venerdì 30 novembre 2007

Immenso

Premettendo che sono cresciuto con Dante, che l'Inferno è stato il primo libro che ho letto nella mia vita a 7 anni, e che il V canto insieme al XXVI (Ulisse e Diomede), sono quelli che ho sempre maggiormente amato, ho atteso trepidante la serata di ieri.
Si badi bene, le pochissime volte che ho parlato di TV in questo blog l'ho fatto per lanciare invettive alla nazione, ma ieri sera no... ieri sera ho visto un capolavoro. Ieri sera finalmente ho ascoltato il trionfo dell'arte al di sopra di ogni banalizzazione, finalmente era palpabile la speranza infinita che si cela nella poesia di poter destare pensieri che giacciono indisturbati nel nostro intimo. Ho visto come una somma maestria di comunicazione, che la commistione emotiva pressochè totale tra chi reclama i versi ed il componimento stesso, riuscirebbe a carpire la mente di qualsiasi ascoltatore attento che abbia voglia di lasciarsi annegare in quel sopraffino sussgeguirsi di endecasillabi a rima alternata.
Ma non solo il trasporto, non solo la bravura dell'artista... ma quei versi e quel sentimento che s'avvolge e si diffonde nelle immagini evocate, nel pianto e nel ricordo, nei sussurri e nelle tempeste, non possono non tangere i sentimenti di chi è disposto a bearsi in quel lento bagno d'amore.
La storia di Paolo e Francesca m'è sempre stata cara, il V canto è secondo me la migliore ninna nanna che chi soffre nei sentimenti abbia bisogno d'ascoltare prima d'assopirsi. Non voglio apparir banale nel ripetere la dolcezza e la sensualità che si coglie in ogni espressione dantesca, ma non voglio neanche scimmiottare la bravura del poeta che ieri sera ha incarnato magnificamente quei versi; ma posso soltanto dire che le ho sentite dentro, una per una, quelle parole come fosse stata la prima e novella di infinite volte in cui esse han fatto tenera breccia nella coltre in cui spesso s'arena la mia mente...

1 commento:

  1. Sono pienamente d'accordo con te, e non ho altro da dire.


    Buona notte Alcor.

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