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giovedì 25 giugno 2015

Tra qualche anno

- Sono contenta di rivederti Alcor. Davvero.

- Be' sì, passavo da queste parti e, dato che non hai cambiato numero di telefono, ho pensato di...

- Hai fatto bene. Mi fa piacere. Sì sì.

- ...

- Ti trovo in forma Alcor, sai?

- Embé vedi, le grotte, le arrampicate, il canyoning, la speleosub, il parapendio, i ponti tibetani...

- Ah... e per il resto come...

- Eh no, eh! Non ci provare! Non ti interessa nulla di me! E non provare a raccontarmi niente di te perché non voglio sapere che cosa è successo dopo! Va bene? Non voglio che ci raccontiamo niente! Altrimenti  me ne vado subito!

- O-ok. Come vuoi tu, Alcor, non ci raccontiamo niente.

- Brava.

- ...

- ...

- ... E quindi? Mi hai rimpiazzato? E lui com'è? Alto, magro, biondo. Aspetta... scommetto che è medico! Anzi no, è anche il figlio di un medico che ha ereditato la clinica del padre. Ed è pure glabro. E poiché ricorda vagamente che due secoli fa è esistita la lotta di classe pur ignorando minimamente cosa sia il proletariato, ha deciso di votare il Movimento 5 stelle, e ha convito anche te a votare per le parlamentarie per mandare tutti a casa i politici, giusto? Ed è pure vegano, vero?

- ...

- ... E dove andate in vacanza questa estate? In Australia? Be' sì. Vacanze in Australia. E dimmi, l'ha pagata la TASI sul mega-villone in brianza? Ha bestemmiato contro il governo? In effetti con quei soldi avrebbe potuto posare la prima pietra della nuova piscina, giusto. Oddio... No, non dirmi niente, non mi rispondere. So già tutto. Non mi interessa sapere niente. Non mi importa più nulla. Me ne vado. Ciao. 

lunedì 11 maggio 2015

Il Conto del veterinario

Comunque il tuo cane è anziano, stavolta è andata bene, ma tieni in conto che può andarsene da un momento all’altro.

 Anzi, dovresti tenere in conto che anche io potrei andarmene da un momento all’altro.

Ok. Anche tu potresti andartene da un momento all’altro.

giovedì 27 febbraio 2014

venerdì 23 novembre 2012

ShYning




Perchè hai avvertito il richiamo di voler tornare in questo appartamento? Non sono più la persona aperta di un tempo. Azzardare una interpretazione oggi sarebbe come aver la consapevolezza di affidarsi ad un ombrellino rotto con cineree prospettive a sudovest.
Una volta ti ho lasciato perdere durante una passeggiata collettiva. Credo sia avvenuto dopo il penultimo Johnnie Walker della tua vita, e non stupirti di tanta memoria.
Feci qualche passo più avanti perché tu potessi essere assorbito dalle domande incuriosite di chi popolava abitualmente il mio mondo, mentre io marcavo la distanza con passi che moltiplicavano la reale consistenza dei centimetri tra i tuoi occhi e la mia schiena.

In quel divario proteso all'abbandono si è celata la parafrasi di tutti i nostri giorni, e la sua inestricabile contraddizione che ha reso possibile un'anarchica definizione del nostro tempo. Tanto più inspiegabile e rumorosa quella breve separazione lungo la strada, tanto più saremmo risaltati noi nell'unicità di un contrasto unificante.

E così in questo soggiorno hai deciso di deporre le armi. Devono esserci dei bicchieri puliti, lì, sulla mensola accanto al frigorifero. Sciacquali e leva via la polvere di questi anni. Regredisci per recuperare il tuo arché, ciò che genera unaa passione verso i propri prodotti tale da poter annientare in un'unica tornata un raggio di inappagamento lungo quanto il divario tra i propri desideri, e i passi avanti tesi a ripudiarli per un malecelato senso di sfida.

Presta attenzione anche ai tuoi pensieri, e ti accorgerai di quanto siano divenuti brevi, stretti, come una strada senza margini di esondazioni, aggrenziti. Dovresti riprovare con qualcosa di comico, se ne sei in grado.
Non chiamarmi  stasera, vado al cinema. Incontriamoci qualche minuto prima di mezzanotte, sul lungofiume della città in cui deciderai di narrare la tua vita incompleta. Questi vestiti che indossi, però, non sono adatti alla prossima scena, cambiati. E quando mi chiederai se avrò voglia di una  sigaretta, ridendo, ricorda le promesse appuntate sulle salviettine da bar. 

E ti restituirò le chiavi di casa.

domenica 29 luglio 2012

Three Dark Knights

Mentre si recava, come ogni giorno alle ore 15.30, presso il suo tabaccaio di fiducia, l'unico che avesse il self-service sempre funzionante, avvertiva la moneta sparpagliata nella sua tasca, tra le chiavi di casa e l'accendino, zavorrare le sue bermuda tendenti allo scivolamento sotto il culo per via del congruo carico.

Accendeva così la sigaretta antelucana, quando un conoscente gli si accostò.

- Com'è? Hai messo in fuga una banda di scassinatori! 
- Sì.
- Mi hanno detto che stavano tentando di forzare le grate del bar sotto le finestre di casa tua.
- Sì.
- Mi hanno detto che stavi rincasando in tarda notte quando hai notato delle strane ombre nel cortile, che ti sei accostato alla ringhiera e che hai intimato loro di andar via con aria minacciosa.
- Erano molto scaltri, sì, vestiti di nero si confondevano nella notte. Per fortuno ho uno sguardo attento, io.
- Che coraggio! Ma quanti erano?
- Ah... erano in 3...
- Cazzo! Ma ci pensi che se fossero stati armati, avrebbero potuto spararti?
- Eh... ma dovevo intervenire, non potevo lasciarli fare.
- Erano sicuramente mascherati...
- Sì, avevano il passamontagna.
- Ti è andata di culo... di sicuro erano stranieri.
- Slavi, certamente erano slavi, l'ho colto da come scavalcavano la ringhiera.
- Va be', ciao.
 - Ciao.

