A volte sì. Sono stanco della mia disumanità. Non ti ho nemmeno guardato in faccia. E mi avevi teso la mano.
sabato 5 aprile 2014
martedì 27 settembre 2011
Perdiamoci di vista
L'ultima volta che ho sentito un vecchio collega universitario egli era in viaggio verso Pisa, in treno. Cinque anni fa, o poco meno.
Ricordo bene la circostanza per cui egli nel 2004 votava la mozione Fassino nel penultimo congresso dei Democratici di Sinistra, mentre io sostenni la mozione Mussi-Berlinguer. Di contro, nelle primarie del 2005 per l'indicazione del candidato presidente della regione Puglia, egli votò Vendola, io votai Boccia.
In entrambe le circostanza mi ritrovai, non so quanto orgogliosamente, in miserrima minoranza.
Era un compagno, politicamente parlando, ed aveva una media voto agli esami di poco inferiore alla mia. Lo chiamai un pomeriggio, un paio di giorni dopo la mia laurea, per chiedergli delucidazioni nella compilazione di una domanda per una borsa di studio per i master.
Io il master non lo feci più e intrapresi la carriera da provetto ricercatore.
Negli ultimi tre mesi ho trascorso una frazione non trascurabile del tempo dedicato all'ozio a cercare di ricordarmi il suo nome, poi facebook avrebbe fatto il resto.
Ed il suo nome mi è balenato in mente, un pomeriggio di inizio autunno, mentre mi pongo come una spugna dinanzi ad un trattato di Supply Chain Management.
Facebook lo scova su mio preciso mandato.
E scopro che si è sposato, che è diventato grande e via dicendo... e che il massimo della politica che si evince dalle scarne informazioni carpite da FB è un timido invito a votare "Sì" al referendum sul nucleare.
Mentre io ho continuato a perdere tempo in lungo e in largo a giocare al "Togliatti-fai-da-te", e a farmi dire "quanto-sei-bravo", senza concludere un cazzo.
venerdì 5 agosto 2011
How do you do?
- Sto guardando un film.
- Un film?
- Sì, un film.
- Quale film?
- Amici miei.
- Ah.
- Be'?
- Niente.
- Eh, no! Come, "niente"?
- No, no, niente..
- Ma come? Vieni, osservi, ti esprimi, non può essere "niente".
- No, no, niente.
- Eh, sì, che poi si deve vivere per forza di ansie, di inquieudini e sensi di colpa senza neanche sapere il perché, vero?
- Che stai dicendo?
- Niente.
sabato 2 luglio 2011
No-è
La pioggia torrenziale diventava sempre più insistente. R. controllò i materiali a sua disposizione e si rese presto conto che non avrebbe raccolto abbastanza legname per costruirsi un'arca capace di trasportare un rappresentate per ogni specie vivente del suo microcosmo.
Nemmeno una zattera monoposto, neanche un veivolo in fibra di carbonio che avrebbe consentito una docile trasvolata ai piani ammezzati del cielo, dove si preservava una fredda quiete.
Per costruire un'imbarcazione non sarebbe bastata la cartapesta ottenuta da un miscela di colla e carta straccia ricavata dalla sua immacolata biblioteca personale. Per questa ragione decise di uscire con un ombrellino del tutto inutile per i colpi trasversali e ventosi.
Tutto ciò che non vale la pena combattere, lo si aiuta ad invaderci.
Ché quell'imperfezione sarebbe risalita da un lato fino alle sue ginocchia, discesa dall'altro nei rivoli che avrebbero attraversato il suo capo e gocciolato a terra dalla fronte.
La sua casa era un brodo inquieto. Dove nottetempo fiorivano acidi nucleici elettrici.
I momenti topici sono sempre state puntine di compasso intorno a cui disegnare la circonferenza della retromarcia. Lungo la curva insistono innumerevoli centri di ristoro con offerte stracciate su cataloghi di alibi in svendita ai saldi di fine giovinezza.
- Ti va di parlarne, Alcor?
- No.
If I were afraid
I could hide
If I go insane
Please don't put your wires in my brain
sabato 12 febbraio 2011
Cantico 'e criature
Domani io andrò a pranzo dai miei zii. Capita ogni domenica da circa un mese, ogni volta da zii diversi.
Una fenomenale pulsione di generosità tanto esagerata quanto molesta rispetto al proprio cronoprogramma a breve termine.
Una gara di impropria solidarietà dettata da una sostenibile contingenza, che rischia di trasformarsi in una competizione olimpica che iscrive tutte le ramificazioni del parentado diffuso.
Gente che mi curavo di avvicinare nei soli periodi elettorali chiama alle ore più impensabili per sincerarsi della nostra sopravvivenza. Una tracotante attenzione che ha avuto il significativo effetto di farci staccare il telefono fisso e di farmi stare quante più ore possibili lontano da casa.
