giovedì 22 marzo 2018
Mattoni
martedì 9 gennaio 2018
Character
La paura che protegge, coccola, rassicura come una gabbia nella quale sentirsi sovrani.
La paura che ci assilla col suo smisurato vuoto che si fonde nelle ombre di ogni impegno massacrante con cui falcidiamo i nostri giorni senza un forse.
La paura che rafforza l'illusione di un equilibrio ritrovato che è solo un pensiero allontanato nello spazio e nel tempo di un sacco di angosce e promesse infrante a cui non abbiamo imparato a volgere uno sguardo pulito.
La paura di una scelta che irrompe a sciogliere i nodi dai nostri certi ormeggi, al riparo nella risacca della noia, svelando il volto banale e candido dell'inesorabile.
Inizia il nuovo anno con questa straripante voglia. Unico respiro di pace; una pace che sembrava possibile al realizzarsi di piccoli traguardi, e che si infrange non appena ogni méta si nasconde alle spalle della successiva.
E s'allontana.
Come te, che ogni giorno ti mascheri da questa angoscia, e in quella paura ti rifugi, al riparo da ogni possibile gioia.
domenica 27 settembre 2015
martedì 25 agosto 2015
Rendez-vous avec la vie
martedì 21 luglio 2015
L'uomo e la grotta
giovedì 23 aprile 2015
Che fai?
giovedì 27 febbraio 2014
domenica 9 febbraio 2014
Il socio ACI
domenica 23 settembre 2012
I trapezisti spezzati
Non era il calore delle sue avare carezze a mancargli, no. Nemmeno le cantilene notturne. Il vero baratro consisteva nel non potersi più afferrare come se fossero trapezisti in volo attraverso il dissestato tragitto dell'esistenza.
Di queste miserie si nutre il famelico verme della mancanza, non di altre grevi inadempienze.
Hanna, umiliata, tentò di richiamarlo a sé, e cominciò ad insultare il nome di Maggie.
R. non rivolse immediatamente i suoi pensieri a Maggie, né a quanto l'aveva amata. Pensò a quella volta in cui lei lo tradì. Stavano insieme da poco e lui occultò il fatto dalle sue conversazioni con lei spazzandolo lontano con scialbe citazioni nichiliste. Pensava che gli servisse da monito, per ricordargli che nulla mai sarebbe stato scontato.
Per un attimò gli sembrò anche bella adornata da un'aurea di sottomissione e vergogna.
Allungò le sue braccia dure contro la donna in lacrime, e le strinse la gola tra le mani finchè un'espressione di morte non gli raccontò in pochi istanti di che sapore era stata la vita che lì cessava.
Il volto di Hanna sembrava aver acquisito dei contorni. Adesso aveva dei nuovi occhi, una bocca socchiusa che reclamavi baci onesti e labbra da non scassinare con prepotenza, ma da assoporare con delicatezza. R. la guardò e la vide emergere da un anonimato tragico ed equo che si scioglie nel rito dell'addio.
Lo stesso che accompagnava Maggie, quella sera in cui gli comunicò gelidamente che sarebbe partita.
domenica 29 luglio 2012
Three Dark Knights
Assuefattosi presto a quel tumulto sonoro, ecco affacciarsi meschinamente il più arcigno degli ostacoli frapposti fra la sua persona stanca e l'agognato riposo: una austera e turgida erezione.
- Ehi! Disgraziato! - Urlò suo padre alla vista di quei manigoldi. E tre snelli esemplari di scassinatori di serie B in tuta metalmeccanica, passamontagna, dotati di picconi, tenaglie, e piede di porco, balzarono spaventati alla vista dei due nottambuli.
Finalmente l'ormone s'acquietò.
domenica 4 settembre 2011
Ad ognuno il suo cattivo gusto
- Ma insomma! Ti sembra giusto?
- Coerente.
- Se non ce lo diceva la tua ragazza di questo "coso" dove scrivi, non avremmo mai letto un messaggio, un biglietto, un qualcosa!
- Che cazzo vuoi, oh?
- Come, "che cazzo vuoi"? Ti sei suicidato!
- Non si chiama "coso", è un blog. E comunque ve l'avevo detto, e con un lessico abbastanza comprensibile per il vostro basso profilo scolastico.
- Ma quando ce l'avresti detto?
- Ma a pranzo, cretino, poco fa.
- Ma quando?
- Mentre mangiavi il polpettone e ti accusavo di non aver mai voluto riporre un centimetro di fiducia nei miei confronti, lasciando che io stesso mi convincessi che non ne valeva la pena.