Le ore che precedettero quell'eroico atto furono trascorse nella rosticceria del centro, dove il segretario della sezione del Partito Comunistra gli offrì due panzerotti fritti, appena emersi dalla friggitrice, con il fumo che gonfiava il ripieno di salsa e mozzarella.
Egli, per sdebitarsi e per agevolare il transito intestinale di entrambi, offrì al compagno generoso un paio di birre vendute a saldo nella vicina sede del Partito Democratico. 
Bevute fresche tra un sigaretta e un discorrere sulle prospettive di rilancio urbanistico.

Tornato abbastanza presto a casa, il nostro eroe decise che dopo la tappa evacuativa in bagno, sarebbe stato meglio adagiarsi sul letto, perché l'indomani mattina avrebbe dovuto svegliarsi presto per preparare il suo consueto viaggio verso il nord italia.

Purtroppo il programma notturno non procedette come da schema. Suo fratello, infatti, ritenne indispensabile persistere con la luce accesa fino alle 2.30 perché non poteva assolutamente sottrarsi dall'intrattenersi in chat con qualcuna delle sue anelanti pie donne. Ed ovviamente non sarebbe stato accettabile per costui vivere dignitosamente il senso più profondo di quelle conversazioni, senza il sottofondo di musica porno-pomiciante da imboscamento maniacale.

Il contesto avverso gli impedì pertanto di crollare nel sonno, allorchè il furbo consanguineo, eseguiti i doveri notturni in omaggio alle sue amanti virtuali, sostituì al delicato sottofondo sonoro di cui sopra, un ronfar beato e appassionato, degno d'un lamento di bue impedito forzosamente dall'accesso alla sua greppia.

Assuefattosi presto a quel tumulto sonoro, ecco affacciarsi meschinamente il più arcigno degli ostacoli frapposti fra la sua persona stanca e l'agognato riposo: una austera e turgida erezione.

Intere settimane di astinenza sia di tipo condiviso che autonomo, si produssero, durante quella notte sfortunata, in una ribellione ormonale a cui la sua attesa paziente non seppe porre risoluzione. Il richiamo testosteronico, al contrario, s'andò via via intensificando, e cominciò a risalire i canali dell'animo per giungere a stringere d'assedio la mente, impegnata  a mantenere a favore dell'insonnia la prerogativa ipotecaria sui desideri notturni.

Il crepuscolo ante r.e.m. formattò i suoi pensieri a guisa di postriboli a cielo aperto, dove volteggianti sagome venivano scolpite da tale improvvisa intemperanza notturna, impresse da rintocchi di metallo regolari ed echeggianti.

Rintocchi che presto calamitarono la  sua attenzione, manifestandosi come urti soffocati su superficie metallica, simile all'opera di un fabbro. Ma alle 3.00 di notte, quale mai potrebbe essere l'opera umana così come percepita? Scavò nella sua mente confusa tra le bramosie disattese e non vi trovò alcuna ragione adeguata a giustificare la persistenza di quei rumori.

Allorchè comprese che qualcosa di oscuro era al lavoro, forse un erede di Efesto, forse uno di quegli spiriti da indigestione di cui sono pieni i racconti dei trisavoli. S'alzò, e scalzo con l'erezione tutt'altro che sopita, si diresse verso la sua finestra e provò a muovere le tapparelle.
Il livello di ansia irrobustiva l'intensità di quei rumori che sembravano adesso riempire lo spazio della sua stanza, e quasi rimbombare per tutta la casa. 
Possibile che questi suoni colpissero solo le sue orecchie e non anche quelle del fratello russante, o dei vicini chiacchieroni, o delle gatte in calore che colonizzavano il quartiere?

Possibile che la notte non riuscisse a produrre adeguati anticorpi naturali a quel dirompente agente esterno che stravolgeva il copione di una agitata notte di inizio estate?

S'alzò nuovamente nell'oscurità, e prestando attenzione a non urtare con gli alluci contro i muri, e a tenere largo il pigiama inferiore per mascherare l'origine dei suoi turbamenti, si diresse verso la seconda fonte di ronfamento della casa: la camera di suo padre.

- Papà!
- Eh! Che c'è? Che vuoi? - rispose allarmato
- Sento degli strani rumori metallici provenire dal cortile, vieni a sentirli anche tu.

Entrambi scalzi e ansiosi si diressero verso il finestrone che s'affacciava sul cortile malefico dove gli spiriti maligni stavano presumibilmente gozzovigliando. I rumori s'erano fatti più tenui e attenti, ma evidentemente esistevano anche al di fuori del suo cervello pervaso da "istinti tipo Natural Geographic, dvd n.5 - l'accoppiamento all'epoca dell'homo erectus".

Suo padre indugiò con la mano sulla maniglia della finestra, mentre lui gli era accanto, contento di aver constatato di avere ancora un barlume di lucidità. 
Il padre avvertì un rumore brusco di urto metallico. Decise. Aprì la finestra.

I due s'affacciarono sul cortile e la notte apparve loro pulita e disabitata.
D'un tratto, ai loro sguardi annebbiati,  si materializzò innanzi una scala, appoggiata alla parete del cortile. I due s'affacciarono meglio e a pochi passi da loro individuarno le sagome dei cattivi.

- Ehi! Disgraziato! - Urlò suo padre alla vista di quei manigoldi. E tre snelli esemplari di scassinatori di serie B in tuta metalmeccanica, passamontagna, dotati di picconi, tenaglie, e piede di porco, balzarono spaventati alla vista dei due nottambuli. 
Stavano tentando di divellere, in maniera molto discreta e con la delicatezza di una  ferramenta in fase di crollo, le grate delle prese d'aria dei cessi del bar sottostante la finestra da cui i buoni li avevano colti in flagranza.

A due metri di distanza, si fronteggiavano il bene e il male.

- Noi ce ne andiamo. Ma voi non chiamate nessuno. Non sono affari vostri. - Esclamò il leader degli "Ocean's three" degli sfigati, esprimendosi con un perfetto accento estremamente locale.