Ma la domenica il fervente affetto dei parenti va incassato tutto, a cifra tonda, senza rendere il resto. Nemmeno la dissenteria potrà salvarci.
Commentando il dì venturo, mia sorella esprimeva l'auspicio che al banchetto domenicale in trasferta potessero prender parte i miei cugini con relative mogli e prole.
Mogli e prole che io non ho mai incontrato in vita mia. Domani avrò l'opportunità di conoscere due mie cugine acquisite ed un bimbo di cui ignoravo l'esistenza.
- Quanti anni avrà il piccolo?
- Quasi tre anni.
- Tre anni???
- Sì, tre anni, Alcor. Alle spalle della tua ignavia il mondo si evolve. E se non dovessi ricordartelo, sappi che il cugino X si sta iscrivendo alle superiori, mentre la cugina Y il prossimo anno andrà alle elementari.
- Ed io che ero rimasto a due batuffoli cromosomici... il tempo passa, cara sorella. Cazzo, è proprio vero, stiamo morendo.
- Fanculo fratello Alcor, tu ed i tuoi sconvenienti approcci all'esistenza. Io non voglio pensarci.
- E invece no, devi pensarci, sorella. E riderci di gusto per domarne l'impeto. Imbrigliare ogni depressivo imbuto dell'incoscio in una folgorante risata.
Ci vuole tempo, ma tutto apparirà poi così spoglio di una qualsivoglia attesa. Lo stesso concetto di speranza sarà un'arma spuntata da barattare con una mega offerta 3x2 sulla maionese. Asciugare la vita da ogni ricerca di senso che rischia di far male alla vista peggio di una reiterata e recidiva autarchia sessuale.
Che poi un senso lo acquisterà comunque, ma data l'inaffidabilità dell'animale in noi è meglio che il senso germogli a nostra insaputa.
Ecco stasera, infermo e annoiato, mi ci vorrebbe un pompino ben impostato per accettare, senza reclami, l'idea che si debbano aprire gli occhi ogni mattina senza concedere al mondo il consenso al trattamento dei propri dati esistenziali.
sabato 1 gennaio 2011
Alceste on way
La misantropia di capodanno la si misura nell'intolleranza verso la presenza di altre automobili lungo la statale Bari-Taranto.
giovedì 16 dicembre 2010
Homini lupus
Ebbene, non gli serviva a niente fingere: non era affatto contento dell'esistenza di altri esseri umani. Non gli si farciva l'esistenza di variegate distrazioni, non gli si coloravano le giornate, non aveva dismesso i panni lerci dell'insonne.
A dire il vero, a volte avvertiva una temporaneamente magnetica attenzione verso categorie circoscritte di popolo: elettori afferenti alla sua medesima circoscrizione elettorale in pieno godimento dei propri diritti politici, consumatori, clienti, puttane... persone a progetto.
Qualche conto, tuttavia, non tornava. Perché nonostante non facesse alcuno sforzo per variare il gradiente di apprezzamento attivo e passivo tra lui e gli altri, gli capitava sovente di finire sul cazzo agli altri senza alcuna ragione.
Ma ciò che più lo turbava era di non riuscire a farsi odiare quando vi si adoperava scientemente: perché non riuscivano a capirlo.
E non vi è più profonda cesura con il convinto presiedere se stessi nel mondo dello sprecare il proprio odio verso chi non sa apprezzarlo.
domenica 5 dicembre 2010
Wise
Ci sono giorni in cui rivolgermi la parola non è proprio una mossa saggia.
sabato 23 ottobre 2010
Justice
Grazie.
venerdì 8 ottobre 2010
Back upping life
Dopo tanto tempo. E tornarono a chiamarlo prof.
Quando non occorreva più nemmeno la barba a sancire il lasso di tempo speso ad esistere formalmente.
Quella stazione offriva cubature abitative senza feritoie in cielo, che mietevano presto il mattino autunnale. Da lì erano state sigarette ansiose, valigie zoppe e sformate, e tramezzini col tonno e salmone.
Cimeli jacopini verso un hub delle ambizioni proteso verso vasti bacini di tetti stranieri, loggie di speranza larghe quanto le pazienti cosce di una puttana. Dove sembrava possibile sistemare i mattoncini e le intercapedini in modo tale da produrre una discreta coerenza cogli insegnamenti pagati caramente ai refrattari depositati ai bordi del binario di partenza.
Ogni tanto si scorge qualche fumo lontano dalle balaustre del porticciolo, e gli ultimi ciuffi della coda montuosa tra le cui estremità è narrata con dovizia tutta l'epica di un distacco.
Che come un faro stanco, affanna la sua rotazione intorno all'asse del proprio coraggio. Mansueta e ubbidiente luce esso posa sulle rotte tracciate da chiglie più affilate.
