sabato 8 luglio 2017
Apocalypse Later
sabato 27 novembre 2010
Saturday Night fever
Si tratta del terzo sabato sera consecutivo che trascorro a lavorare. Non che me ne sia fottuto mai una mazza della collocazione delle mie esigenze in una convenzionale casella del calendario.
Anzi, una volta mi è capitato di leggere un proclama emanato da una delle menti più sottili che mi sia mai capitato di incontrare, che proponeva una petizione a favore dell'abolizione del culto del sabato sera.
Io il sabato non mi faccio la barba e non cambio cappotto. Ma continuo a chiedermi se non fosse più sano tentare di guadagnarmi un ruolo standardizzato stile ragioniere anni '50, con gli orari predeterminati ed un salario che non riserva sorprese di nessun verso vettoriale.
Le toppe ai gomiti, il fordismo da ufficio, i mocassini, i furti d'ombrello e il pandoro aziendale.
La cervicale.
Ozio programmato con cui acconciare le tesi idonee ad essere confezione ad arte e consegnate nelle improvvide menti che bussano alla ricerca di comprensione e pietà.
La normalità è una santa e dignitosa conquista all'interno della quale preservare un'integrale unicità. Per questa ragione mi sta bene anche trottorellare senza tregua e senza trincee.
Senza sosta, come una particella di sodio nella vescica di un vecchio incontinente.
giovedì 20 agosto 2009
mercoledì 5 agosto 2009
Lame duck
Il cibo giapponese fa schifo, ed ingurgito litri abnormi di caffé.
Intanto ha smesso di piovere.

se mi vedi che mi scappa il piede e scivolo
un mio ritmo di passione
e di tentazione avrei
i tappeti dai palazzi
far volare saprei
venerdì 31 luglio 2009
Alcor Act
tutte le possibili modalità di cazzeggio.
che secondo il mio coinqulino si risolverebbe tutto nel procacciarsi al più presto una qualsiasi chiavata;
se questa condizione dovesse oltremisura persistere, provvederò a farmi le trasfusioni di LSD (o farò analizzare il garlick in polvere che temo sia nevro-stimolante);
di quanto detto,
E mi chiedo perché quando sono arrivato qui non m'è venuto in mente di spacciarmi per uno scrittore, un poeta, un attore... (porno, se non avessi l'ormone surgelato).
Ho capito perché qua mi è ri-esplosa la voglia di scrivere: ho ricominciato a parlare da solo, a pensare.
Mentre quando ero in Italia, da politico, non facevo altro che parlare all'umanità.
astenersi, dunque, dal rompermi il cazzo.
New York, July, 31 - 2009
Alcor
sabato 27 giugno 2009
ESTA status Update
Ritengo giusto dichiarare guerra agli Stati Uniti.
Come i giapponesi, resisto.
Non vedevo una partita dell'under 21 da quando ero un under 21.
Come cacarsi il cazzo a Roma. Ne sono capace.
domenica 22 marzo 2009
Seaspotting
Una specie di zanzariera molle a maglie larghe ricopriva le dune per bloccare le folate di sabbia. Efficiente come un frullatore da bancarella filippina alle prese coi cubetti di quarzo, temeraria quanto la dogana mentale che isso a tutela dell'autarchia dei miei pensieri.
Solo un interrogativo poteva abusivamente filtrare dal mondo entro quel silenzio: "Pronto?" - "Pronto?" - Hanno riattaccato.
Hanno pure il culo di farmi le chiamate anonime alle 4.30 del mattino nell'unico giorno in cui ho il telefono acceso fino a quest'ora.
- Hai sbagliato le percentuali nel tuo discorso sui disvalori contemporanei, Alcor. Hai detto che secondo te: al 10% da bambino non capivi un cazzo, al 20% che sei sfigato, al 70% che è il mondo ad andare a puttane.
- Forse hai ragione: tuttora non ho capito un cazzo, la sfiga è solo un pretesto e sarebbe opportuno che a puttane ci andassi io.
martedì 9 settembre 2008
Phantom
Ma è sempre nella realtà concreta e modificabile che ho creduto.
Non ho trascorso notti bianche in compagnia di Dostoevskij.
Nasten'ka non c'era.
Là fuori c'è una bella giornata, c'è il sole. Potresti andare al mare.
- Perchè?
C'è, eppure senti asciugare l'umido, senti riscaldarsi i muri e gonfiarsi i cuscini, e più trascorrono le ore più le ombre si ritirano.
- Perchè?
Lo senti, sai che c'è, accidenti. La mattina ancora non ha invaso la strada.
- Non capisco.
Devi solo raggiungere il ciglio di quella finestra e lo vedi. Potresti addirittura uscire, andare al mare. Vai al mare.
- Non riesco ad alzarmi.
Posso fare in modo che sia più luce, se vuoi. Se non credi che ci possa essere il sole, non potrai mai sperare di sorridergli.
Mi girava la testa, c'era un buono odore di spezie, e le candele sostituivano la corrente elettrica non ancora allacciata. Diverse scatole ammassate al centro rendevano quella stanza più piccola di quanto non lo fosse stata. Davanti al vetro della porta erano stati incollati dei pannelli di carta bianca per isolare ulteriormente quell'ambiente. Ma la porta era aperta per concentire che la luce della strada e il vento potessero sedersi su quei divani sfondati e polverosi.
Una tizia provava ad appendere una lucertola di legno ad una parete, mentre io giocavo con l'arco, senza frecce, tirando quella corda e piegando il legno curvo.
Si sentiva tossire.
Acari fluttuanti.
Sedeva a quella poltrone con le magrissime gambe accavallate, in una posa congeniale e abitudinaria. Le dita scheletriche sembravano operare con chirugica attitudine. Mentre lo sguardo incavato si perdeva nell'ombra di lampadine spente e guaste.
Quell'altra rideva, il cugino tossiva.
- Vuoi?
- Sì. Grazie.
- Macché grazie, imbecille... Sei uno stronzo del cazzo. Capiti dalle mie parti e non ti fai sentire, la prossima volta vaffanculo.
- Non ero solo. E poi ci sono stato per pochissimo tempo.
- Com'è?
- Buona.
- Sei soddisfatto, Alcor?
- Quando parti per Berlino?
- Tra qualche giorno. Ma prima torno a casa, là. Sei soddisfatto, Alcor?
- Mettetici un ventilatore qua dentro. Si crepa.
- Sei soddisfatto, Alcor?
- Verrò a trovarti, potrebbe capitare che passerò da quelle parti crucche.
- Ti aspetto.
martedì 19 agosto 2008
Bella Sbronza

Fumare sia sigarette che sigari è come mischiare vino e birra.
Soprattutto quando fumi i suddetti dopo aver mischiato vino e birra.
A stomaco vuoto, senza aver più fame.
Prendi un Magritte e goditelo pezzo per pezzo. Prima una sagoma, poi un sussurro, poi un ricordo, poi un saluto, poi una foto, poi un gesto, poi un'attesa, poi un lungo silenzio prima del botto.