- Be', dai, andatevene, ché vi abbiamo riconosciuto. - Bleffarono astutamente i due paladini della giustizia in pigiama, in quanto l'unica cosa riuscita a quei tre deficienti era giustappunto il travestimento da palombari del deserto di ghiaccio venusiano.

- Anche noi vi abbiamo riconosciuto. Non chiamate nessuno. - Rispose il capo spedizione con aria di minaccia molto più  concreta. 
Mentre i tre scavalcavano il muro e la ringhiera del cortile per darsi alla fuga, rinuciando al loro ingente bottino costituito dall'incasso giornaliero di una macchinetta videopoker, la cassetta dei gettoni per il biliardo, e un paio di flipper, le menti dei due paladini della giustizia si rivolsero ai pneumatici delle loro rispettive autovetture, o alle fiancate delle stesse.
E nello sguardo del padre che incrociava simultaneamente quello del figlio si sarebbero potute leggere queste parole:

- La mia macchina è al sicuro in garage. La tua no. Tié.

Ma affinché un tentativo di violazione della legge di quella gravità fosse punito fino in fondo, era necessario agire anche attraverso la leva pedagogica e redentrice. Conscio di questo, il padre si rivolse nuovamente allo sconfitto leader dei tre ladri fuggiaschi:

- Ehi tu! 
- Che c'è?
- Quella scala è vostra?
- Ah, sì!
- Toglietela da lì, portatevela via, ché dà fastidio.

Ed ulteriormente umiliato nella sua professionalità da scassinatore, il leader del gruppo tornò sui suoi passi per riprendersi la scala che stava dimenticando sul luogo del delitto.

- L'ordine prima di tutto. - Disse il padre al figlio, mentre spiegava l'accaduto al resto della famiglia destato dal vociare inconsueto, e prima di allertare le forze dell'ordine.
Intanto, l'insonne figlio provò a ri-adagiarsi sul suo letto. Ma comprese immediatamente che avrebbe dovuto porre rimedio alle sue turbe ormonali che gli impedivano un riposo ancor più meritato dopo il suo gesto eroico. 
Si recò in bagno, e s'abbassò i boxer affrontando direttamente il suo detrattore del sonno, ancora in ottima e vispa forma. 
Pensò che grazie a quell'erezione invincibile, quella notte, un crimine non ebbe modo di compiersi.
Trionfante d'orgoglio, prese piena coscienza della portata dell'evento, masturbandosi nell'accesa libido amplificata dall'autoesaltazione eroica.

Finalmente l'ormone s'acquietò. 
E tutti e tre gli eroi trovarono pace in quella notte in cui i criminali avrebbero dovuto temere più d'ogni vigilanza notturna, più di una ronda leghista della brianza, più di robocop, la benigna minaccia di un cavaliere oscuro, sempre vigile e attento nei boxer di un insonne.

L'indomani mattina il proprietario fortunato del bar era nel cortile a raccogliere le testimonianze dei testimoni oculari. 

- Grazie - disse il barista ai due giustizieri della notte.
- Grazie al "cazzo" - rispose il figlio, che cominciò a fantasticare in che maniera la leggenda si sarebbe diffusa tra le chiacchiere della città.

giovedì 8 settembre 2011

Two seconds, XL*


Alcor non trascorreva le vacanze solo con la propria ragazza da poco meno di 29 anni. E la cosa  deve aver avuto un effetto positivo sul suo organismo, perché, nonostante la pressoché invariata determinazione nel non praticare alcun atto finalizzato all'estinzione dell'adipe in eccesso, i suoi alunni l'han ritrovato più in forma e più giovanile (mah!).

Discrezione e buone prassi sulla tenuta della diplomazia familiare, quando vi è una particolare dedizione alla lettura, consiglierebbero di omettere dalla cronaca la pedissequa narrazione della vita di coppia vacanziera, nei suoi aspetti più intimi e appassionanti.

Ergo, escludendo dalla celebrazione di quei venti giorni, tali estasiatici dettagli....

... ... ...

...Racconto completato.






* il titolo del post non allude ai tempi di reazione di Alcor nei riguardi della massima espressione di bellezza in circolazione nel sistema solare, bensì ad un particolare equipaggiamento da campeggio.

domenica 4 settembre 2011

Ad ognuno il suo cattivo gusto


- Ma insomma! Ti sembra giusto?

- Coerente.


- Se non ce lo diceva la tua ragazza di questo "coso" dove scrivi, non avremmo mai letto un messaggio, un biglietto, un qualcosa!

- Che cazzo vuoi, oh?

- Come, "che cazzo vuoi"? Ti sei suicidato!

- Non si chiama "coso", è un blog. E comunque ve l'avevo detto, e con un lessico abbastanza comprensibile per il vostro basso profilo scolastico.

- Ma quando ce l'avresti detto?

- Ma a pranzo, cretino, poco fa.

- Ma quando?

- Mentre mangiavi il polpettone e ti accusavo di non aver mai voluto riporre un centimetro di fiducia nei miei confronti, lasciando che io stesso mi convincessi che non ne valeva la pena.

- Mi hai detto queste cose? Ma io non ricordo!

- Certo che non ricordi, te le ho dette parlando ad esempi, a parabole... avresti dovuto capirtlo, da solo, senza disegnino.

- Potevi essere più chiaro però!

- Ma dove cazzo hai sentito mai di uno che si suicida dopo aver ponderato la cosa in un dibattito luculliano... sei scemo?

mercoledì 27 luglio 2011

Le invasioni barbariche


R. accese una sigaretta, chiuse la macchina e si diresse verso la porta di casa. Man mano che si avvicinava teneva la sigaretta il più possibile nascosta nel palmo della mano piegato a coppa, e con il braccio steso, tendente a celarsi dietro la schiena.

Tirava fumate rapide e frequenti. Se qualcuno l’avesse visto fumare non sarebbe successo nulla, ma lo sguardo riprovevole di suo padre, che di lì a poco sarebbe giunto anch’egli in prossimità del portone, era quanto di meno sopportabile vi potesse essere, soprattutto dopo una serata di indigestione da parenti.

