lunedì 28 febbraio 2011

Deregolamentazioni domestiche


Un mercato efficiente è quello che fa aderire pienamente domanda ed offerta senza distorsioni oligopolistiche, senza regolamentazioni che standardizzano l'offerta di beni e servizi, senza asimmetrie informative e azzardi morali.



Noi, che crediamo che il libero mercato sia uno dei pilastri della dignità umana, riteniamo si debba partire dall'autodeterminazione più  elementare.



Indi per cui sono stati introdotti nell'economia domestica: l'oliera a tavola per consentire l'applicazione delle dosi di olio, sale e aceto in base alle preferenze di ciascun commensale; e cancellata, con un emendamento, la norma non scritta che prevedeva un conferimento di zucchero direttamente nella moka, non tenendo conto della domanda di dolcezza di ciascun degustante.

venerdì 25 febbraio 2011

Mancato abuso di potere


L'alunna bona che ebbe l'ardire di contattarmi su facebook ---> scoprire che è follemente innamorata di una sottospecie di fustino incelophanato---> auspicare che costei abbia un adeguato livello di troiaggine interna---> essere però conscio che le troie non mi garbano---> tornare a fantasticare di profanare una giovane suora.  

giovedì 17 febbraio 2011

Cracking Life


Si potrebbe pensare che ogni moto umano possa essere generato da combinazioni molecolari reagenti agli eventi esterni. Se così fosse sarebbe finanche prevedibile la vita di un uomo con una funzione che catturi le interminabili variabili di cui si compone l'esistenza. Tutto a partire da coefficienti e costanti proxy proprie di ciascun indiviuo.

Una siffatta mega funzione ad n variabili consentirebbe di programmare le interazioni interne ed esterne di un popolo. L'intera storia dell'uomo racchiusa tra le calorose braccia di due assi cartesiane. Senza asintoti a cui applicare le ventose dei nostri limiti, tutti tendenti a meno infinito.

Una patria aritmetica dove gli illuministi avrebbero il giusto ristoro per il tentativo di riportare l'orizzonte entro confini manipolabili.

La bellezza codificata perderebbe senso, ma sarebbe il prezzo di un'equità senza scorribande e distorsioni a cui andrebbero a sommarsi positivamente le esternalità di una linearità sempre più semplificata.

E allora sarebbe evidente, e del tutto normale, che andare a puttane è molto più economicamente efficiente ed onesto, che spendere tempo, soldi, e proteine per delle bastarde dagli aleatori circuiti mentali.

sabato 12 febbraio 2011

Cantico 'e criature


Domani io andrò a pranzo dai miei zii. Capita ogni domenica da circa un mese, ogni volta da zii diversi.



Una fenomenale pulsione di generosità tanto esagerata quanto molesta rispetto al proprio cronoprogramma a breve termine.



Una gara di impropria solidarietà dettata da una sostenibile contingenza, che rischia di trasformarsi in una competizione olimpica che iscrive tutte le ramificazioni del parentado diffuso.
Gente che mi curavo di avvicinare nei soli periodi elettorali chiama alle ore più impensabili per sincerarsi della nostra sopravvivenza. Una tracotante attenzione che ha avuto il significativo effetto di farci staccare il telefono fisso e di farmi stare quante più ore possibili lontano da casa.



Ma la domenica il fervente affetto dei parenti va incassato tutto, a cifra tonda, senza rendere il resto. Nemmeno la dissenteria potrà salvarci.



Commentando il dì venturo, mia sorella esprimeva l'auspicio che al banchetto domenicale in trasferta potessero prender parte i miei cugini con relative mogli e prole.



Mogli e prole che io non ho mai incontrato in vita mia. Domani avrò l'opportunità di conoscere due mie cugine acquisite ed un bimbo di cui ignoravo l'esistenza.




- Quanti anni avrà il piccolo?

- Quasi tre anni.

- Tre anni???

- Sì, tre anni, Alcor. Alle spalle della tua ignavia il mondo si evolve. E se non dovessi ricordartelo, sappi che il cugino X si sta iscrivendo alle superiori, mentre la cugina Y il prossimo anno andrà alle elementari.

- Ed io che ero rimasto a due batuffoli cromosomici... il tempo passa, cara sorella. Cazzo, è proprio vero, stiamo morendo.