- Mi hai detto queste cose? Ma io non ricordo!
- Certo che non ricordi, te le ho dette parlando ad esempi, a parabole... avresti dovuto capirtlo, da solo, senza disegnino.
- Potevi essere più chiaro però!
- Ma dove cazzo hai sentito mai di uno che si suicida dopo aver ponderato la cosa in un dibattito luculliano... sei scemo?
La vita interiore
- Ma lei è un giocatore di rugby?
- No, pratico attività più tranquille, come la briscola.
- Fuma?
- Sì, ho un'insana propensione al carsismo polmonare.
- Diamo una controllata alla prostata?
- No! Sono diventato obiettore di coscienza pur di non far visitare la mia prostata! La prego...
- Ma giunti alla sua età un controllo sarebbe opportuno, suvvia, non faccia il bambino, si volti.
- Le ho detto di no! E comunque sono ancora giovane per badare alla mia prostata!
- Lei "giovane"? Ma sta scherzando, vero?
- Perchè?
- Lei crede davvero di essere ancora giovane?
- Ma... è scritto qui, legga, sui miei documenti.
- Quali documenti?
- Ecco, questi... ma.... che cosa è successo alla mia immagine?
- Che cos'ha la sua foto?
- Sembra essersi ingiallita, all'improvviso, e il mio nome è sbiadito, la mia altezza dimezzata, che scherzi sono questi?
- Tenga, si guardi allo specchio.
- Ma, chi è questo vecchio canuto?
- Come chi è? È lei, non si riconosce?
- Ma non posso essere io! Avevo il viso tondo e i capelli neri quando sono venuto qui.
- Quanto tempo crede che sia trascorso da quel momento?
- Come sarebbe, quanto tempo... Un'ora al massimo...
- Un'ora al massimo, dice? Lei ci sta lasciando lentamente, figliolo. Su, si giri, dobbiamo controllare la prostata, è necessario.
- Ma vuole darmi una spiagazione? Che cosa c'era in quel bicchiere che mi ha offerto?
- Dei drenanti naturali.
- E cosa significa tutto questo? Perché sento le gambe cedenti e un forte mal di schiena?
- Che lei deve svegliarsi, giovanotto. Che lei deve necessariamente svegliarsi e andarsene da qui.
Le scelte sono gli angoli in cui si depositano le scorie della solitudine in cui è confinato ogni uomo. Ai bordi del pavimento, lungo i muri delle stanze, basta una passata di un panno umido per ristabile una parvenza di chiarezza. Agli angoli, invece, resta sempre qualcosa che si deposita col tempo. Lì, dove i contorni si fanno irregolari, dove è obbligatorio svoltare per non andare a sbattere contro un percorso nottambulo, e dove fa più male se ci si rovina contro.
Dopo aver fatto i gargarismi col suo colluttorio rosso, e avendo avuto cura di riporre il suo deodorante ascellare nel bagaglio, andò incontro a suo padre che lo aspettava battendo la pianta del piede.
Allargò il nodo della cravatta per non lasciare che l'ansia lo strozzasse. Qualche felpa per la sera l'aveva portata con sè. Doveva ancora interpretare gli adattamenti del suo corpo ad un clima diverso a quello a cui era abituato. Ogni tanto si schiariva la voce con un grugnito silenzioso per modulare meglio le sue parole. Aveva capito che plasmando bene le parole avrebbe potuto rendere meno infettivo il suo accento marcatamente distintivo.
Durante il volo provava a intavolare discorsi con se stesso per saggiare i suoi progressi nel tenere a freno le mani, per controllare meglio gli effetti dell'ansia.
Che avrebbe avuto a disposizione poche altre occasioni lo sapeva bene. Non si è giovani per sempre. E la resa dei conti inesorabilmente è depositata sempre là, all'angolo della stanza.
Avrebbe sciorinato ancora una volta il novero delle sue esperienze. Una ad una, come un susseguirsi di stazioni deraglianti che non avrebbero mai conosciuto un approdo. Avrebbe provato ad offrire alla commissione una rilettura di quegli eventi che fosse meno ufficiale. Avrebbe tracciato il filo conduttore di quella rincorsa alla normalità affrontata con tanto coraggio ma con pochi apprezzabili impronte nel corso evolutivo della specie umana.
Giunto a destinazione lei lo venne a prendere, e lo abbracciò. Per un attimo ebbe il sospetto che vi fosse una larga pozzanghera che separasse la realtà monolitica e immutabile dall'idea che costei in quel momento stava stringendo tra le sue braccia piene di ardore.