Una volta s'era abbandonato ad uno sfogo nella cui requisitoria ricondusse, con deplorazione, le cause della sua irascibilità sociopatica  all’attrito vischioso con cui si sviluppavano le conversazioni apparentemente più innocue tra lui e i suoi vecchi.

Suo padre, che riteneva di essere invaso da una innata condizione di impunità, non riteneva plausibile l’ipotesi sostenuta dal figlio, secondo la quale  sarebbe stato lui l’induttore della condizione disadattante del proprio pargolo, e che l’incessante opera di messa in luce delle manchevolezze da parte di quest’ultimo rientrasse nel novero delle indispensabili competenze paterne, volte al progressivo ripristino della perfettibilità dei propri derivati cromosomici.

In virtù di questa missione egli sarebbe stato l’infallibile censore di ogni azione dei propri figli, nonché il vate pronto a svelare anzitempo le conseguenze di ogni loro proposito, facendosi beffe del simulacro ordinario dell’imprevedibilità degli eventi.
Era un rigido assertore della programmazione, e non riconosceva smentite, poiché negli anni aveva accumulato un forziere di giustificazioni applicabili a qualunque situazione.

Mentre R. indugiava con la sua sigaretta sotto il portone, osservava con una parvenza di invidia la leggerezza con cui gli avventori del bar lì vicino seguitavano  ad accumulare vuoti a rendere di birra, discutendo animatamente circa le modalità di conservazione della ‘nduja calabra, e dei processi di lavorazione dello champagne.
Parole distinguibili tra rombi di motociclette, palle di biliardo che rimbalzavano al suolo, bestemmie di ogni genere e risate accalorate.

La contemplazione di tale eldorado fu bruscamente interrotta dall’arrivo della macchina paterna. Il finestrino si abbassò e lo sguardo del padre conducente si fece più distinguibile.
Quei pochi secondi di silenzio sembrarono pesantissimi ad R., che senza alcun motivo,  sentì di dover giustificare l’indugio sotto il portone. Fece finta di frugare nelle tasche della sua giacca ed estrasse solo foglietti a caso.

-  Non trovo le chiavi di casa. Le ho lasciate in macchina. Spero ci sia qualcuno che possa aprire il portone.

Il padre non disse nulla e andò a parcheggiare il mezzo. R. suonò il campanello e rientrò a casa.

Sentì d’essere scosso dopo che s’era appena assopito dinanzi alla tv che trasmetteva la rassegna stampa del giorno dopo.

- Vai a recuperare le chiavi di casa dalla macchina. – Impose suo padre.

- Ci andrò domattina.

- Ci vai adesso, così impari a dire ad alta voce che le chiavi di casa tua sono in macchina, informando la platea dei probabili scassinatori che popola il bar, su come svaligiarci senza fare tanto rumore.

R., si convinse del pericolo, si rivestì e tornò verso la sua auto per recuperare le chiavi di casa. Aprì lo sportello e le chiavi non c’erano.
Cercò dappertutto ma delle chiavi di casa, in macchina, non vi era traccia.

Rientrò a casa e comunicò a suo padre l’esito negativo della missione, lasciando che fosse lui a far emergere le conseguenze di quello stato di cose.
E per suo padre non vi era alcun dubbio: gli scassinatori che popolavano il bar, appena furono edotti dell’ubicazione delle chiavi del loro appartamento, dalle avventate parole di quello scriteriato di suo figlio, cessarono immediatamente di conversare sui metodi di conservazione della ‘nduja calabra e avevano provveduto ad aprire la macchina di R. per impossessarsi delle chiavi in maniera pulita e senza lasciare traccia, riuscendo persino a richiuderla per non destare sospetto.

Egli sapeva benissimo quanto si fossero evolute le tecniche raffinatissime di scassinamento eseguite in maniera delicata e chirurgica.

Una volta il padre di R. sentì di scassinatori che usavano un particolare gas sedante che consente l’esecuzione notturna dei furti mentre le vittime sprofondavano in un sonno quasi comatoso.
Era sicuro che il loro appartamento prima o poi sarebbe finito in cima agli obiettivi sensibili delle bande che imperversavano in tutta la provincia.
Quell’idiota di suo figlio aveva agevolato la scalata nella top ten dei colpi “sicuri”.

Quella notte non dormì, perché prima o poi sarebbero giunti e avrebbero aperto facilmente il portone con le chiavi di R., avrebbero liberato il gas, e lui al suo risveglio non avrebbe trovato neanche  i cessi del bagno.
Ogni minimo rumore lo insospettiva e gli imponeva di alzarsi da letto per controllare che non vi fosse nessuno in casa. Girava per le stanze da letto, e giungendo nella stanza di R. lo vide dormire tranquillo, digrignando come sempre, e sprofondato nel suo sonno indifferente alla perniciosa sorte che di lì a poco sarebbe capitata per causa sua.
Avvertì un senso di frustrazione e rabbia per la mancanza di condivisione del dramma, proprio da parte del suo principale responsabile.

Ma la notte trascorse senza alcun tentativo di scasso. Il padre di R. asserì che era prevedibile, che una banda di professionisti non avrebbe agito immediatamente, perché si sarebbero aspettati delle contromisure immediate che notte dopo notte sarebbero state allentate da una falsa rassicurazione.
Egli non sarebbe stato gabbato, a differenza di quello che i malfattori pensavano.

Ogni notte avrebbe vigilato per controllare l’origine di ogni minimo scostamento d’aria in casa. Ovviamente non si fidava minimamente della collaborazione di moglie e figli, soprattutto quando la causa di quell’imminente sventura  era stata proprio la noncuranza  di uno di questi.
Era cosciente che avrebbe dovuto compiere quell’eroico salvataggio da solo. Non dormì per giorni divenendo sempre più intrattabile e severo, intollerante e iroso.