Ah, dimenticavo, le metafore non si capiscono.
Arriverà mai, il maledetto conato? Perché la testa non è che mi gira così tanto...
- Che prendi Alcor?
- Un ACE rosso, con ghiaccio, che poi devo masticare i cubetti.
Ora sì che mi sto sentendo male, cavolo.
Come Mastroianni anni fa, sono un nuvola tra poco pioverà, e non c'è niente che mi sposta o vento che mi sposterà.
Che buffo, oggi ho scoperto che provo persino pietà per alcune situazioni. E pertanto non perseguo i miei cinici interessi. Se fossi meno attento a non lasciare morti e feriti mi divertirei molto di più.
Eh sì, sono anch'io vittima e schiavo di sciocchi retaggi.
Oppure sono gli altri? Perché se non ci fossero questi assurdi retaggi le cose sarebbero molto più leggere... ce la spasseremmo senza odiarci, cavolo.
Anche oggi non ho combinato un cazzo.
E non mi stanno comunicando niente, americani bastardi. Non vi illudete, con Obama non cambierà niente.
Rivoglio il mio Go-Kart, e rimpiango l'analfabetismo dilagante.
Non c'è dubbio, io della vita non ho capito un cazzo.
Cristo, oggi sta pure moscio.
lunedì 21 luglio 2008
The Fourth Dick
E ama il Johnnie Walker Red per una fortunata serie di coincidenze, non ultima averne scoperto una bottiglia vergine di circa vent'anni, nascosta sdegnosamente dalla natura matrigna tra la sambuca e il limoncello. Che la verginità è un peccato, sempre e soprattutto per una bottiglia come quella. Che rimanga vergine una suora, non ce ne fotte niente. Ma un JWR...
Eppure, diffondere alla vita può essere anche una violenza sulle cose preziose e intonse, come suggerisce neanche tanto velatamente Pascoli ne Il Gelsomino Notturno, poesia davvero magnifica.
Ma in quel barbaro locale, dove seviziano l'udito a frustate invereconde fatte di musica latino americana, egli (cioè io) doveva accontentarsi di bagnare le gengive in una specie di colluttorio spacciato per whisky, al cui confronto persino quello sciagurato Jack Daniel's assumeva il gusto di una bevanda appena bevibile.
Ma non importava la musica da deficienti, non importava il sale troppo abbondantemente copioso su quelle cazzo di patatine, non mi importava niente del whisky fetente, non importava niente la mia totale insensibilità dimostrata dinanzi ad una minigonna pressoché inesistente, come il senso del pudore dell'essere vivente che fingeva di indossarla; perchè preso a guardare un cazzo di cellulare dove non c'è ricezione, perché, nonostante le fregature esistenziali, non si sa mai...
Non importava lo schifo quotidiano, quello è tollerato, ci si è assuefatti candidamente... avendo un finestra che mi consente di guardare Giove, bello, nel cielo del sud... all'udire il solito "Quarto Cazzone" balbettare queste parole rivolte ad un altro poco attento ascoltatore:
- ...se vuoi dammi le tue coordinate alla nascita e ti faccio il quadro astrale, ti disegno il destino. Perché è vero, gli astri influenzano la nostra vita...
Vidi morire ancora una volta Galileo, Giordano Bruno, Newton, Hubble, Brahe, Messier... e montare la follia sterminatrice della invereconda ignoranza.
- ...Alcor, tu ad esempio che conosci le stelle, che ne pensi?
- Penso che i segni zodiacali si riferiscono alle costellazioni che giacciono sull'Eclittica, che non sono 12, ma sono 13. Penso che esiste un moto come la precessione degli equinozi che ha fatto sì che le cazzate che raccontavano duemila anni fa, pur restando oggigiorno cazzate, sono diverse, perché le costellazioni mutano posizione nel cielo... Quindi prendi la tua astrologia della minchia, con annesse mappe e compassi, e ficcatela nel più fetente dei tuoi buchi neri sorgenti di onde radio.
- Ah...
- Detto questo, sono Scorpione ascendente Scorpione, e sono contento di essere, pertanto, un geniale, brutto figlio di puttana.
Rest in Peace, tu e i fessi che ancora ti prestano ascolto, come me.

giovedì 10 luglio 2008
Desiderium vel nòstos-àlgos vel samnasê id ēlĭgis, semper animum ădūrit
- Eh, Alcor, sennò la tua allure da pregamuorto va a puttane... Hai visto mai che ti diverti?
- No, è che non vorrei mai concretizzare la mia vita come un'opera d'arte, come asseriva quel "carfagno" svalvolato di D'Annunzio.
- Temo di non comprendere...
- Se su ogni nostro dialogo ci faccio un'opera, non riusciremmo mai a sospenderci nell'atroce ma pur necessaria normalità...
- ...oddio...
- ... e di conseguenza vivremmo imprigionati sempiternamente in un'opera d'arte. Diventerei dannunziano, non mi garba.
- Posso dirti una cosa, Alcor?
- Prego...
- Questa è la prima minchiata che sento, detta in un modo così perfetto. Complimenti.

- Ah... uhm...
- 'mbé?
- Ora capisco...
- Che cosa?
- Sei un idiota, Alcor.
- Perché?
- Come perché? Ma come cazzo andavi vestito?
- Come sarebbe a dire "come cazzo"? Tu non puoi nemmeno lontanamente immaginare quanto fosse importante per me, e poi io mi vesto spesso così...
- Sì, lo so, però...
- Indi?
- L'avrai spaventata... insomma, conciato in quel modo avrà immaginato che tu volessi portarla direttamente all'altare! Secondo me era terrorizzata... Ah, ah, ah...
- E se per esempio uno volesse soltanto andare a letto con qualcuna, allora, che cosa dovrebbe fare? Presentarsi in vestaglia, in pigiama, vestito unicamente col condom? Ma fammi il piacere...
- Sei nervoso, Alcor?
- 52.
- Eh?
- 52.
- Che vuol dire?
- 52.
- Ma ti senti bene? Hai bisogno di qualcosa? Un drink?
- 52.
- Ma che cazzo stai contando adesso? Sempre a contare...
- 52. Bene. Ora ti saluto, è tardi, vado a letto…
Non so più in che cazzo di lingua scriverlo.
Inutilmente, come sempre.
Non capita poi tanto spesso
Che mi rimbalzi così forte addosso
Ho l’età che tutto sembra meno importante
il resto non conta niente,
ma proprio niente,
Cristo!
giovedì 3 luglio 2008
Porn Politik

Quella bocca arsa scacciava inquieta
l'ansia, succhiando il tappo della biro
sognando la carriera unica meta
aliena a mutande e ferro da stiro.
E tu in quel vil destino disonesto
posta l’evanescente prospettiva
non capivi perché nel buio pesto
la speranza arenasse alla deriva.