Dà l'idea di poter passare, di dover smettere, e mi scova ancora.
lunedì 23 agosto 2010
Blog Warning
In missione per conto di Lenin
- Obladì Obladà!
-...insomma... avrai... capisci cosa voglio dire?
- Obladì Obladà!
- Quella fottuta puttanella!
- Obladì Obladà!
- Quella... vuoi chiudere quella boccaccia? Non Lennon, Lenin! Vladimir Ilyich Ulyanov!"Questa incapacità ad addormentarmi è tra le cause sostanziali della mia inconcludenza. E devo sbrigarmi, ché domattina devo continuare a mettere ordine. Non saranno quattro paginette da carcere morale a salvarmi.
Avrei dovuto fare l'artista.
Sì insomma, ci pensi che tra meno di una decina di giorni le cose potrebbero sistemarsi? Intendo una restribuzione stabile, un ruolo, una scrivania personale che nessuno dei tuoi colleghi è tenuto a usurpare senza giusta causa, risme di carta a volontà, il condizionatore coi bacilli, la pausa pranzo, gli scompensi alimentari della pausa pranzo, il traffico, i faldoni, la cravatta al posto della maglietta di emergency, la barba tutte le mattine anzichè una volta al trimestre... il week end di soli due giorni.
La sveglia alle 6.00, il caffè e la prima sigaretta che per pochi minuti sostituisce il cervello con un mantice da camino. Tutti i giorni. E se magari le cose non andranno né meglio, nè peggio, tutto questo rischia di prolungarsi per sempre.
Capisci? Fino al giorno in cui non avrò più il cielo in una stanza, ma in una camera ardente.
L'ideale sarebbe quella di andarmene a spasso con la laurea tra i rimpianti di tempo perso, e la vita scolpita nel taglio degli occhi. Ma occorrerebbe una maledettissima rendita.
Una bella fattoria di gnu alle pendici dell'Hymalaya. Che te ne pare? Coi secchi per pisciare, la resina per gli spifferi, e le pomate per i reumatismi ai piedi.
- Perché ci sono gli gnu in Nepal?
- Se non ci fossero si potrebbe ripiegare sui conigli e i bachi da seta, e poi ci si fa la tessera a slow food. Ovviamente ci vado solo. Vuoi venirci? Forse ti consentirò di venire a farmi visita.
- No, Alcor, non ci vengo. Magari rischio di trovarci quella che ogni tanto si rifà viva.
- No, mi ha licenziato da un pezzo. A mezzo telegramma, come fa Marchionne...
- Ah....
- Ti è piaciuto il cortometraggio sullo sfruttamento nelle campagne? Tra la Puglia e la Basilicata ogni anno migliaia di rumeni ed extracomunitari sono "utilizzati" per la raccolta dei pomodori. Ogni anno scoppiano casini perchè il prezzo dei pomodori per i produttori primari è talmente basso che agli agricoltori non conviene nemmeno guardarli.
Tralasciando l'incidenza del malaffare più o meno legalizzato che gira intorno alla raccolta di questi maledetti ortaggi che tra l'altro mi fanno pure schifo, è il gioco della concorrenza internazionale a mettercela dritta lì, proprio lì.
Quindi che faresti tu, dolcezza?
- Alcor, sei ubriaco...
- No, è che non c'è alternativa... la produzione di cibo deve passare nelle mani dello stato... tutti i fallimenti di mercato sono di competenza dell'agente pubblico. Ma secondo te alla Puglia e alla Basilicata che fanno parte dell'OCSE conviene produrre pomodori? No! Li produciamo perchè siamo costretti, e siamo costretti anche a impiegare manodopera sfruttata, malpagata e frustrata per stare a galla, e che raramente si vendica stuprando qualche nostra compagna di scuola elementare.
Ma dobbiamo produrli 'sti cazzi di pomodori, perchè altrimenti sai che brutto avere una distesa di pannelli solari... Lo stato deve produrli, come monopolista, e redistribuire in maniera autarchica secondo quote e richieste, seguendo piani quinquennali ben organizzati...
- Alcor, hai terminato il comizio?
- Senti, no.
- Come: no?
- Non ho alcuna intenzione di dare il mio contributo nel farti rischiare una gravidanza. Mi dispiace, ci ho ripensato...
- Ci hai ripensato?
- Eh, sì... vedi, c'ho come una specie di blocco emotivazional vitale come fosse antani., di cuio angaro tupio, capisci?
- ....
- .... Mi vedo una faccia davanti che sembra una vigilessa con la paletta alzata. E allora mi viene di oltraggiare la pubblica ufficiale... con lo scapellamento a sinistra.
- Sono senza parole, Alcor. Lo sai che sei un mascalzone?