Dopo una settimana molto complicata R. decise che avrebbe dovuto porre fine a quel tormento da lui cagionato e che si ripercuoteva sulla tenuta mentale del padre, minando la consistenza stessa della sua famiglia.
Approfittando di una passeggiata investigativa del suo vecchio, decise di agire autonomamente, per dimostrare che anche lui era in grado di fare la sua parte per tutelare l’integrità dei suoi cari.
Fece cambiare la serratura della porta di casa, in maniera tale che anche se gli scassinatori fossero giunti non avrebbero potuto utilizzare le chiavi che egli aveva incautamente dimenticato in macchina.

Si sentì soddisfatto perché per la prima volta aveva posto rimedio ad un danno gigantesco derivato dalla sua insicurezza insanabile, ed alla quale s’era ormai rassegnato. Quel gesto riparatore lo avrebbe riabilitato al severo giudizio del padre e gli avrebbe infuso la tranquillità di non essere una merda di  livelli irrecuperabili.
Per la prima volta attese il ritorno del padre per giovarsi del meritato premio al coraggio.

Il padre tentò di aprire la porta di casa con le sue chiavi e non ci riuscì, così, sospettoso, suonò il campanello. R. corse ad aprire.

- Che è successo qui?

- Perché?

- Le mie chiavi non funzionano, e cos’è tutta questa polvere intorno all’uscio?

- Papà ho fatto cambiare la serratura, per stare più tranquilli. Adesso non c’è più da preoccuparsi. – Pronunciò quelle parole con insolita fierezza.

- Sei un coglione, R. 

- Perché papà?

- Una volta giunti sull’uscio di casa, annusata la preda, pensi che si fermeranno dinanzi ad una contromisura così scontata? Possedere le tue chiavi, stronzo, li avrà talmente allettati che una serratura nuova non basterà a farli desistere. Scassineranno la porta, ecco che cosa faranno! E magari diventeranno anche violenti se qualcuno dovesse tentare di intervenire per via del rumore che saranno costretti a fare. Potrebbe scapparci il morto, imbecille, capisci!!! Tua madre o tuo padre potrebbero morire perché un cazzone come te ha dimenticato le chiavi di casa in macchina, e lo ha urlato ai quattro venti.

- Ma io pensavo che….

- No! Tu non devi pensare! Dov’è la vecchia serratura?

- Nel ripostiglio.

- Vai a riprenderla.

- Vuoi rimontare la vecchia serratura?

- Certo, imbecille, continueremo le ronde. Anzi, TU continuerai le ronde.

Dopo qualche giorno, la madre di R. lavando la giacca di R. vi frugò nelle tasche, e vi trovò le chiavi che si pensava fossero state trafugate dagli scassinatori.

- È un cazzone, lo sapevo io. – Sentenziò il padre di R.

lunedì 23 maggio 2011

Stuck in the middle with you


Non so come sono capitato qui, stasera. Avevo la vaga sensazione che qualcosa fosse stata scorretta. Ho persino temuto di non reggermi bene seduto alla mia sedia.
Mi chiedo se sarò nelle condizioni di scendere incolume lungo le scale.

Starei qui ad ascoltarti per ore, riuscendo persino a lasciarti parlare senza interromperti con il mio ego smisurato che s'apposta come una volante dei carabinieri a valle di una strada in discesa.
Mi concederei solo di difendermi con una chitarra, mentre mi narri qualunque cosa sfoci dalla tua testa.
Arpeggiando un blues che non ti dia fastidio, e mi renda ancor più dolce il lasciarmi trapanare la mente dall'incisività dei tuoi occhi. Vere e proprie armi di beatificazione di massa.
Uno sguardo che demolisce la paziente opera di lucifero in questo mondo, una sorta di lavacro primordiale che impatta sulla coscienza come acida pastiglia in una fossa biologica.

Quelle tue parole che cancellano con una sola
detergente frase anni di soprusi inferti dalla pacificatoria necessità di non ignorare del tutto l'esistenza di congiunti iscritti nel miserrimo club dei possibili figuranti nel testamento.
Necessari solo come ultima spiaggia, come una pensione di reversibilità, come testimoni di un tamponamento a catena. Utili come pastorelli in un presepe inscenato ad agosto, opportuni come una pallottola nella nuca nel giorno del proprio onomastico.

Ti ascolto, e le tue domande penetrano nella mia anima come una flebo fresca e delicata dopo anni di erranza in un deserto senza escursione termica.
Mi sorridi, e mi sembra d'essermi improvvisamente lavato senza petali di rosa nel Lete, al cui confronto le terme di Caracalla assomigliano ad uno stagno radioattivo di Fukushima.

Vorrei ascoltarti per ore, mentre ogni tanto sorseggi da un calice di primitivo di quelli buoni che s'approria di tutta l'invidia di cui sono capace per la goduria di sfiorarti le labbra.
E ogni tanto ti lasci andare ad espressioni di cui ti vergogneresti se bevessi solo ossido di idrogeno, ma che ti rendono ancor più pura e presentabile al mio intelletto severo come uno sportello di orientamento al lavoro, popolato da addetti di un centro per l'impiego a cui viene imposto un inspiegabile straordinario.

Ingoieri il plettro per non doverlo perdere nel posarlo da qualche parte in evidenti condizioni di sbronza da conversazione, e ti tenderei la mano per invitarti a guardare Giove in un cielo d'estate.

Che poi tutti si chiedono del perché sia sempre Giove, e a ciascuno di questi luridi usurpatori di ossigeno pubblico, circolanti senza coscienza di classe a piede libero sul pianeta, consiglierei di sparire dalla scena del creato finché non abbiano appreso quale grande mistero si cela dietro la venuta dello Starchild.

Che altrimenti crepassero per avvelenamento da merendine infette.

Ma tu no. Lietamente verrai, come una commessa a sei zeri, come un container da 40' di voluttà, come un ordine franco destino di invidiabile grazia.

