressa al netto di ogni massima di Balzac, e nonostante sì, credo ci sarebbe anche da restare incantati. Inoltre la parola “portento” non mi piace, non rende giustizia al concetto che vuole esprimere.

Ridiamo infreddoliti sotto un cielo di stelle, dopo una serie di piacevoli rimbrotti.

Credo stia provando a guardare Mizar, e mi sembra di vederla tremare nel fondo dei suoi occhi. Un tremore che piano si estende a tutto il suo corpo, fino a farla accasciare a terra dinanzi a me.
Le urlo qualcosa in un istinto esteriore, ma la osservo placida sorridere con gli occhi succhiati da quell’empireo a cui era solita tendere ogni venerdì sera. E forse Alcor la sentiva molto più affine, in quell’attimo di dispersione.

Tuttavia avrei voluto chiederglielo, così, disinteressatamente, visto che mi stava precedendo nei tetri Campi Elisi.
Avrei voluto chiederglielo, visto che era ormai defunta ai miei piedi, visto che aveva voluto forzare la mia accidia per farmi iscrivere all’associazione di astrofili, se avessi potuto tenerlo io il suo telescopio. Tanto a lei non serviva più.

lunedì 6 dicembre 2010

Monologo interiore


- Ci sono dei files sparsi nella mente che rallentano i tuoi processi, Alcor. Li dobbiamo archiviare in un'unica cartella. 

- Va bene.

- Come prefersci che la chiamiamo la  cartella: "esperienza" o "inculate"?

- È lo stesso. Fai tu.

mercoledì 17 novembre 2010

Lo specchio di Zeno


Compariva a tratti, quasi al comando di quegli occhi che fingevano di non cercarla staccandosi per qualche rapidissimo istante dal fuoco della sua osservazione nel quale ella spuntava.

Costei irruppe nella sua traducibilissima vita grazie ad un mai così opportuno errore. L'aveva scambiato per qualcun altro.

Lo chiamò, palesando frettolosamente costernazione per un saluto negatogli in chissà quale vita parallela che adesso incidentava bruscamente con la sua. Ella s'accorse dell'errato destinatario della sua premura e sorridendo ritornò sui suoi passi.

Divenne per lui fattore di inestimabile distrazione. La attendeva, con scrupolo e riservatezza, facendosi carico di esplorarsi in tutta la sua curiosità. Cominciò a figurarsi dentro, con animo dozzinale, l'ipotesi di restituirle l'incidente e di richiamarle alla mente quell'apostrofo errato che li aveva intrappolati in una scatola di imbarazzo reciproco.

Lui la richiamava mentalmente a sé ed ignara  di tutto ella spiccava. Innescava la raccolta di tutte le domande possibili, l'enucleazione di tutte le scuse impugnabili per sottolineare la fatalità di quel lieto incontro. Non bastava il tempo per formalizzare in pochi sibili di presentazione tutta la sua disordinata pressione, che ella si volatilizzava.

S'accorse dopo diversi giorni, che costantemente s'arrampica a quei minuti.
Ma perchè ella ostenta in quella maniera? Perché procedeva al passo di un minuetto sembrando richiamare a sé tutte le attenzioni come una rete lanciata nella buia baia calpestata dalla risacca?

Provò a ricordarsi se ci fosse qualcosa che le cingesse l'anulare sinistro, e se quei fanchi avessero già tradito una o più elargizioni di nuove esistenze.

E se fosse davvero madre, ostentatrice e magnetica, che  stesse provando a rapire tra i tentacoli dei suoi folti ricci solamente un custode per potersi concedere un lucchetto meno serrato alla spensieratezza di donna già provata e vissuta?

Egli attese, lei apparve. E continuò a domandarsi quale potesse essere la formula giusta. Finché giunse il tempo in cui in fondo a quegli interrogativi non si profilò che un unico definitivo quesito: perché proprio a lui?

E cambiò strada.

venerdì 13 agosto 2010

Vacanze su Plutone

Summer of '10. Che sia 1910 o 2010, non cambia granché.

Qui lo scorrere del tempo non segue l'ordine sancito dal calendario del Frate Indovino, bensì direttamente la teoria della relatività di Einstein.
Tant'é che se taluni luoghi del pianeta Terra riescono a misurare il proprio progresso in contenitori annuali di 365 giorni e 6 ore, qui, ove insiste la mia persona, lo stesso tempo ci impiega molto di più: circa 248,1 anni terrestri per varcare le medesime soglie e giovarsi delle medesime conquiste.
Come su Plutone.