Che colle grigie occhiaie consumasti
mille notti sui tomi e sui rimpianti
serbando al dì venturo i dolci fasti
che mettevan calli ai piedi astanti.
E pur non bastò l’arduo sacrificio
per quella carta esposta nel tinello
vai al supermarket con l'auspicio
che poca pecunia colmi il carrello.
Stanca, sudata e dalle rughe avvinta,
odii lo specchio bastardo e sincero,
dinanzi a cui vano è il fondotinta
per celare l’astio fitto al pensiero:
brucia il culo perché presa in giro
da una, ministra e senza farsi il mazzo,
che anche tu, fessa, anziché la biro
meglio era se succhiavi qualche cazzo.
lunedì 30 giugno 2008
Il ragazzo della sera
In onore di chi sghignazza dicendo che frequento troppi intellettuali, solo perchè sovente passo le notti di sabato sera al cinema a vedere film come Il DIVO.
Non dico "ti voglio bene" perché sto cercando di guarire dall'uso improprio delle parolacce, ma prefigurati qualcosa che vada in tal senso, nel suo significante. Anche se spesso ti meriteresti un pessimo "tvb".
Il mio Johnnie Walker ci stava comunque bene sotto a quell'elaborato simil-post-fascista.
Prologo: Alcor e la sua cara amica. Telefono.
Amica: Alcor, che hai deciso? Devi uscire? Io sto arrivando...
Alcor: (ma non era fidanzata costei, che vuole?) Ma avevamo un appuntamento?
Amica: No, ma sto arrivando, tu dove stai?
Alcor: A casa...
Amica: Tra un po' sono arrivata lì, in piazza.
Alcor: Vabbe', ma dobbiamo andare da qualche parte?
Amica: Non lo so.
Alcor: Va bene, non andate da nessuna parte finché non arrivo io. Tra dieci minuti vi raggiungo. Devo pettinarmi, almeno il sabato...
Dopo 40 minuti abbondanti...
Alcor e altri amici di vario sesso, e irregolare distribuzione di materia grigia e cazzutaggine.
F: E ti muovi? Ti stavamo aspettando...
Alcor: Mi ha chiamato ***** (la cara amica) dov'è?
F: Lei sta in giro. Dobbiamo andare che è già tardi; che fai vieni?
Alcor: Dove?
F: Andiamo a trascorrere la serata in quel tipico paese dichiarato patrimonio Unesco. Poi ci andiamo a bere qualcosa.
Alcor: Insomma, la solita palla. Diventerò un alcolizzato doc per colpa vostra.
F: Sì.
Alcor: Va be'...
F: Ok ragazzi, possiamo andare al tipico paese dichiarato patrimonio Unesco, con quelle tipiche costruzioni autoctone a forma conica, dove si sta caldi d'inverno e freschi d'estate. Quanti siamo?
F2: Siamo in nove.
F: Macchine disponibili?
Alcor: Io non ne ho macchina...
F2: Che novità... due macchine. Alcor vai con loro.
Ci dirigiamo alla volta delle auto. Mi giro intorno e scorgo i volti di coloro che sono stati assegnati dagli autisti a condividere con me una trentina di chilomentri tra curve, dossi, topi distratti attraversanti la carreggiata tutte buche. Capisco le ragioni della mia misantropia quando mi accorgo che il quarto cazzone sta già enucleando i nomi di tutti i fonici, di tutti i gruppi hard rock che suonavano in tutte le sale di registrazione, di tutte le città americane. E conoscendolo sarebbe passato presto a enucleare pedissequamente e scoglionantemente tutti i nomi di tutti gli stewards presenti a tutti i concerti dei suddetti gruppi, i millimetri di diametro dei tornielli delle arene in cui si sono tenuti tali concerti, l'evoluzione dei prezzi dei condom marchiati dai Kiss, nonché il numero di pezzi venduti, i nomi degli acquirenti che ne hanno usufruito, i nomi dei bimbi sfortunatamente generati per via dei difetti di fabbricazione dei suddetti, o per via di un eccessivo accumulo aerostatico nell'apice gommoso, esploso durante il coito non interrotto. E se non lo avessimo opportunamente soppresso, ci avrebbe enucleato i nomi di tutti gli spettatori paganti a tutti i concerti, di tutte queste meteore dell'Hard Rock made in USA.
Roba che li conosce solo lui, roba che questi musicisti in questione si son pure dimenticati di aver suonato mai un piffero nella loro vita e magari hanno fatto i ragionieri, gli spazzacamini, i gigolò...
Ed invece no. La cultura delle nozioni e delle pappardelle mnemoniche è roba da farsi venire l'Escherichia Coli immediatamente.
Altro che sputare in faccia agli estranei, mi ci dovrebbero mettere in testa un berretto con il negativo della bandiera della Svizzera, e porre petali di garofani agli alluci, per la siderurgica pazienza che ho elaborato .
Ma solamente perchè costui deve vendermi una Ibanez a buon prezzo, sennò col cavolo che non gli tappavo la bocca con una palla da tennis, inzuppata al cianuro.
Alcor: Ragazzi io mi siedo davanti, se non vi dispiace, ma anche se vi dispiace, soffro il mal di auto...
F: E da quando ne soffri, da quando eri piccolo?
Alcor: No, no, da qualche minuto soltanto. Ho la netta sensazione che potrei sentirmi male... Solo che è possibile mettere un cd a tutto volume, così ascoltiamo solo un po' di musica soffusa, delicata, molto soft... lo scelgo io: The Delicate Sound of Thunder dei Pink Floyd, così ci rilassiamo quieti, e ci facciamo una dormita, e soprattutto stiamo zitti. Qualcuno in particolare si sta zitto.
Ci avviamo dolci e manseuti verso la meta democraticamente deliberata. Non così democraticamente, perché mi si raccontava tra un colpo di batteria di Nick Mason che faceva vibrare i finestrini, e un assolo di Gilmour, ed anche sotto l'eco imperterrito di un'enucleazione pallosa, che la nostra destinazione era stata oggetto di un acceso dibattito tra i due autisti F e F2, con la femme fatale di turno, che mediante due begli occhi verdi ed una scollatura oggettivamente non sgradevole li teneva appesi tutti come i capponi di Renzo Tramaglino.
La suddetta voleva recarsi in un'altra città, molto molto bella, ma era stata messa in minoranza da uno schiacciante voto senza franchi tiratori.
Costei mi sta simpatica, nonostante le tipiche isterie da premestruo perenne e i vaghi tentativi di indossare il pupo da zoccola ambulante.
I leader mi piacciono è inutile ribadirlo.
Però mi compiacevo della scelta che aveva visto costei soccombere. Questo perchè in fondo mi sento di sodalizzare con i miei compari, troppo spesso vittime dei capricci di queste donzelle.
Alcor: Vi siete decisi a tirare fuori le palle, era ora...