E non sarà solo il solito lapillo che incendia  l'ebbro vascello in fuga.

lunedì 9 maggio 2011

Al sodo


Bene, visto che ci siam trovati, e abbiamo resistito qualche minuto senza avvertire l'esigenza di rimuoverci reciprocamente dalle compagnie, preferisci che perda tempo nell'invitarti a prendere un caffé, o possiamo procedere col fare sesso senza tante ipocrite cerimonie?

lunedì 6 dicembre 2010

Monologo interiore


- Ci sono dei files sparsi nella mente che rallentano i tuoi processi, Alcor. Li dobbiamo archiviare in un'unica cartella. 

- Va bene.

- Come prefersci che la chiamiamo la  cartella: "esperienza" o "inculate"?

- È lo stesso. Fai tu.

domenica 28 novembre 2010

Top secret


Pare che wikileaks abbia appena rivelato una verità sconvolgente.

Qualcosa che nessuno si sarebbe mai immaginato: il Cavaliere è solito organizzare feste selvagge.

Dopo la scoperta dei celatissimi covi di Provenzano e Iovine, che nessuno avrebbe mai potuto immaginare si nascondessero nei loro domicili, si attende ora una clamorosa rivelazione circa il ruolo  esercitato da Luciano Moggi nel mondo calcistico tra la fine degli anni '90 e inizio anni '00.

Se solo Wikileaks potesse entrare nella mia mente e frugare tra le opinioni che ho di voi, frequentatori di questo blog...

lunedì 1 novembre 2010

Modelli



- Alcor sei un bel ragazzo, ma mi sa che non sei il mio tipo. Peccato.

- Non sono il tuo tipo, me ne farò una ragione. Ma non ripetermelo ogni 5 minuti.

- ...eh sì....

- Tanto sei tu che creperai tra i rimpianti.

- Però sei paziente...

- ....

- Ti sei offeso, Alcor?

- Macchè! Per essere offeso devono trafiggermi il costato con una lancia da centurione romano.



lunedì 23 agosto 2010

In missione per conto di Lenin

" - Sai cosa diceva Lenin? Tu cerca la persona che ne trae beneficio, e..., e... insomma...

- Obladì Obladà!

-...insomma... avrai... capisci cosa voglio dire?

- Obladì Obladà!

- Quella fottuta puttanella!

- Obladì Obladà!

- Quella... vuoi chiudere quella boccaccia? Non Lennon, Lenin! Vladimir Ilyich Ulyanov!"
Questa incapacità ad addormentarmi è tra le cause sostanziali della mia inconcludenza. E devo sbrigarmi, ché domattina devo continuare a mettere ordine. Non saranno quattro paginette da carcere morale a salvarmi.
Avrei dovuto fare l'artista.

Sì insomma, ci pensi che tra meno di una decina di giorni le cose potrebbero sistemarsi? Intendo una restribuzione stabile, un ruolo, una scrivania personale che nessuno dei tuoi colleghi è tenuto a usurpare senza giusta causa, risme di carta a volontà, il condizionatore coi bacilli, la pausa pranzo, gli scompensi alimentari della pausa pranzo, il traffico, i faldoni, la cravatta al posto della maglietta di emergency, la barba tutte le mattine anzichè una volta al trimestre... il week end di soli due giorni.

La sveglia alle 6.00, il caffè e la prima sigaretta che per pochi minuti sostituisce il cervello con un mantice da camino. Tutti i giorni. E se magari le cose non andranno né meglio, nè peggio, tutto questo rischia di prolungarsi per sempre.
Capisci? Fino al giorno in cui non avrò più il cielo in una stanza, ma in una camera ardente.

L'ideale sarebbe quella di andarmene a spasso con la laurea tra i rimpianti di tempo perso, e la vita scolpita nel taglio degli occhi. Ma occorrerebbe una maledettissima rendita.
Una bella fattoria di gnu alle pendici dell'Hymalaya. Che te ne pare? Coi secchi per pisciare, la resina per gli spifferi, e le pomate per i reumatismi ai piedi.

- Perché ci sono gli gnu in Nepal?

- Se non ci fossero si potrebbe ripiegare sui conigli e i bachi da seta, e poi  ci  si fa la tessera a slow food. Ovviamente ci vado solo. Vuoi venirci? Forse ti consentirò di venire a farmi visita.

- No, Alcor, non ci vengo. Magari rischio di trovarci quella che ogni tanto si rifà viva.

- No, mi ha licenziato da un pezzo. A mezzo telegramma, come fa Marchionne...

- Ah....

- Ti è piaciuto il cortometraggio sullo sfruttamento nelle campagne? Tra la Puglia e la Basilicata ogni anno migliaia di rumeni ed extracomunitari sono "utilizzati" per la raccolta dei pomodori. Ogni anno scoppiano casini perchè il prezzo dei pomodori  per i produttori primari è talmente basso che agli agricoltori non conviene nemmeno guardarli.
Tralasciando l'incidenza del malaffare più o meno legalizzato che gira intorno alla raccolta di questi maledetti ortaggi che tra l'altro mi fanno pure schifo, è il gioco della concorrenza internazionale a mettercela dritta lì, proprio lì.
Quindi che faresti tu, dolcezza?

- Alcor, sei ubriaco...

- No, è che non c'è alternativa... la produzione di cibo deve passare nelle mani dello stato... tutti i fallimenti di mercato sono di competenza dell'agente pubblico. Ma secondo te alla Puglia e alla Basilicata che fanno parte dell'OCSE conviene produrre pomodori? No! Li produciamo perchè siamo costretti, e siamo costretti anche a impiegare manodopera sfruttata, malpagata e frustrata per stare a galla, e che raramente si vendica stuprando qualche nostra compagna di scuola elementare.
Ma dobbiamo produrli 'sti cazzi di pomodori, perchè altrimenti sai che brutto avere una distesa di pannelli solari... Lo stato deve produrli, come monopolista, e redistribuire in maniera autarchica secondo quote e richieste, seguendo piani quinquennali ben organizzati...

- Alcor, hai terminato il comizio?

- Senti, no.

- Come: no?

- Non ho alcuna intenzione di dare il mio contributo nel farti rischiare una gravidanza. Mi dispiace, ci ho ripensato...

- Ci hai ripensato?