Ogni minuto che da allora trascorse assomigliava al campanello del giudice istruttore che freddamente enucleava le ragioni di una speranza malriposta.
(I vincenti li riconosci subito, riconosci i vincenti e i brocchi. Chi avrebbe puntato su di te? Io avrei puntato tutto su di te, Noodles. E avresti perso.)
Lei le offrì una granita all'anice, preparata come solo sua madre sapeva fare. Era diventata consuetudine da un po' di anni. Egli guardava il suo bicchiere di granita nel quale giaceva l'ultimo sorso. Pensò che non aveva sempre bevuto granite. Che per larga parte della sua vita le granite erano fluite in maniera indifferente senza che gli venisse mai venuta voglia di berne un bicchiere. Tanti anni erano trascorsi senza che le granite fossero mai esistite.
Un giorno, invece, s'accorse che faceva caldo e che non aveva fame, e che una granita gli sarebbe bastata per restare in compagnia di persone a cui avrebbe poi voluto bene.
Pensò che questa volta non sarebbe stato necessario avvisare a casa che il viaggio era andato bene.
Per anni gli avevano insegnato ad aspettare, a rinunciare, a restringere il ventaglio delle scelte. Si presentava al mondo dei vivi ricolmo di un amore che recava in dote miriadi di capitoli incompiuti. Storie affogate nel cesso al primo apostrofo erroneamente collocato.
Come quelle vecchie macchine da scrivere che andavano con i nastri di inchiestro nero. Bastava un dito un po' più disconnesso a rendere inaccettabili discorsi interminabili.
Infilò il suo pigiama invernale, e respirò a fondo il calore che da quell'abbraccio ancora s'infondeva. Una lacrima si addensò alla cornice del suo occhio sinistro, come un vetro rotto da cui penetrava la pioggia.
Sentiva il peso di tutta quell'inadeguatezza a cui aveva lasciato ampi metri di vantaggio, e che proseguiva lenta, lentissima, e lo precedeva nella risoluzione dei suoi algoritmi quotidiani.
Anche con il passo di Achille non l'avrebbe mai raggiunta, perchè essa conservava sempre una precedenza assoluta che le proporzioni dello spazio tempo avrebbero reso incolmabile.
Si nasce tartaruga, o si nasce Achille.
Si nasce compiuti, o si nasce appena.
Sul giornale dell'altro ieri vi era la consacrazione dell'incompiutezza come stagno nel quale la forza creatrice del linguaggio si edulcorava di arazzi pregiati nei riguardi di una cenciosa e scontata banalità a tratti quasi ripugnante.
L'irrequietezza è l'impeto ventoso che schiaffeggia l'insenatura al riparo del mare. Una conca aperta da cui la vita avrebbe lanciato affondi che un lago cheto e descrivibile non avrebbe mai appreso nelle sue computabili rive.
Una forma estrema di annegamento che ha come contorno incompleto la colpa, e come sbocco inevitabile la distruzione di ogni cosa.
Sentiva tutto il peso dell'umidità di un cielo in cui la sera non si rintracciano stelle.
A lei dedicò quei pensieri che si rivelarono gli ultimi. Pensieri che non sarebbe stato capace di replicare su carta per non lasciarsene privo. Ché scrivere è un impoverirsi senza ricevuta fiscale.
L'arte, un condono sull'inconcludenza.
E la smise all'improvviso, calpestato tra i binari di una metropolitana.
venerdì 22 luglio 2011
Babilonia
[Gesù in un locale di Drag Queen - si ringrazia ChuckIrvine]
- Che ti do?
- Ho voglia di un calice di Brunello, di quello buono. Oh, cavolo, dopo tutti questi millenni avete ancora nervi per ascoltare la musica a questo volume?
- Non ce l'abbiamo il vino, tesoro. Solo miscele infernali. E se non ti piace la musica puoi accomodarti nel dormitoio in fondo alla strada. Conciato da pezzente, con quegli stracci, forse ti lasciano entrare. Ma non fare accattonaggio sul sagrato della chiesa, rischi un verbale dal vescovo.
- Ahia, una fitta, ho ancora il costato infiammato. Orsù, dammi un calice con dell'acqua naturale, ché ci penso io.
- Tu non sei di queste parti. Qual'è il tuo nome?
- Uhm, chiamami pure Emmanuel.