F: Aspetta, mi sta squillando il telefono... è F2, che vuole adesso? Pronto? Che volete? Ma come quella vuole andare ad un'altra parte! Avevamo deciso che saremmo andati lì, nel paese con le costruzioni coniche patrimonio Unesco!!! Non è giusto! No, qui tutti vogliono andare dove avevamo deciso! No, dille di no! Poi dove vuole andare lei c'è casino il sabato, è un problema trovare anche posto per parcheggiare! No, no, no! Non si può, nossignore... e vabbe' va. Andiamo dove vuole lei, ci troviamo lì. Ciao.
Alcor: F, mi fai un po' pena, sappilo.
F: E che vuoi da me?
Alcor: L'ha vinta di nuovo lei!
Dopo inutili tentativi di suscitare un rimorso d'orgoglio perduto in questa gente, realizzo che non serve a niente. Glielo leggo in faccia. Quell'anomala soddisfazione per aver compiaciuto e assecondato le bizze di una donna gli aveva cambiato i lineamenti in un sorriso che, sinceramente, mi dispiaceva disilludere. Costei giocava con tutti, e l'anno prossimo si sarebbe pure sposata; dedicava a questi ragazzuoli trentenni i ritagli delle sue attenzioni, e loro raccoglievano queste inutili briciole beccando come pulcini nell'aia.
F: Però, effettivamente, ora sarà un casino trovare parcheggio... era meglio se andavamo nel paese dei coni Unesco...
Alcor: Te l'avevo detto io... rischiamo di trascorrere la serata a cercare posto per le macchine...
F: E non è giusto... che i loro capricci dobbiamo sorbirceli noi...
Alcor: ...
F: Finché ce la davano, potevo anche capire...
Alcor: ...
F: Finché fossimo noi i loro fidanzati... sarebbe anche legittimo sopportare i capricci... loro ce la danno e noi sopportiamo i capricci...
Alcor: ... (ragionamento leggermente ineccepibile, figliolo, dai sforzati ancora un po', vedrai che un po' d'amor proprio lo trovi stasera, coraggio. A 33 anni Cristo è morto, tu invece stai nascendo...)
F: E invece no! (inizia ad adirarsi) Non solo dobbiamo sopportare i picci delle nostre, eventuali, ma anche i picci di quelle degli altri!
Alcor: E mica ho capito chi è il compagno di quella... ma siamo sicuri che esiste? Sta sempre con noi la sera...
F: Sì, li ho visti insieme oggi pomeriggio...
Alcor: Ah, ho capito... ha il ragazzo del pomeriggio...
F: ah ah ah...
Alcor: E tu fai le veci del ragazzo della sera, no?
F: Magari!
Alcor: Come magari?! Ma sei scemo? (è inutile, non guarirà mai)
F: Sì, ma tanto non te la danno comunque; lei dice che siamo "amici"... cioè, è assurdo: piuttosto la danno agli estranei, ai cani, a tutti, ma agli amici, no!
Alcor: Che palle essere amici, eh?
Arriviamo. Troviamo posto. E si sorride, as usually.
F2: Alcor, la lettera che hai scritto a Veltroni è carina, ma non ho capito un passaggio quando parli delle sinapsi.
Alcor: Non fa niente...
F2: Domani vieni con noi a donare il sangue?
Alcor: Ci verrei volentieri, ma onestamente per quello che bevo, fumo e mangio negli ultimi tempi, se per caso sbirciano nelle mie arterie, c'è il rischio che me lo donino loro a me un po' di sangue nuovo e puro. Ed è meglio che lo diano a chi ne ha veramente bisogno.
lunedì 16 giugno 2008
Qualcuno che (sor)ride
Tutto questo facendo leva sulla paura della gente. Un sentimento penetrante la paura, che genera impotenza, smarrimento, e l'insolita prontezza ad inginocchiarsi devotamente senza farsi molte domande ai piedi del titolare del monopolio della violenza legittima, l'organo che giusnaturalisticamente ha il dovere di garantire la sopravvivenza del corpo sociale, lo Stato nelle sue articolazioni, ed in particolare il Governo.
La testa del corpus, secondo la tradizione organicistica di derivazione Aristotelica dell'organizzazione politica di una nazione. Ma cosa succede quando la testa non persegue le stesse finalità di sussistenza del corpus, ma si industria affinché quest'ultimo diventi solamente un viatico per cristallizzare il potere acquisito, o peggio per arrivare alla conquista del potere?
L'organismo è destinato a morire. Semplicemente, fagocitato da se stesso e dalla profonda incoerenza che vige fra i suoi organi. La morte in questione può essere un processo lungo e difficilmente sviscerabile nelle sue dinamiche, ed ha come prima illustre vittima la libertà.
Asservire ai propri capricci le istituzioni, pertanto lo scheletro di un corpo, vuol dire scalfire quegli organi naturalmente predisposti alla tutela della libertà dei cittadini. Quelle istituzioni sorte col sangue depositato dai secoli di storia, dalle lacrime versate non raccontate dai libri, dai sacrifici dei chi non vedrà il proprio nome su un'enciclopedia degli eroi, dai fautori e dai combattenti che hanno portato a compimento processi secolari di maturazione della civiltà cristallizzati poi in quei pilastri che tuttora rappresentano l'architrave del diritto, per dirla alla Durkheim. Effervescenza di un'anima trasformata in radici.
E quando queste radici riescano ad essere così malleabili...
...vince Berlusconi che continua a fare i cazzi suoi, e vaffanculo ai poveri stronzi.
Stavo scrivendo un trattato minchione per provare ad esorcizzare l'emergenza democratica che stiamo vivendo.
Non mi ci trovo più a scrivere di queste cose, tanto più dopo che giustamente l'Economist bastona il PD ed i ricci morti che lo gestiscono.
L'altro giorno mentre correvo ho visto per strada 3 ricci investiti spappolati sull'asfalto. Dovevano essere morti ad occhio e croce lo stesso giorno. Dacché deduco che i ricci sono tra gli animali più fessi e distratti che esistono, dopo gli uomini, ovviamente. Ma stavo giustappundo considerando che...
tanto non è una cosa seria...

E almeno in quei momenti la mia disperazione è troppo più importante, esisto solo io.
Vi confesso che in questi momenti io me ne frego di quel che succede, me ne frego della politica, della gente che muore ogni giorno. Non sopporto i discorsi del baretto me ne frego, me ne frego, me ne frego… In questi momenti vedo solo la mia vita, e la mia sofferenza è la mia sola verità.
In questi momenti, cari compagni ributtatemi nella realtà.
Oppure, cari compagni, ficchiamoci tutti insieme in quel baretto, e restiamoci allegramente finchè morte non ci separi...