Qui, su Plutone, si gioca col suffragio universale come un bimbo di due anni alle prese con la nitroglicerina.

Qui, su Plutone, si sta come in un'incendio estivo, sugli alberi, le foglie.

Eppure il contrappasso dantesco ha stabilito così quest'anno. Una sorta di companatico piacevole ai riassunti e agli intervalli raccontati da coloro che ritornano per trascorrere l'estate su Plutone. L'endovenico cerimoniale prevede sovente il richiamo mnemonico di epiche gesta felliniane compiute durante l'imberbe età.
Il Welfare State non è più un capitolo dell'esame di Scienza della Politica, ma la nuova figura che nell'epoca della giovinezza precaria sostituisce Babbo Natale nell'immaginario onirico.

E se un tempo ci si ritrovava tutti insieme per scagliarsi in faccia piatti di spaghetti col tonno, palle di maionese come fosse neve, oggi si è alle prese con i primi matrimoni nele nostre fila, e con la meditabonda ricerca dell'idea geniale che ci faccia uscire tutti dal torpore, sia terrestri che plutonici.
E pensare che l'anno scorso ero a New York e tentavo di raccontare  alle donzelle  'mbriache lo stato di agiatezza e grazia che si vive quando in società si è dalla parte della minoranza.
Il senso di responsabilità che mi ha fatto tornare in patria mi ingenera la stessa vergogna  che gronda dal celebre monologo di Califano: avventura con un travestito.

Così, mentre l'amica aggraziata e disperata elucubra nel voler tentare un traffico di caciotte tra l'italico tacco ed il padan triveneto, ella mi sorride e mi suggerisce arcigna:

- Alcor, dammi il tuo CV, ed una lettera di presentazione...

- Ma io già ho le mie consulenze...

- Ascoltami, Alcor.

- Toh, un pezzo della lettera:

"Alcor, colui che sta a Confindustria come Veltroni sta a Martin Luther King. Nasce nel territorio della Comunità Montana più sputtanata d'Italia, nel novembre 1982, una manciata di ore dopo la dipartita del compagno Leonid Il'ič Brežnev. Gli agiografi dell'epoca parlavano di probabile metempsicosi, quando egli cominciò giovanissimo ad elaborare le prime teorie circa la sovranità limitata esercitata dalla sfiga sugli esseri umani, nonché una revisione in chiave sessuologica del marxismo.
La sua formazione culturale risente molto degli effetti della riforma agraria compiuta da De Gasperi, ed è sopravvisuto agli anni '80 e '90 nonostante Berlusconi. Da bambino, dopo aver letto il mito di Teseo, decise che avrebbe fatto politica attiva."



mercoledì 10 marzo 2010

Entropia


- Piacere di conoscerti, Alcor.

- Uhm... a cì a' vutè?*

Bene, visto che siamo rimasti in pochi, possiamo fare un piccolo punto della situazione.
In sintesi funziona in questa maniera: Rifkin sostiene che la società ideale si regge sull'empatia, a me basterebbe un minimo di telepatia intranet in un manipolo di miei compatrioti.

La risposta più frequente dopo il segnale acustico è: ...va bene, sì, farò il possibile per risolvere 'sta situazione. Solo che sono parecchio impegnato tra la campagna elettorale e lo studio...
Tradotto sarebbe: ...che scassacazzi.

Credo di poter escludere che si tratti di disincanto. Io non avrei mai rincorso il mare come Antoine alla ricerca della libertà, per poi sentirmi costretto a raccattare qualche permesso premio ai margini del piccolo cabotaggio.
Il massimo dell'incanto possibile sarebbe stato sfidare l'attrito della sabbia bagnata per drenare le conseguenze delle cene elettorali quotidiane, altro che emancipazione dagli incubi delle passioni.

Chissà se è ancora possibile rendere interessante questa follia; se il liquame licenziato dal frullatore che ha miscelato quest'ultima stagione, non abbia fatto altro che rimettere ordine nella stanza.
Ciascuno al suo posto a compilare il registro degli utili, mettendo in lista i capoversi della personale impropriatezza, addendi scontati ai saldi invernali, e poi inventarsi un quoziente senza resti. Così si sta tranquilli, risolvendo le spigolature e gli scomodi crinali con una pacca sulla spalla.