- Fanculo fratello Alcor, tu ed i tuoi sconvenienti approcci all'esistenza. Io non voglio pensarci.

- E invece no, devi pensarci, sorella. E riderci di gusto per domarne l'impeto. Imbrigliare ogni depressivo imbuto dell'incoscio in una folgorante risata.
Ci vuole tempo, ma tutto apparirà poi così spoglio di una qualsivoglia attesa. Lo stesso concetto di speranza sarà un'arma spuntata da barattare con una mega offerta 3x2 sulla maionese. Asciugare la vita da ogni ricerca di senso che rischia di far male alla vista peggio di una reiterata e recidiva autarchia sessuale.

Che poi un senso lo acquisterà comunque, ma data l'inaffidabilità dell'animale in noi è meglio che il senso germogli a nostra insaputa.

Ecco stasera, infermo e annoiato, mi ci vorrebbe un pompino ben impostato per accettare, senza reclami, l'idea che si debbano aprire gli occhi ogni mattina senza concedere al mondo il consenso al trattamento dei propri dati esistenziali.

domenica 6 febbraio 2011

Appello


Opinate quanto volete, ma utilizzare lo strumento della petizione per chiedere ad un governo di andarsene mi sa tanto di patetico.



Sembra l'opporsi ad un bombardamento di B52 con una cerbottana caricata a palline di carta.



Pare più un tentativo di ricordare all'umanità ridente che esistiamo anche noi: impavidi novelli david disarmati.

Ma Golia non cadrà sempre sotto gli attacchi delle fionde.

venerdì 4 febbraio 2011

La versione di Alcor


http://lapennadeldiavolo.splinder.com/post/23949064/mizar

Crede che non mi stia accorgendo del suo sguardo, che non me lo senta aggrappato al collo come un franco bollo leccato e premuto su una cartolina di carne.
Non la guardo perchè è carina, e se per caso avesse consapevolezza di questa mia valutazione segnerebbe subito lo scacco al re.
La conosco poco, in verità, ed il mio giudizio è distorto da quel m.c.m. al denominatore dell'esistenza di ogni donna.
Ci ha già provato una volta a darmi scacco, quando si propose di iscrivermi ad una associazione di  astrofili sostituendosi alla mia venerabile accidia. E stasera mi ha condotto fin qui, a fare una cosa che non facevo dai tempi dei primi
disordinati peli sul mento.



Testarda e ardita. Mi chiedo come mai non mi consideri alla stregua del Corvo Joe.

- Dovresti osservare il cielo, non me - la mia coda dell'occhio, come ogni mia estremità, non mi tradisce.

- È quello che sto facendo, che ti credi? - Mi ha risposto acidamente come se l'avessi beccata a spiarmi nel buco della serratura dell'animo. "Che ti credi..." Se non fosse stata bona non le avrei perdonato questa bestialità: "la bellezza è la migliore delle lettere di raccomandazione", mi biasimavo citando intra-mente un amico che citava Balzac.

Va verso il suo telescopio. Un rifrattore che qualche anno fa mi avrebbe fatto gola, prima che mi intorpidissi. Ho trascorso la mia adolescenza a ricopiare mappe e schemi di una volta celeste sempre superficiale. So dove collocare nel cielo oggetti che ho visto solo in fotografia. Ricordo quel vecchio binocolo 10x50 che riuscii a raccattare dalla spartizione dell'eredità di mio nonno.

Io non l'ho mai guardato fino in fondo,  il cielo. L'ho sempre e solo spiato da lontano.
Ad una minima e invalicabile distanza.


- Vorrei vedere M101 - sentenziò. - Che ne dici? - M101 è il mio oggetto preferito. Ma non posso dirglielo.
- Il tripudio della banalità, - fingo - perché non proviamo qualcosa di più difficile?
- Fai tu allora, Zichichi
.
- Mi cede lo strumento. Lo tocco per la prima volta, e per la prima volta credo di poter saltare quella barriera.
- Eh, non ho molta scelta, alla tua latitudine non si vede neppure il pesce australe, è un disastro, vado nel cigno. - Un attimo -  Prego Dott.ssa Hack, la nebulosa Velo tutta per lei.