To the next whiskey bar
Oh, don't ask why
Oh, don't ask why
Show me the way
To the next whiskey bar
Oh, don't ask why
Oh, don't ask why
For if we don't find
The next whiskey bar
I tell you we must die
I tell you we must die
I tell you, I tell you
I tell you we must die
Oh, moon of Alabama
We now must say goodbye
We've lost our good old mama
And must have whiskey, oh, you now why
Oh, moon of Alabama
We now must say goodbye
We've lost our good old mama
And must have whiskey, oh, you now why
Well, show me the way
To the next little girl
Oh, don't ask why
Oh, don't ask why
Show me the way
To the next little girl
Oh, don't ask why
Oh, don't ask why
For if we don't find
The next little girl
I tell you we must die
I tell you we must die
I tell you, I tell you
I tell you we must die
Oh, moon of Alabama
We now must say goodbye
We've lost our good old mama
And must have whiskey, oh, you now why
giovedì 5 giugno 2008
Stessa storia, stesso bar
Alcor: Signore!?... (mamma quanto sei brutta... come ti permetti!? Non indosso manco la giacca!) uhm....vediamo un po' questa piadina n. 4... qui tra gli ingredienti è scritto "erbe", in che consiste? Marijuana? Lichene allucinogeno del Madagascar? Papavero da oppio afghano...
C.: No (sorride), è solo rucola, e origano, penso...
A.: Lo sa che in Afghanistan stanno riconvertendo le colture d'oppio in ettari di menta... Peccato... mi porti solo una Beck's allora. Merci..
C.: Beck's vecchia o nuova?
A: Come vecchia o nuova... se è vecchia e scaduta la bevi tu! (joking)
C.: Ma no! Si tratta di un modello nuovo! (divertita)
A.: Un "modello"... che è una macchina, un motorino, un motocarro, auto-articolato? Un autosnodato? Un autocaravan con l'impianto per lo smaltimento dei rifiuti organici???!!!
C.: (un po' sconvolta) Veramente è ...
A.: Una beck's "classica", per me, s'il vous plait.
Amico: Ma ti diverti a fare lo stronzo?
A: Decisamente.
Amico: Che ti stava pure guardando, quella...
A.: È un cesso, e non sa manco parlare; no, non me ne importa niente.
Amico: Che ti frega? Mica ti deve recitare la Divina Commedia?
A.: Non me ne sarebbe fregato niente a prescindere...
Amico: Ma che hai? Sarai mica innamorato?
A.: Ma domani andiamo a mare, o no?
Amico: Alcor, ma tu quando ti accorgi che sei innamorato?
A.: Non è che sia capitato molto spesso nella mia vita...
Amico: Eh, ma quando capita (tipo adesso), come te ne accorgi?
Arrivano le birre
Amico: 'Mbé! Rispondi!?
A.: Quando sono innamorato...
Amico: Eh...
A.: Te ne accorgi, quando (sorso), non ti riesci più a fare le seghe. Figuriamoci a guardare le altre...
Escono dal locale
Amico 2: Ehi ma guardate quanto è luminosa la Stella Polare... Alcor domani vai a correre?
A.: Sì.
Amico 2: Ci vado anche io... non farti le seghe in maniera selvaggia prima di andare a correre, rischi di non farcela a tornare indietro...
A.: Ah. Tu invece dovresti fartele. Perché vai talmente pesante che non ce la faresti neppure a partire... anche se sei già cieco di cervello...
Amico 2: Perché?
A.: Visto che scambi Giove con la Stella Polare. Quello è il Sud, idiota.
La luce che non siamo

Cadono sempre da nord-ovest grandi, grosse, grasse gocce inclinate che rimbalzano facendo tlon tlon per come sono pesanti, ma senza riuscire a bagnare nulla di quello che colpiscono. Il lentissimo fruscìo che producono mi ricorda mio padre che tentava di indurrmi la pisciata prima di andare a letto le prime sere dopo che mi tolsero il pannolino.
C'è un calore intimo che prosciuga tutto immediatamente, ogni traccia; si smacchia ogni cosa che miro svanire lentamente nell'alone piovasco che si ritrae scomparendo dal cerchietto timbrato vicino alla mia lucida scarpa nera. Non c'è già più testimonianza di quello che non son mai stato un attimo fa. La vita si ricicla e non bada a chi è fermo su una panchina a sperare che nulla venga mai perso nelle firme impresse dalla pioggia.
Una goccia di pioggia precipita tra tutto ciò che penso. Tamburello un motivetto sulla targhetta dell'artigiano che ha creato 'ste panchine lignee da museo dell'inutile indispensabile. La traduzione di "Comptine" dal francese è semplicemente "comptine", il resto del titolo della melodia di Tiersen lo traducete by yourself.
Mi cade addosso l'acqua e non mi tocca. Scrivo sugli ultimi angoli sgombri della mia agenda che una forma di capolinea dovrà pur esserci a tutto questo insopportabile vuoto.
Lo sai che colore han le nuvole basse?
Le parole che già qualcuno dovrebbe aspettarsi sono le più difficili da pronunciare. Aleggiano come fossero già state scritte. Ma il gioco delle parti... è il gioco delle parti.
Alla sera acerba c'è stranamente molta gente in giro. E le panchine sono tutte piene, i gatti si arrampicano in cerca di nidi sugli alberelli posti al centro di vasconi inguardabili, ridotte a simil-aiuole che qualche scellerato cultore della bruttezza molti anni fa fece installare. Erano state concepite come fontane, in principio.
E quando si giocava ancora a pallone in questa piazza era un problema recuperare la palla che finiva in quella fanghiglia stagnante sotto le grate delle vasche ricettacolo di sorci.
Una volta vi rovinai un pessimo modello di scarpa alta fatta di un tessuto simile al camoscio chiaro costato non so quanto, per recuperare un pallone da 500 lire che avevo maldestramente mandato lì dentro.
È sempre una questione di costo-opportunità. La VITA con i suoi surrogati, non ha un valore venale. Le cifre sono materia da gente molto triste. E a proposito del valore delle cose evito di tirar fuori l'aforisma più sputtanato di Oscar Wilde.
Un prezzo non ce l'ha un calcio a un pallone stando attenti a non farsi scoprire dal padre severo che teme che tu possa sudare e ammalarti al vento umido di novembre, non ce l'ha un viaggio azzardato, una bottiglia di Zabov, non ce l'ha una telefonata, non ce l'ha un cazzo di niente.
L'economia come teoria generale fallirà nel mondo perchè la si vuole fare a partire dai numeri e non dai sentimenti. Un uomo, per quanto sia oggigiorno razionale a metà e sensibile a un decile, non è una funzione di utilità, dentro questo mio petto non glabro non soffro di ipertensione cronica perché mi batte una Cobb-Douglas con l'esponente deviato... ed i sentimenti immotivati che ti fanno fare sciocchezze non si possono tradurre in una variabile proxy.
Non siamo regressori di una speranza che non raggiungeremo mai. Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni.
Quelle volte si gettavano i giubbotti per terra e si sudava a scazzottare per poter battere un rigore sotto la nebbia d'inverno. Pronti a scappare alla vista dei vigili urbani che oltre a sequestrare il pallone minacciavano multe alle nostre famiglie, perché eravamo rei di disturbare la canuta quiete pubblica dei vecchi assiepati.