- Eh, sì... vedi, c'ho come una specie di blocco emotivazional  vitale come fosse antani., di cuio angaro tupio, capisci?

- ....

- .... Mi vedo una faccia davanti che sembra una vigilessa con la paletta alzata. E allora mi viene di oltraggiare la pubblica ufficiale... con lo scapellamento a sinistra.

- Sono senza parole, Alcor. Lo sai che sei un mascalzone?

- Sì. Fifty-fifty. E quello è Giove.


Non si è mai abbastanza crudeli verso il proprio passato.



«Any resemblance to people living or dead is purely accidental... Especially you... Bitch.»

 

martedì 13 aprile 2010

Only U

- Sai, Alcor, io ti penso sempre...

- Per fortuna ho un buon anti-spam e non me ne sono accorto.

sabato 27 marzo 2010

Faith

Lo so, nonna, che hai pregato per me.

La recita del Santo Rosario tutte le mattine alle cinque, il pane azzimo e la verdura amara, le invocazioni al cuore di Gesù, l'intercessione dei Serafini, le genuflessioni prima della puntura dell'insulina, l'acqua santa ...

Ma ho il vago sospetto che anche il curriculum abbia le sue responsabilità.

Ma è solo un sospetto, gli inquirenti accerteranno di chi è la colpa.

mercoledì 3 febbraio 2010

Schegge

Quelli che... si propongono di attraversare la strada al di fuori delle strisce pedonali, attendono la cortesia di chi si ferma per consentir loro l'attraversamento, e ne abusano ampiamente camminando alla velocità di un koala... oh yeah...

Quelli che... fanno gli autotrasportatori, si prendono in finanziaria più soldi loro dei magnifici rettori, e bloccano una statale per chilometri perché alla velocità di 50 km/h tentano vani sorpassi a vicenda... oh yeah...

Quelli che... l'UDC mi fa schifo!!! - E il PDL vince le elezioni... oh yeah...

Quelle che... Alcor dobbiamo fare attività fisica, dobbiamo andare in palestra, verresti con me che da sola mi annoio? Ma per fare attività fisica insieme dobbiamo per forza andare in palestra? Avrei delle valide alternative... oh yeah...

domenica 10 gennaio 2010

2036

Lo lessi su Repubblica qualche giorno fa, ed il corso di queste settimane si è inconcludentemente arenato. Come un calcolo nell'uretere che vanifica l'indegna opera dei reni.
Tra 26 anni l'asteroide 99942 Apophis urterà il nostro pianeta in un punto qualsiasi.

La noiosa notte di Capodanno da me trascorsa mi ha cagionato una tale ventata di pessimismo da prendere in considerazione l'ipotesi che, fra tutti i
5,100 656 × 1014  metri  quadrati della superficie terrestre, i 320 metri quadrati di questo matto sassolino riuscirebbero a coprire benissimo lo spazio che devo farmi a piedi da casa mia per raggiungere il posto in cui sono stato costretto a parcheggiare la macchina.
Qualcuno mi obietterà che sono troppo pessimista: perché quei 320 metri quadri di pietra cosmica dovrebbero proprio cadermi in testa? No, noi riformisti sappiamo accettare le sventure in nome del bene comune, la logica antagonista e no-global del "not in my garden" che frena lo sviluppo capitalistico non ci riguarda...

Il pessimismo sta nel fatto che mi sono immaginato nel 2036, a 54 anni suonati, ancora qui nel luogo natìo senza alcuna evoluzione: ad uscire dalla casa paterna, ed ogni volta indugiare per qualche minuto a cercare di ricordarmi se la macchina l'avevo lasciata 320 metri a nord, piuttosto che a sud... e non è un particolare di poco conto se consideriamo che tra nord e sud vi è una pendenza del 20%, e vi è una probabilità di maltempo pari all'80%.
Sì, insomma, Apophis avrebbe tutto il tempo di prendere la mira.
E non sarà certo il mio piccolo ombrellino automatico che pagai 9.00 dollari nella pharmacy sulla Avenue P a tutelarmi.

Oh... e pensare che stavo riuscendo a guarire la mia mente affosandola nell'affannosa ricerca di una soluzione che renda il socialismo marxista ancora compatibile con le caratteristiche salienti della società contemporanea. Ero talmente entusiasta da farmi venire orgasmi automatici dinanzi a possibili soluzioni che contemplassero una visione neo-internazionalistica che attraversasse per forza di cose l'orizzonte della costruzione dell'Europa politica e la formazione dell'esercito europeo.
Ero certo che l'impostazione dialettica reggesse in un impianto che sostituisce la lotta individuale alla lotta di classe. Devo ancora lavorarci, conosco la meta ma devo trovare un percoso logico-teoretico per raggiungerla, che non sia qualche visione indotta da intrugli di erbe al limite della legalità.

E invece no! Di nuovo scomodi pensieri  cagionati da articoli su certa stampa, deviata e comunista, che ci costringono a fare i conti con quell'amara evidenza che rende inutile ogni sforzo terreno, persino la dieta a base di cereali in bianco: la dipartita che attende ogni essere vivente al varco.
E pensare che ero riuscito a tenere a freno la mia passione sfrenata per il trash evitando di andare al cinema a vedere 2012... Una delle rare volte in cui una cazzata cinematografica riesce a far tirare un sospiro di sollievo, perchè è impossibile che gli autori di una così immane scemenza possano indovinarci. Basterebbe questo per annullare ogni timore e ogni sospetto che Voyager tenta di infonderci.
Secondo me era una strategia dei Maya per vendere più calendari. Un po' come Vanna Marchi. Almeno noi post-moderni per vendere calendari abbiamo pensato di esporre fiche, migliorando di gran lunga i servizi da offrire per combattere la solitudine e la malinconia.

Certo, è vero, si obietterà che il "limite" contribuisca a rendere ogni cosa più apprezzabile, ma esistono indubbi risvolti deprimenti in tutto questo... pensateci. Operare nel mondo come un'ape laboriosa per poi sentirsi lo sguattero di qualcuno che verrà a cuccarsi i frutti al posto tuo, quando tu sarai ormai diventato il concime dei cachi che lui si mangerà ad ottobre.

