Premettendo che sono cresciuto con Dante, che l'Inferno è stato il primo libro che ho letto nella mia vita a 7 anni, e che il V canto insieme al XXVI (Ulisse e Diomede), sono quelli che ho sempre maggiormente amato, ho atteso trepidante la serata di ieri.Si badi bene, le pochissime volte che ho parlato di TV in questo blog l'ho fatto per lanciare invettive alla nazione, ma ieri sera no... ieri sera ho visto un capolavoro. Ieri sera finalmente ho ascoltato il trionfo dell'arte al di sopra di ogni banalizzazione, finalmente era palpabile la speranza infinita che si cela nella poesia di poter destare pensieri che giacciono indisturbati nel nostro intimo. Ho visto come una somma maestria di comunicazione, che la commistione emotiva pressochè totale tra chi reclama i versi ed il componimento stesso, riuscirebbe a carpire la mente di qualsiasi ascoltatore attento che abbia voglia di lasciarsi annegare in quel sopraffino sussgeguirsi di endecasillabi a rima alternata.
Ma non solo il trasporto, non solo la bravura dell'artista... ma quei versi e quel sentimento che s'avvolge e si diffonde nelle immagini evocate, nel pianto e nel ricordo, nei sussurri e nelle tempeste, non possono non tangere i sentimenti di chi è disposto a bearsi in quel lento bagno d'amore.
La storia di Paolo e Francesca m'è sempre stata cara, il V canto è secondo me la migliore ninna nanna che chi soffre nei sentimenti abbia bisogno d'ascoltare prima d'assopirsi. Non voglio apparir banale nel ripetere la dolcezza e la sensualità che si coglie in ogni espressione dantesca, ma non voglio neanche scimmiottare la bravura del poeta che ieri sera ha incarnato magnificamente quei versi; ma posso soltanto dire che le ho sentite dentro, una per una, quelle parole come fosse stata la prima e novella di infinite volte in cui esse han fatto tenera breccia nella coltre in cui spesso s'arena la mia mente...

"Io non so perché il Nexus-6 mi salvò la vita. Forse in quegli ultimi momenti amava la vita più di quanto l'avesse mai amata. Non solo la sua vita, la vita di chiunque, la mia vita. "
Volgi altrove i tuoi occhi.
Homo Faber Ipsius Fortunae
Ad oriente Cancer si fa sempre più nitido ed alto, nonostante non brilli chissà quanto. Anche se qui intorno a me di cancerine ne ho diverse, e brillano eccome! Già comincia a spuntare Regolo (Leone) alle sue spalle, mentre Vega si spegne dolcemente a nord-ovest. Non so perchè, eppure la costellazione del Leone mi ricorda serate di primavera di qualche anno fa'. E siamo ancora a metà novembre... Corre davvero il tempo, ed io comincio a rendermene conto, al giro di boa dell' 1/4 di secolo della mia vita.
Sono andato a vederlo con un'amica, sprofondando su una poltroncina in prima fila (prenota i posti la prossima volta, idiota di un Alcor!), e devo dire che mi è piaciuto tantissimo, anche perché son tornato ad andare al cinema dopo tanto tempo. A volte capita che una persona cara parli di un argomento nel suo blog ed io mi senta impedito nel riparlarne a mia volta, anche se abbiamo bacini d'utenza diversi. Stavolta infrango la norma perchè ci sono delle spigoalture di questo film che mi hanno coinvolto non poco. E non parlo della mera questione lavorativa, perchè secondo alcuni io sono un disoccupato, per altri sono uno studente, per altri ancora (tra cui io stesso) sono un ricercatore universitario. Dipende dai punti di vista, se consideriamo il "lavoro" in funzione della retribuzione sono disoccupato; se consideriamo il lavoro qualcosa che sia "altro" dallo stare sui libri, allora sono ancora una specie di studente; se pensiamo che da quelli come me forse dipende parecchio della competitività di una nazione, allora io lavoro eccome!
Da oggi quando sentirò l'impulso distruttivo ad occuparmi di politica, violando il mio imperativo categorico a tener fuori da questo blog alcune questioni che mi imbastardiscono la reale esistenza, lo farò solo per far risaltare l'indecenza della nostra pseudo classe dirigente.
Da La Repubblica di 2 giorni fa':