- Dimmi un po', Emmanuel, ma chi è il tuo parrucchiere, Jeffrey Lebowski?
- Ah-Ah-Ah.... Simpatica. Stronza.
- Eccoti l'acqua, sciacquati le viscere. E una volta purificato, puoi divertiti con quel donnone travestito da ombrellone da spiaggia che ti sta fissando da quando sei entrato. Ah, eccola, vi lascio soli. Il privé costa solo 30 denari.
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- Guarda, guarda chi si rivede.... Emmanuel!
- Ci conosciamo? Ricordo la samaritana al pozzo, la veronica, le pie donne, ma non mi ricordo di aver mai rivolto la parola ad un abat-jour con il silicone nelle labbra.
- Ahahahah. Ci mescoliamo alla confusione nella quale è precipitato il creato, ragazzo. Guardami bene.
- Ga-Gabriel?
- Non Gabriel, ma "Gabrielle", adesso.
- Oh, acciderbolina, sto perdendo colpi.
- Che succede?
- Niente, anziché in Brunello, l'ho traformato in Chianti. Il Chianti fa schifo, non lo farei bere nemmeno a Giuda. Non ci farei lavare nemmeno le mani a Pilato.
- Come mai sei venuto qui, ragazzo? A proposito, lo sa tuo padre?
- Ci son capitato per caso. Avevo voglia di svagarmi un po', di provare a divertirmi con qualcosa di alternativo. Sto troppo male.
- Che hai? Ti sei reso conto dopo duemila anni di essere stato un incompreso?
- No, quello era già insito nel sacrificio da me compiuto. Solo alla rottura del settimo sigillo capiremo se ne è valsa la pena. Verrà una nuova Babilonia.
- Hai fatto la tua parte in maniera esemplare, Emmanuel. Meriti un po' di emozioni forti. Vuoi divertirti con un'amica? Non dirmi che ti sei rassegnato al catechismo edito dalla Paoline Edizioni?
- No, Gabriel. Oh, perdonami, "Gabrielle". Non sono in animo di svagarmi. Soffro. Maddalena se n'è andata e non riesco a trovarla. Dal giorno dell'ascensione, è sparita lasciando un vuoto grande più del mare. Non me l'aspettavo. Son duemila anni che vago.
- Forse posso aiutarti. Io so dov'è.
- Dimmelo, Gabrielle. Ti prego. Poni fine al mio tormento... Non dirmi che anche lei s'è fatta ingaggiare in un postaccio come questo?
- Ma postaccio le corna di satana! Sai quanto guadagno io in una sera? Be' tu non lo puoi neanche immaginare. Altro che pescherecci del Mar Morto. Tzé.
- Va bene, dimmi dov'è, Gabrielle.
- Via Olgettina, Milano 2. Ma stai attento. Devi aprire il portafogli per riconquistarla. Con la povertà ti sciacqui lo scroto oggigiormo.
- Babilonia.
- Sì.
mercoledì 8 giugno 2011
Ammissioni
Ho fallito, lo ammetto. Ma non perché all'epoca immaginavo di piazzare stabilmente il mio uccello tra le tue grandi labbra, e codesto intento si rivelò immediatamente impraticabile in un'ottica di lungo periodo.
Anche nelle più spregevoli delle vicende umane, anche quando cala un'ingestibile amnistia nei reciproci livori, può capitare che una illogica serenità possa agevolare la conservazione di residui frammentati da riporre nei barattoli delle conserve di frutta.
Come lombrichi imbalsamati.
Non è rimasto nulla di quella pallida immagine di ciò che eravamo. Neanche il fotogramma più sano che ci sorprese compagni almeno nello studio, quando trascorrevamo il nostro tempo a discutere di in house providing.
Perché nonostante questo voterai SI al referendum sull'acqua.
mercoledì 18 maggio 2011
La maieutica: Alcor ed un'ostetrica bona
- Aiuto Alcor, perchè la gente cerca sempre di indirizzarmi sulla retta via partendo con menate sul cristiansimo?
- E chi lo dice che sia quella la retta via?
- C'è 'sta mia amica infame che è fermamente credente e comunista. Sta cercando di convincermi che i primi comunisti sono stati gli apostoli.
- Nel senso che hanno fatto cadere il governo Gesù, come fece Bertinotti nel '98 col governo Prodi?
- Ahahahahah. Ma se la mettiamo così sono stati gli uomini delle caverne.
- Ciao, devo andare, il mio posto è là.
- Ciao, W Gesù.
lunedì 16 maggio 2011
Send me dead flowers to my wedding
Ad una donna-geco:
- Sei andata a votare?