Ora capisco perchè quelli della prima repubblica ci hanno lasciato il debito pubblico, chiamali fessi. Devo assolutamente rivedere le mie posizioni su Craxi e sull'ipotesi che gli dedichino una via o una piazzetta a Milano.
Proporrò subito una petizione per l'abolizione del patto di stabilità e di crescita previsto dal Trattato di Maastricht, è ingiusto ai sensi dell'edonismo a cui la mia generazione ha diritto, cazzo.

A me non interessa un futuro migliore per i miei figli, anche perchè la sola idea di avere dei figli mi fa dilatare il colesterolo. E non perché sono un tipo irresponsabile, nossignore, diversi testimoni sarebbero pronti a deporre innanzi il tribunale di L'Aja che sarei un bravo padre. È che l'idea di qualcosa di regolare e predeterminato come la famiglia, le paghette ai marmocchi, la fila al patronato per la dichiarazione dei redditi, e i litigi coniugali sulla contrattazione dei menu settimanali, proprio non riuscirei a viverli.
Una galera per tutte quelle idolatrate arcadie che magari non esistono, ma che fa bene pensare in un punto X del mondo ancora da esplorare.
Meglio Apophis a quel punto, e non una noia mostruosa di fare tutto come un canovaccio goldoniano.

Oh, sono talmente attaccato alle cose... una voglia di trattenere il tempo e l'esistenza qui in una continua ebollizione di contemporaenità che non si estingue, cosparsa di cimeli, ricordi impagliati in qualche simpatico oggetto epigrafico. Persino le cicatrici fisiche hanno un senso, gli infortuni permanenti... la scottatura che mi prese entrambi i pollici mentre preparavo il caffè per una cazzona che non meritava manco un infuso alle alghe di Mururoa, l'alluce fracassato a New York che ancora mi avverte dei cambiamenti di correnti d'aria, il polso sinistro frantumatosi giocando a calcio in seconda media, e che scricchiola ancora quando mi produco in sforzi impropri.
Anche la mandibola malconcia retaggio di un incidente d'auto fatto da bambino.

Al contempo però che scatole la vita eterna... non c'è deterrente peggiore per i cattolici, nella loro opera di evangelizzazione, che promettere 'sta cazzo di vita eterna che può accattivare solo gli idioti che non sanno di quanto si annoierebbero. E con chi diavolo la dovrei condividere questa vita eterna, con dei babbei? Per piacere, ce ne stanno fin troppi nella vita a tempo determinato...

L'idea di una vita a progetto non mi dispiacerebbe, un po' meno quella a chiamata intermittente, di sicuro non part-time. Sarei favorevole al job-sharing esistenziale, ma con chi dico io.
Niente articolo 18, niente sindacati. Ichino forever.

Qualasiasi soluzione presa risulta sbagliata. Un po' come la faccenda della candidatura a presidente della Regione Puglia per la sinistra, o centrosinistra, o centrocentrosinistra.

Verrà la morte, e avrà gli occhi della maestra d'asilo che mi ha riempito la coscienza di simpatici traumi infantili.
Finirà, forse prima ancora che io diventi un vecchio zoppo che va a fare la spesa guardando male gli immigrati e maledicendo il governo per la pensione; non avrò mai girato un film vero, e le mie pubblicazioni saranno talmente insignificanti da potersi scaricare gratuitamente da internet.

Resterà questo inutile blog che mi ha rovinato gli ultimi tre anni, anonimo, e di autore ignoto.
E resteranno quelle pagine stupide, figlie di una dolcezza che mi hanno scippato. E non ho sporto denuncia perché in fondo coltivare l'ingiustizia è una forma di eredità che lasciamo ai posteri. L'eredità del socialismo, che ha un senso in quanto argine all'ingiustizia. Se vi lottiamo e la sconfiggiamo avremo un mondo dove il socialismo non esisterebbe.
E le mie elaborazioni sarebbero, appunto, inutili. E ritorniamo al punto di partenza.

Dio, che pensiero deprimente...

mercoledì 11 novembre 2009

Mobiles

Ci sarà un metodo più rapido ed ottimale per travasare centinaia di numeri di telefono dalla rubrica di un cellulare vecchio a quella di un cellulare nuvo.
Esisterà di certo.

Ma riscrivere uno per uno quei numeri ti aiuta a ricordare episodi di incontri fugaci all'ombra di un rametto di ulivo... quei "ti farò sapere" che poi non si è saputo più niente... quelle volte che come schegge impazzite si è arrivati a collidere... quelle prese in carico dei drammi umani... quei discorsi più o meno imprenditoriali più o meno senza soldi, nemmeno per richiamarsi... ed è lì che ti accorgi di quanto sei stronzo a circondarti di gente, che non serve a un cazzo.

venerdì 4 settembre 2009

Dirty world

- Alcor, ma tu sei troppo... composto... pantaloni, camicia, giacca. Non un tatuaggio, non un pezzo di ferro che ti trapassa qualche membrana...

- Però ho gli occhiali sporchi, se ti interessa.


Lady MacBeth era una gran puttana.
Faceva freddo, il mio giubbotto assicurava una nobile funzione non su di me, il count down galoppava, avevo fame, ed avevo gli occhi vigili.

L'iconografia classica raffigura lo spirito santo come una bianca colomba spurgata dal cielo, avvolta in un fascio di luce, latrice di multiliguistiche virtù.

Non avrei mai pensato che avesse  potuto assumere le sembianze del mio grigio F train, sbucato da una galleria con le mattonelle divelte dalla muffa ottocentesca, e il ritorno alla lingua madre.

Dio è più ironico di me. Per questo non lo sopporto.
Sono abituato a vincere facile, o quanto meno a giocarmela ad armi pari. Ed io non ho il potere di cagionare cose meravigliose come il diluvio universale, il genio di Wagner, e qualche edizione limitata di eredi della costola di Adamo.