Una volta mi ero fermato a guardare non so che cosa. Le solite abbabbiate. E non mi accorsi del sopraggiungere di un vigile che già da lontano mi chiedeva le generalità per compilare un verbale che non sarebbe mai stato spedito. Perché chi io fossi l'hanno sempre saputo tutti, e per la stessa ragione ero immune da ogni giusto scotto per le ridicole malefatte sociali che ci imputavano. Barbari privilegi di chi è cresciuto nella casta infelice dell'aristocrazia dei porci. Scappai ugualmente perché volevo sentirmi come gli altri, e nello svoltare l'angolo mi ritrovai tra le braccia di un inatteso secondo tutore della legge che mi afferrò, e mi condusse di forza nel loro comando.
Mi sottoposero a un falso interrogatorio. E a 8 anni vivere di queste esperienze suonava bellissimo, avere un'avventura fuorilegge da raccontare! E invece no. Io ero uno "noto", mi chiesero solo di fare i nomi dei miei amici, con la minaccia di avvertire mio nonno e mio padre del mio sconsiderato comportamento da teppista del cazzo.
Non sputai loro in un occhio perché mi facevano pena già da allora. E la mia saliva sarebbe andata sprecata. A che serve uccidere questa gente che è già morta...(cit. Erostrato)
Ne feci solo uno di nome, perché costui mi stava sulle palle. E diedi informazioni pure sbagliate. Perché l'ingiustizia ha una palpabilità disumana nell'azzeccare. L'ha sempre avuta, anche quando non è errato fare l'infame.
Ho la vaga sensazione che qualosa non va. Ottimo.
Il tabacchino non ha resto per le mie 50,00 euro che tiro fuori per un pacchetto di pall mall blu da dieci. Sono costretto a recarmi nel bar e a prendere il pacco da 20, e guardo il cellulare con la tentazione di fare una cosa che da giorni mi bolle dentro.
Come rendere straordinaria una cosa ordinaria? Io sono un maestro a fare questo.
Mi sembra più facile vivere lo straordinario in maniera ordinaria che il contrario. Ma questa è un'altra storia, non sono un santo per fortuna, e non ho mai letto le opere di Sant'Agostino che su questo topic trattano abbondantemente.
Sono tante le cose che non so. Ma ne ho consapevolezza. Conoscere è un vezzo d'elìte che non aggiunge molto alla propria apparente capacità di vivere ed essere felice. L'intelligenza è altra cosa, signori, è roba da paraculi. Io non sono intelligente.
Scegliere la vita non equivale a scegliere la felicità. E se la scelta non la fai, la subisci da qualcos'altro. Che ci si dimentichi di noi è il sogno più irrealizzabile.
Anche per le cose più spicciole e meno minchiose alle tenui sinapsi. Mi fanno i soliti squilli sollecitatori, gli altri, quelli che insistono e che aspettano sempre me per iniziare a pensare che è meglio cominciare a decidere di prendere in cosiderazione l'idea di non perdere tempo.
Li saluto quando sono ancora tutti fuori davanti la sede delle nostre infaticabili riunioni psico-politiche.
Immediatamente mi cade un'altra goccia d'acqua e realizzo che avrei fatto meglio a starmene a casa a far finta di scrutare quel manuale da 600 pagine di consigli su come guadagnarmi agevolmente il mio prezioso lascia-passare per Glasgow.
- Ciao tesorino. - Mi fa una che mi prende per il braccio.
- Passi il ridicolo "tesorino" con cui chiamerai tuo padre, ma lasciami il braccio...
Una goccia. E mi rendo conto che preferisco sfiorare la spalla di una persona con la mia mano timida e incerta ma vera, piuttosto che dover ricorrere alle carezze delle parole spalmate per sporcare l'altrui pensiero.
Effettivamente è ancora presto. Mi si sollecitava perché rompermi le scatole è un vizio largamente diffuso che tollero. Prendo il quotidiano di oggi, nella fattispecie L'Unità, e mi siedo alla panchina antistante in attesa che succeda qualcosa, we are accidents waiting to happen... giusto?
No, la cronaca non mi piace, omicidi, stupri, incidenti, morti, perchè inondare pagine con cose che appartengono di default al genere umano. Queste cose non devono indignare ipocritamente perchè non ce ne liberemo mai... cerchiamo di perseguire il crimine e la violenza senza celebrarla agli altari della sorpresa e dell'evento... che squallore, neanche il male e la morte possono godere di un sano, indifferente rispetto. Preferisco la politica e l'economia, e penso che il vertice della FAO sia una buffonata di immani proporzioni. Se si cominciasse a rimodulare la PAC e a ridiscutere i trattati sull'agroalimentare in seno al WTO, forse questo genere di summit non sarebbe solo un pretesto per lauti banchetti tra pochi eletti che hanno crisi di fame di altro genere.
Il reato di clandestinità, invece, è una palese violazione dei diritti umani, non è pensabile di utilizzare la ghigliottina contro gli irregolari abituè soltanto perché i procedimenti amministrativi d'espulsione e la certezza della pena in Italia sono dei feticci. E lo dice uno che è cresciuto nel mito di Robespierre. E poi... il prestito ponte ad Alitalia, oltre ad essere utile alla stregua d'un carciofo di chernobyl, è tanto lecito quanto io sono biondo e bello. Ryan Air e British Airways si incazzano, e fanno bene.
Ok, ho assolto al patetico dovere di chi si redime in un periodo in cui sta scrivendo sempre auto-stronzate ignorando che fuori c'è un mondo con problemi più degni di essere assaliti.
Ma a che serve? Uomini e no (cit. Elio Vittorini). Ed oggi io vorrei dirlo, no. Tanto... sono stanco di essere atteso. Quel poco per cui mi si può apprezzare è quanto più vorrei allontanare da me.
Prendo un foglio di carta dalla sede che lentamente si va popolando. Da quanto tempo non mi capita di prendere la parola in una assemblea?... mah, non importa. Non è uno spazio che mi contiene più.
Cade una goccia un po' più grossa. Impreco a denti stretti, e non pienamente convinti, qualche consueta bestemmia da posto in prima fila sulla piana dello Stige ipotizzando che non mi sia piovuta addosso acqua stavolta. Quando ci si siede su queste panchine di legno sotto gli alberi è facile sentirsi come il cesso degli uccelli che regolarmente scambiano la tua giacca per il loro vespasiano preferito.
Accendo la prima della serata e tiro su un fumo che respirerò poco. Sogno di un sigaro cubano.
Prima intestazione: "alla segr. del ...", seconda intestazione: "al segr. del ...", e "per conoscenza a..."; oggetto: "basta così".
Testo: "Non ho più nulla da dire, e da dare, buona fortuna."
Firmato: "G. F." Tanto per capire... le mie vere iniziali, quelle del pupo. Non mi firmo mai "dott." perchè non me ne fotte un cazzo.