- Sì. Gli conviene fare qualcosa per la cultura o lo ammazzo con le mie mani, dillo al tuo amico.
- Se dobbiamo sposarci dobbiamo fare una cosa veloce: cambierai la tua residenza quaggiù, mi voti l'anno prossimo e poi divorziamo, ok?
- Sono in una giornata terribilmente acida, incazzosa e nervosa... sii felice di essermi lontano.
- Per un voto sopporterei qualsiasi acidità. Questa è una guerra.
- Moriresti sciolto, nella mia acidità... alché il mio voto non ti servirebbe più a un tubo.
- Nooooo, io sono basico, al massimo resterà del sale sul fondo del contenitore delle nostre vite.
- "...al massimo resterà del sale sul fondo del contenitore dlele nostre vite..." Sì, ok ti sposo.
- Son troppo brrrrravo a raccontar cazzate per convincere la gente.
- Sì, confermo.
- Considera quella frase un dono di nozze. Più che parole non saprei cosa regalare. O preferisci un solitario?
Fuggita inesorabilmente. Mai raccontare tutta la verità in campagna elettorale.
mercoledì 4 maggio 2011
La dolcezza del ferroviere
- Ti sei svegliato presto stamattina.
- Erano circa le quattro.
- Ma sei andato a letto all'una... Qualcosa ti turba?
- Le mie soddisfazioni più sfarzose le colgo nel rimuovere i Trojan dal mio netbook.
- Mi dai libero accesso ai tuoi pensieri reconditi?
- Non ho più la password.
Si sentiva a propio agio e d'accordo con una minoranza di persone. Ora neanche più con quella. Saranno state le immagini taroccate del volto pestato a sangue di Osama Bin Laden, e gli esotici racconti di assolate strade africane, ma quella notte s'era svegliato di soprassalto.
S'era scoperto a rimestare nostalgie in preda ai narcotici riflessi di una fase REM viziata da una propensione insana tra psicanalisi ed Inception. I sogni l'avevano spesso condotto a recuperare i ritardi lungo i binari di un treno in imminente partenza, popolato da viaggiatori malformi.
Si recò al lavoro con insolita solerzia, motivato a sospendere quell'incidentale episodio nel background della sua paga giornaliera. Non riusciva a giustificare i propri comportamenti e le parole che mancavano puntualmente l'appuntamento con l'opportunità e l'occasione di eventi lanciati a velocità non irresistibile, lungo la tratta che gli era stata assegnata nel turno mensile.
Poteva sembrargli una ritirata spagnola da tutti i mea culpa inculcati dalle inadeguatezze degli appuntamenti precedentemente colti con precisione svizzera.
Adesso disegnava involontariamente olgrammi nel proprio fiato, in un umido mattino di maggio, aspettando che il proprio spuntino di metà mattina si scongelasse.
Mancava la dimostrazione pratica delle proprie doti, quelle che avrebbero consentito ad una mente moderatamente brillante di collocarsi come meglio avrebbe meritato.
Non tutti i suoi talenti erano stati resi al termine del viaggio. E non tutte le coincidenze aspettano il congiungersi degli animi proprizi con l'approssimarsi degli attimi compiacenti. Scendendo dalla carrozza accidentata era stato poco accorto a non dimenticare un bagaglio colmo di delicate attenzioni e dolci premure che sembrava ora irrintracciabile.
La sera precedente non aveva bevuto. Colei che lo accompagnava aveva il fiato d'un cocktail ionizzato.
- Perché non riesco a dirti mai di no? Te ne stai lì con lo sguardo perso che ti mura alle spalle della civiltà. Fammi entrare.
- Non c'è nulla.
- Hai le mutande troppo strette. Laggiù c'è qualcosa che soffre la mancanza di adeguati spazi.
Interruppe bruscamente la propria opera in seguito ad un giramento di testa. Aveva bisogno di vomitare e corse in bagno.
Lui la seguì con gli occhi, guardando altrove uno specchio che poteva rifiutarsi di ritrarlo in quella vergognosa sospensione dalla propria dignità.
Lei era piegata a singhiozzare. Smaltiva le conseguenze dei propri eccessi, e della propria miserabile riluttanza a smettere di umiliarsi per la libera scelta di farsi trattatre da rimorchiatore a chiamata per solinghi rottami.
S'alzò di scatto e la raggiunse. Era china, e le sollevò la gonna mentre lei espelleva. Cominciò a prenderla con veemenza da dietro, ed i singhiozzi acidi di lei si frammisero a sussulti.