- Sì. Fifty-fifty. E quello è Giove.
Non si è mai abbastanza crudeli verso il proprio passato.
domenica 15 agosto 2010
Ingiusti consigli...
... come un vecchio Talisker usato per conservare le ciliegie della scorsa primavera...
... come Casini candidato del centro-sinistra...
... come Topo Gigio che ci spiega come scampare alla pandemia...
... come D'Annunzio sui libri di scuola...
'na schifezza.
venerdì 2 luglio 2010
Bastardi senza gloria
Perché non sopporto che tu mi guardi e sorridi, mostrando in maniera palese la contentezza di starmi di fronte. Così, ad usufruire della mia persona per acconciarti una gioia che io non ti ho accordato. Perché fondamentalmente il tuo stato d'animo non mi riguarda. Non credo sia giusto farmi scippare in tal guisa un tuo diritto al benessere procacciato mediante lo sfruttamento opportunistico della mia vicinanza.
E soprattutto, non chiedermi se mi piace.
Il riscontro della mia soddisfazione per saggiare le tue doti, e promuovere il tuo operato, assolvendoti dalla paura di una presunta nullità, è la prova della tua profonda inconsistenza in quanto essere autonomo.
Se non ti sai salvare per conto tuo, è meglio che tu ti lasci perdere.
martedì 29 giugno 2010
Epifanie /2
mercoledì 23 dicembre 2009
Ditemi
Lei si diverte molto, vero?
È molto comodo per lei, è anche facile. Lei viene qui tranquillo, senza problemi. Fa la sua lezione e poi se ne va. E in che cosa sarebbe diverso da quelli che hanno trent'anni più di lei?
Non le interessa tutto quello che c'è fuori dalla sua stanza? Cosa succende nel mondo, che vita fa la gente... lei si occupa solo di se stesso.
Non ha speranze, non ha illusioni, non ha passioni.
Lei è un arido, la sua vita è inutile. Ed io la disprezzo.
giovedì 3 dicembre 2009
Eterno ritorno
Ora è alla fase pre-mestruale.
mercoledì 11 novembre 2009
Mobiles
Esisterà di certo.
Ma riscrivere uno per uno quei numeri ti aiuta a ricordare episodi di incontri fugaci all'ombra di un rametto di ulivo... quei "ti farò sapere" che poi non si è saputo più niente... quelle volte che come schegge impazzite si è arrivati a collidere... quelle prese in carico dei drammi umani... quei discorsi più o meno imprenditoriali più o meno senza soldi, nemmeno per richiamarsi... ed è lì che ti accorgi di quanto sei stronzo a circondarti di gente, che non serve a un cazzo.
domenica 8 novembre 2009
Sunday lazy sunday
Peperoni arrostiti con mollica di pane, capperi, cipolla, e formaggio... e vaffanculo a coloro che mi ingozzavano prima, e si lamentavano del mio dilatato addome dopo.
Le domeniche misuravano il dilatarsi e il rimpicciolirsi degli equinozi, e rendevano più ingiuste e inaccettabili le intemperie, perché non poteva piovere nell'unico giorno in cui i genitori coglioni di un paese tutto ripiegato a preservare gli usi vigenti all'epoca ittita, consentivano alle figliuole di mettere il naso fuori casa.
Risultato: interi plotoni di timide e timorate donzelle cresciute con l'intento recondito di diventar zoccole disinibite montate di testa.
Le domeniche avevano la voce di Sandro Ciotti che in radio avvertiva dopo mezz'ora del vantaggio della Juventus sulla Cremonese, ma chissenefrega... era tutto un imbroglio. E poi io e la Roma dovevamo lottare per entrare in zona UEFA.
Ma Balbo e Fonseca giocano ancora, vero?
Qualcuno deve spiegarmi perché la domenica, anche quando si faceva digiuno, si aveva sempre la sensazione di essersi ingozzati.
E giù con la grappa, il brandy, e qualunque genere di diserbante per l'anima.
Il giorno che fu della mille lire. Che è oggi della 5 euro in carta stampata. Il giorno della rasatura.
Il giorno dei comizi tenuti con gli occhiali da sole.
Il giorno in cui la cravatta a 15 anni era socialmente accettabile e non ti qualificava come un nevrotico di Coney Island reso impassibile dall'amara scoperta che l'Universo è destinato a collassare.
Quelle domeniche che erano tali, da non avere nemmeno la forza per farsi una sega.
Ma che almeno aveva l'ansia di un dovere incompiuto con scadenza da lì a poco, che avevano la pesantezza di un autobus alle 6.45 del lunedì mattina.
Che erano tutto uno sbadiglio di sonno, e di non di quella noia dai capelli bianchi che monta carte da parati sul mio cranio.
Colore rosso sangue.