Glielo dico con "animo fiero e disdegnoso molto", e accendo una sigaretta arcuando le labbra e socchiudendo gli occhi. Questo particolare non è presente nella sua versione, ma nel mio lato oscuro della luna invece è presente.
Rimbrotta qualcosa con il malcelato fine di parare il colpo. Non bado ai farfugliamenti. Adesso tocca a lei.

- Eccoti qui, guardati, osserva la tua stella omonima, mio caro collega astrofilo, è una stella doppia.

Alcor, ha puntato su Alcor. Mentre sono curvo sul telescopio e osservo le due stelle, Alcor e Mizar, mi si accosta languidamente e mi sussurra all'orecchio: Alcor, dov'è la tua Mizar?

- L'ho segregata sottochiave. – Sbattendole in faccia l’uscio dell’animo e sbarazzandomi lesto del suo tentativo forzoso di costringermi a vedermi vivere attraverso quel canale ottico non abbastanza stretto da escludere Mizar dalla mia contemplazione.
Quello che si vede ad occhio nudo può essere la versione nascosta che non desta interesse, quella palesata e inflazionata che recita gli addendi di un conto varato al compimento dei giorni. Uno scomodo rivestimento estraneo alla meticolosa opera di raffinamento che viene pazientemente eseguita nel pertugio inaccessibile senza l’ausilio di una lente a rifrazione.

 - Allora Alcor quando ti degni di ricominciare a scrivere racconti per la Penna?
- È  un periodo di merda Ale, sono incasinato con il lavoro.
- Ti devo pagare per convincerti?
“Mi faccio pagare solo in natura Ale, lo sai.” Questa frase della sua cronaca dimostra che non mi conosce. Non avrei mai esposto un concetto così scontato ed in maniera così scontata.

- Eh lo so senza di me il livello è basso, me ne rendo conto – Non amo giudicare, ma volendo incorrere in errore penso che in verità ci sia un buon 80% di cessi.
- Non sempre, alcuni sono davvero bravi e lo sai benissimo.
- Ah si? Ma per favore Ale... fammi un esempio
- Be’ per esempio Bango...

Ah, quello che va in giro a dispensare consigli su come scrivere… Ecco, se qualcuno venisse a darmi un’opinione su quello che scrivo gli rutterei violentemente in un occhio. Con che diritto mi si verrebbe a dire che scrivo bene? Al giudizio di chi dovrei essere continuamente sottoposto?
Quanti sono i telescopi implotonati e tesi a sparare sguardi recidivi sulle altrui vite?

Bofonchio qualcosa per non essere scortese, ma so che il mio inconscio malefico ha camuffato con cortesia quell’atavico maschile predisporsi a meritarsi un amplesso, qualora avesse lasciato intendere di propormelo, e qualora avrei sicuramente lasciato intendere di rifiutare, ringraziando per il pensiero. Perché talvolta basta sentirsi meritevoli.

- Comunque non è mica l'unico che scrive decente, Ale – La assecondo.
- Ah si? Fammi tu un esempio ora.
- C'è anche Psicotica che scrive bene, è un “portento” – valutazione espressa al netto di ogni massima di Balzac, e nonostante sì, credo ci sarebbe anche da restare incantati. Inoltre la parola “portento” non mi piace, non rende giustizia al concetto che vuole esprimere.

Ridiamo infreddoliti sotto un cielo di stelle, dopo una serie di piacevoli rimbrotti.

Credo stia provando a guardare Mizar, e mi sembra di vederla tremare nel fondo dei suoi occhi. Un tremore che piano si estende a tutto il suo corpo, fino a farla accasciare a terra dinanzi a me.
Le urlo qualcosa in un istinto esteriore, ma la osservo placida sorridere con gli occhi succhiati da quell’empireo a cui era solita tendere ogni venerdì sera. E forse Alcor la sentiva molto più affine, in quell’attimo di dispersione.

Tuttavia avrei voluto chiederglielo, così, disinteressatamente, visto che mi stava precedendo nei tetri Campi Elisi.
Avrei voluto chiederglielo, visto che era ormai defunta ai miei piedi, visto che aveva voluto forzare la mia accidia per farmi iscrivere all’associazione di astrofili, se avessi potuto tenerlo io il suo telescopio. Tanto a lei non serviva più.