Ché in quello spurgo avrebbe risolto la contraddizione che lo lacerava e lo esiliava nella condanna ad un silenzio di un'anima non del tutto espressa.
Finì, ed andò via senza un saluto, dopo aver rimosso con dovizia le tracce dell'incauta brama di autodistruzione.
Dinanzi al treno in partenza ripercorreva l'inflazionamento e lo sperpero di vita che lo aveva condotto a spalare quella tale montagna di merda dalla porta d'ingresso della felicità.
L'insipiente inadeguatezza che ne era venuta a galla, e la dolcezza che era stata estinta.
Non era stato il suo lavoro a renderlo un po' più cinico, un po' più avaro.
Poi all'improvviso la chiamata che aveva smesso di attendere, quella che avrebbe reso più accettabile il ritardo della sua coincidenza. Quella voce che sottendeva gioia ed innocenza tra i silenzi impercettibili che fluiscono tra una domanda e una risposta.
- Volevo soltanto chiederti l'orario del prossimo treno in partenza da Milano. Tutto qui.
Tutto qui.
sabato 12 febbraio 2011
Cantico 'e criature
Domani io andrò a pranzo dai miei zii. Capita ogni domenica da circa un mese, ogni volta da zii diversi.
Una fenomenale pulsione di generosità tanto esagerata quanto molesta rispetto al proprio cronoprogramma a breve termine.
Una gara di impropria solidarietà dettata da una sostenibile contingenza, che rischia di trasformarsi in una competizione olimpica che iscrive tutte le ramificazioni del parentado diffuso.
Gente che mi curavo di avvicinare nei soli periodi elettorali chiama alle ore più impensabili per sincerarsi della nostra sopravvivenza. Una tracotante attenzione che ha avuto il significativo effetto di farci staccare il telefono fisso e di farmi stare quante più ore possibili lontano da casa.
Ma la domenica il fervente affetto dei parenti va incassato tutto, a cifra tonda, senza rendere il resto. Nemmeno la dissenteria potrà salvarci.
Commentando il dì venturo, mia sorella esprimeva l'auspicio che al banchetto domenicale in trasferta potessero prender parte i miei cugini con relative mogli e prole.
Mogli e prole che io non ho mai incontrato in vita mia. Domani avrò l'opportunità di conoscere due mie cugine acquisite ed un bimbo di cui ignoravo l'esistenza.
- Quanti anni avrà il piccolo?
- Quasi tre anni.
- Tre anni???
- Sì, tre anni, Alcor. Alle spalle della tua ignavia il mondo si evolve. E se non dovessi ricordartelo, sappi che il cugino X si sta iscrivendo alle superiori, mentre la cugina Y il prossimo anno andrà alle elementari.
- Ed io che ero rimasto a due batuffoli cromosomici... il tempo passa, cara sorella. Cazzo, è proprio vero, stiamo morendo.
- Fanculo fratello Alcor, tu ed i tuoi sconvenienti approcci all'esistenza. Io non voglio pensarci.
- E invece no, devi pensarci, sorella. E riderci di gusto per domarne l'impeto. Imbrigliare ogni depressivo imbuto dell'incoscio in una folgorante risata.
Ci vuole tempo, ma tutto apparirà poi così spoglio di una qualsivoglia attesa. Lo stesso concetto di speranza sarà un'arma spuntata da barattare con una mega offerta 3x2 sulla maionese. Asciugare la vita da ogni ricerca di senso che rischia di far male alla vista peggio di una reiterata e recidiva autarchia sessuale.
Che poi un senso lo acquisterà comunque, ma data l'inaffidabilità dell'animale in noi è meglio che il senso germogli a nostra insaputa.
Ecco stasera, infermo e annoiato, mi ci vorrebbe un pompino ben impostato per accettare, senza reclami, l'idea che si debbano aprire gli occhi ogni mattina senza concedere al mondo il consenso al trattamento dei propri dati esistenziali.
lunedì 6 dicembre 2010
Monologo interiore
- Ci sono dei files sparsi nella mente che rallentano i tuoi processi, Alcor. Li dobbiamo archiviare in un'unica cartella.
- Va bene.
- Come prefersci che la chiamiamo la cartella: "esperienza" o "inculate"?
- È lo stesso. Fai tu.
martedì 31 agosto 2010
Sconoscenze familiari
Rimembri la reazione che avesti quando trovasti i preservativi nel comodino?