Consegnerò questo foglio di carta scritto in un attimo decisorio estemporaneo al termine del palio dei maiali volanti a cui sono stato convocato a presenziare.
Ho sempre preso le mie decisioni così. Ponderate inutilmente per lunghi giorni, e poi graffiate nella mia vita in un unico decisivo strappo oltre il quale ho conosciuto solo ferite e qualche volta brevi sospiri d'aria pura.
Me lo metto in un portafoglio senza contanti ma con tanta cellulosa. Mi piace conservare ogni biglietto di treno preso, e ogni ticket di metropolitana. Significano tante cose, sono segnati dalle sensazioni che recano impresse sopra. Ad esempio il biglietto dell'Eurostar al mio ritorno da quelle 3 settimane a Milano. Mi ricorda l'aver percorso tre volte avanti e indietro Corso Buenos Aires con mio zio prima del treno; oppure le mie solitarie attraversate che lì si sono concluse quel giorno con le opportunità professionali poi gettate alle ortiche per fare il ricercatore fantasioso... il lettore mp3 rotto dopo averlo comprato alla MediaWorld il giorno prima; nel treno del sempre maledetto-ritorno-a-casa, il signore di Brindisi che leggeva le quotazioni dei titoli e che ho battuto in una sfida a sudoku di Repubblica, livello avanzato. Lui rinunciò, io ci misi il tempo da Ancona a Pescara distrazioni paesaggistiche incluse; ed i metro ticket di tutte le città che ho toccato, poche, ma a fondo. Li porto nel portafoglio con me questi ultimi, insieme ai biglietti da visita che mi porgono persone che non contatterò mai. Avvocati, giornalisti, commercialisti, diplomatici australiani, istruttori di yoga...
Conservo i biglietti del primo teatro e del primo cinema ingiallito che condivisi con una persona evaporata così presto in una maniera impensabile... e conservo le ombre.
Conservo ogni cosa che possa essere per me la vita che ho scelto, o quello che non sono mai stato. E non sarò mai.
E la pioggia non mi bagna. Lo senti un aereo che porta lontano? Possesso. Non posso sentire nulla. Ho solo 13 canali di merda in tv tra cui scegliere.
Gocce che mi par di individuare nei rigagnoli nell'aria non perfettamente linda.
Non mi bagno, non mi bagno. Piove fuori, piove dentro anche se spunta il sereno e si accendono le luci. Ma non mi bagno.
E i maiali volanti si stanno scannando nella riunione.
Esco fuori e torno alla mia panchina, e lo aspetto. Non viene. Non si ingiunge su questa provocatoria posa di indolente sbeffeggiamento della sorte. No che non viene, il dolore. Accendo la seconda, la penultima della serata. E lo cerco il senso di tutto questo. Dei rimpianti e delle rivincite, dei ricordi e delle persone lontane nello spazio e nel tempo. Mi chiedo che cosa rappresentano ancora, ciascuna di loro. Nulla.
Mi chiedo poi che pensano loro. Una vaga curiosità di cui, sì, non mi frega poi granché. Perché il cielo non cambia, e lo Scorpione il suo giro lo fa. Anyway.
Faccio poi una cosa di cui mi pentirò un secondo dopo averla conclusa.
Penso che dovrei prendere il mio telefono, e poggiarlo su un cassonetto anche se è un modello vecchio che non si prenderà mai nessuno. E andarmene in Africa.
Terza sigaretta.
Le dieci cose che più detesto in questo preciso istante: le inutili newsletters sui cambi di riferimento di Bankitalia; le convocazioni per l'assistenza agli esami; il pomodoro fresco rifilatomi a tradimento nelle pietanze senza preavviso; chi su msn intrattiene altre conversazioni mentre parla con me; i cani morti per strada mentre corro; rispondere a messaggi idioti, anzi ricerverli, perché tanto non rispondo uguale; quando mi si ringrazia; le donne che parlano esclusivamente il dialetto senza conoscere l'italiano corrente; discutere con chi presumo stia lì con la sola funzione di fregare l'ossigeno che potrei respirare io; rivedere i vecchi filmini con gente che è morta, come sta facendo quello stronzo di mio fratello in questo momento.
Si alimenta un po' questo schizzo di pioggia. E non arriva nulla, e le boccate stanno per terminare. E parte di noi è anche nelle rinunce, e le rinunce sono parte di noi. Lasciamo una traccia anche in quello che non tocchiamo, in quello che non vogliamo.
In coloro che rifiutiamo. O semplicemente non prendiamo nemmeno in considerazione.
Ed ogni scelta contiene in sè il dubbio opposto, ogni bivio un'orma della propria volontà sulla sorte.
Siamo 0 ed 1. Come un interruttore non direttamente gestibile sugli eventi, come il sistema binario che è alla base dei modelli matematici che consentono questo splendido trionfo della tecnologia schifosa che consente di comunicare meglio di quanto non si è capaci di fare di fronte ad un eletto bicchiere di vino.
Ed i pugni in bocca ed i calci in culo sono come lo scalpello di Michelangelo sul bianco marmo della nostra vita. Anche tutte le sozzure che abbiamo ingoiato, la merda a cui abbiamo assistito per noi e per gli altri a cui volevamo bene. Chi se ne è andato lasciandoci una mano senza calore in nostra assenza, chi con una promessa da mantenere con arduo coraggio. Le bruttissime parole con cui si demolisce la fragile vita di una persona che, nonostante i suoi difetti e problemi, mi voleva bene. Le colpe e la condanna a vedere un baratro laddove gli altri vedono un forellino da uncinetto.
La amara constatazione che non riesco più a sentirmi infelice. Che non ho più nemmeno il coraggio di piangere per qualcosa.
Che non riesco più a bagnare di lacrime il mio viso.
Che non ho più compassione per coloro che soffrono dei propri limiti e della propria angosciosa incapacità di risollevarsi dai propri complessi di qualsivoglia natura, che l'angoscia è un sentimento pericoloso per gli sciocchi (cit. Kierkegaard). Li comprendo nella mia razionalità più aberrante che s'è eretta a furia di conservare troppe cose, ma dinanzi ai quali non sarò capace di riuscire ad elargire consigli, e nemmeno una sacrosanta, commossa, compartecipe pietà.
Non esiste un dannato manuale di istruzioni per vivere, e ciascuno deve arrangiarsi il proprio tragitto.
La gente mi cerca, mi cerca, mi cerca e si rivolge a me, alla mia figura, al mio pupo. Si offre di ascoltarmi proprio quando io vorrei chiedere a chiunque intorno di mettermi a tacere.
E poi finisce col riversare il suo sé addosso al mio caos calmo (porca puttana se non le rivivo quelle situazioni).
Che le cose o sono tutto o sono niente, per me.
Che accontentarsi di arrivare secondi equivale a non aver mai partecipato.