La stanza in ordine, e i compromessi ben catalogati nello stipetto del salvadanaio.

Perchè la scrittura? Perchè questa specie di carburante la cui pompa otturata ha praticamente mandato in panne le carrozze?

Capitolo primo:

"In quella sigaretta concentrava la somma di tutte le sue debolezze, nell'incapacità di separarsene tradiva lo scorrimano della sua zoppa discesa. La responsabilità della scelta era tale da indurlo a dover notificare i suoi imperativi ad un messo notificatore che provvedeva ad appuntare, su supporti di fortuna, l'impegno solenne. Un atto di ancoraggio al pubblico dileggio per condannare, con l'aiuto del mondo, atti che egli stesso riteneva stupidi, ma dai quali non riusciva a perpetrare una definitiva censura."

No, non va bene... capitolo primo:

"Le disse che con quella foto l'avrebbero votata anche gli alberi, pertanto lei non avrebbe dovuto mostrare alcun timore nell'esibire il magnifico santino che avrebbe consacrato la di lei campagna elettorale.
Il suo nervo ottico avrebbe sentitamente ringraziato.
Un tale omaggio alla sua bellezza, impressa nelle carte da propaganda, fu il massimo della dolcezza che egli seppe manifestarle. Troppo preso era il suo cervello a cercare di codificare il senso di certi comportamenti
a lui rivolti da parte della bella candidata.
Uno di questi fu il porgere il vassoio degli antipasti fritti solo verso di lui, e il chiedergli di accompagnarla fuori a fumare, addebitandosi l'onere di offrire allo sprovveduto il tabacco di cui lui, l'unico, pareva essere privo.
Il tempo di compredere il messaggio insito a questa serie indecifrabile di atti, tra i quali la rischiesta da lei avanzata di non parlare sempre e solo di politica, ma magari toccare qualche altro lato tipico, berché d'importanza trascurabile, dell'umano vivere, e lei sarebbe scomparsa come tutte le altre, poste sempre in attesa nell'anticamera al laboratorio di smaltimento delle sue ubbie
".

No, non mi piace, non rende l'idea. Vediamo così:

"Alcor è una stella della costellazione dell'Orsa Maggiore, con magnitudine apparente 4,02 e un tipo spettrale A5 V. Distante circa tre mesi-luce da Mizar, con cui forma un sistema binario.
Tanto difficile da scorgere, essa veniva individuata dai Greci come misura per saggiare la miopia della gente.
Questo valeva per lui, e per qualche altro sparuto erede delle grandi civiltà del Mediterraneo precristiano.

Per la stragrande maggioranza dell'umanità, invece, Alcor è il nome occidentale di
Koji Kabuto, esimio esponente della saga di Goldrake, fedele spalla di Actarus."

Ok. Scrivere è una forma di puro cazzeggio.




*
trad.: "Uhm... i giorni 28 e 29 marzo, in occasione delle elezioni regionali, in favore di chi esprimerai il tuo consenso?"

mercoledì 23 dicembre 2009

Ditemi

Si diverte molto?
Lei si diverte molto, vero?
È molto comodo per lei, è anche facile. Lei viene qui tranquillo, senza problemi. Fa la sua lezione e poi se ne va. E in che cosa sarebbe diverso da quelli che hanno trent'anni più di lei?
Non le interessa tutto quello che c'è fuori dalla sua stanza? Cosa succende nel mondo, che vita fa la gente... lei si occupa solo di se stesso.
Non ha speranze, non ha illusioni, non ha passioni.
Lei è un arido, la sua vita è inutile. Ed io la disprezzo.

mercoledì 9 dicembre 2009

Old fashion

I miei successi con le donne?

Sono il genero più auspicato dalle mamme... vivo con una generazione di ritardo.

mercoledì 12 agosto 2009

Bay

Andiamo a vedere com'è freddo l'oceano Atlantico. Funziona più o meno così:







- Mi ha messo una mano intorno alla schiena e ha iniziato a parlare... Non capivo, e l'ho mandata al diavolo.

- Era carina?

- Uhm... Come te, mediamente guardabile.