Che dentro si sa benissimo che tutto è stato ardimentosamente costruito per cercare di sentirsi sempre uguali agli altri ragazzini che correvano perchè impauriti dall'essere catturati dai vigili perché rischiavano di rompere i vetri di qualcuno col pallone. Mentre il tuo culo era parato dal nome e dalla discendenza che prevedeva per te grandi progetti... voglio una canna, e la voglio adesso.
Che quando si è deprivati dell'istinto al dolore è peggio dell'essere privati della felicità.
Che le colpe si depositano come metri che allungano soltanto quella solitudine e quella minima distanza con cui si è già fatto il punto di doversi confrontare nel profondo più profondo.
Che si attende solamente chi in quel profondo più profondo è capace di mettere le mani e capire in silenzio.
Che far star zitta la ridondante eco di una vita che si ripropone sottolineando ogni singola frase che non è mai, mai, mai, mai lasciata al caso è un compito penoso, anzi uno strazio.
Che non me ne fotte niente di dover stare attento alla diplomatica tensione tra burattini permalosi di cui si abbevera questa fitta trama di relazioni interpersonali.
E se faccio qualcosa per gli altri è perché non si può accettare passivamente tutto infibulando la speranza...
Chi dice che sono pessimista è un ciuccio di quelli registrati all'anagrafe dei cialtroni.
Se amo è solo per una forma di egoismo estremo che si compiace ed eleva fino alla completa rinuncia a se stessi.
Ed anche se è mitologia, la frase della Genesi "andate e moltiplicatevi" racchiude l'unico cavolo di senso compiuto che si può dare all'esistere. Perché Courbet non è un idiota a dipingere determinati quadri che fanno sorridere solo i castrati mentali e i vermi. E che guarda caso si invecchia non appena si varca la soglia dell'età utile al raggiungimento dell'unico infinito che è possibile solo mediante la procreazione.
Siamo individui o siamo membri arruolati in una specie animale? La fortuna di essere cavallo, diceva Pirandello.
Circuìti a dover fenomelogicamente contenere moltitudini, tesi, antitesi e sintesi. C'entra anche Hegel? Certo che c'entra, il contrasto e la cenciosa soluzione mescolata che vien fuori sono il paradigma per non capire un cazzo e vivere felici senza chiedersi il perché di niente.
Al di fuori di questo architrave annichilente per l'uomo pigro, senza neppure la coscienza del proprio evanescente inglorioso destino, ci sono solo due strade: la nevrosi, o l'arte.
La sensibilità è quella dote non gratuita che consente di stare dappertutto e capire, o "sentire" empatia per quelle esistenze che in ogni caso narrano fuori qualcosa che in noi s'è già sviluppato. Solo chi ha vissuto conosce e può spiegare. Io ho vissuto? Non smetterò mai di chiedermelo. Dal punto di vista geografico, no. Del resto, francamente me ne infischio.
Quando si smarrisce l'illusione di essere eterni, tutta la vita che resta è segnata. Ed io l'ho smarrita troppo presto. L'ho persa a 13 anni. Come una specie di verginità cupa che ti protegge.
E una volta perduta ti consente di dare un valore, e non un prezzo, anche alla sofferenza che tuttora mi appare così banale. E che non mi è giustificata pressoché da nulla.
E quando nulla diventa degno delle lacrime, nulla è degno di esistere davanti ai tuoi occhi.
Ho sedato una rissa. Ho cercato due amici e li ho raggiunti. A piedi, senza quella macchina che pressochè tutte le sere passa Figlio d'un cane.
L'ultima volta che ho gironzolato da solo in notturna con la mia macchina ho ascoltato a palla il Dies Irae del requiem di Giuseppe Verdi.
Quando non voglio essere pensato, cercato, benvoluto, considerato.
C'è un grosso fascio di stecche di cioccolata nel frigorifero in cucina. Poiché ci si dimentica dei dolci in rari momenti di dolcezza che tuttora non esistono, e non avendo a disposizione un secchio di nutella gigante, ad essa mi rivolgo. E mentre mi accingevo a rifornirmi della dose minima di sopravvivenza compatibile con il regime monastico che ho imposto alla mia alimentazione, ho guardato mio padre dormire sul divano di casa.
E per un attimo ho pensato che se dovessi ridurmi così alla sua età, preferirei non arrivarci mai. Probabilmente diventerò anche peggio, ma intanto cominciamo a definire e a programmare. Perché io resto un leninista convinto, nonostante qualche sbavatura da parte di quest'ultimo.
di un giorno qualunque, di una sponda brulla? Lo sai che non siamo più nulla?
Non siamo una strada né malinconia, un treno o una periferia,
non siamo scoperta né sponda sfiorita, non siamo né un giorno né vita...
venerdì 30 maggio 2008
A slow step to ultimate goodbye

- Hi John, I'm very very glad to see you.
- Uhm, I'm finding you a little slimmed...
- Yes... I'm trying the ascetic life according to Schopenauer, in order to get nolontà status...
- You'll never change, my friend...
- Why I have to change?
- No... But you are limping!
- No, it's nothing, my ankle is just joking... Shit...
- Did you run?
- Sure... 20 km, just tonight...
- Tonight? Are you mad?
- I started at 18.30, and I came back at 20.30... it was growing dark while I was still so far from home... It's wonderful running in the darkness, It was also raining... I can't stop one of the most pleasant topic in my life...
- Alcor travels at a speed of 10 km/h! You should work hard to boost your performance... Take a cigarette, idiot...
- Thank you, John. Usually I don't smoke, but I'm learning to heal about it... John?
- Yes, Alcor?
- What do you think about people?
- Could you restrain the issue, please? (smile)
- Yes, you're right (laugh)... Do you think it's possible to comprehend them just in few days, by few glances, by few words...
- It's possible to live being sure of knowing perfectly somebody along several years, but you could always find out something strange in her, something new... Go together somebody, I think, it's really don't cease to learn anything of new in her to wonder your life, every new day... People should not be understood... but felt inside us...
- Yes...
- Are you sure to be fine, Alcor?
- Sure, but give me another cigarette, please... Don't you see how I'm fine?
- Yes, you are like a cloud before thunder... I think you are waiting for something... isn't it?
- Maybe... life is waiting, a cursed and useless waiting for someone...
- It's very clear how you are... (smile) Here is your second unusual cigarette... Però basta a parlare inglese che mi sto rompendo le scatole.
- Come vuoi.
- Scotch?
- Doppio. Con ghiaccio. E lascia pure la bottiglia.
- Ti sei fregato forte.
Non posso allontanarmi da questi percorsi per una decina di giorni che mi ritrovo le ciliege arrossate ed i gelsi acerbi e precoci sugli alberi.
La pioggia cade inclinata dal vento che spira da nord-ovest. Il Sole è una ferita tra le nuvole che brucia questo vento.
Tutto quello che mi rimane di una serata calata troppo presto.
Esiste un punto in fondo a tutto dove l'egoismo e la voglia di vivere gli altri spariscono entrambi. Diventano la stessa identica cosa. Ha pure un nome, 'sto punto.
Che fregatura.