giovedì 14 agosto 2008

À bout de souffle (Lait et dérivés)

Mi avete rimproverato un giorno di essere troppo teso, di non saper lasciarmi andare con noncuranza.
Ci avete anche insegnato a viaggiare.
Dopo questi appunti di viaggio, che vi offro con cuore fedele, non potrete più rimproverarmi d'essere incapace di facile abbandono
.


(Jean Cocteau)


Negli ultimi dieci giorni ho scritto tre racconti.
Il primo narra di un tizio che incontra una ragazza in treno. Lui ha le dita delle mani perfette, ma non da sempre. Lei leggeva un quotidiano. Ne resta limitatamente ammaliato pur senza rivolgerle la parola; così le fa capitare un biglietto nella borsetta, tanto sa che non la rivedrà mai più. Qualche giorno dopo, invece, si incontrano casualmente, ed è lei a riconoscerlo. Gli riporge il biglietto a guisa di invito malizioso. Vanno a letto insieme e lui la uccide subito dopo, strangolandola nel sonno.


Il secondo è la storia di un giovine estremamente ansioso ed insicuro che passeggia per le vie di Bologna in solitaria. Si pone domande ridicole sulla vita e sul mondo, prova ad immaginare quale sorte l'avrebbe atteso se non avesse commesso alcuni errori. Sembra attendere sconsolato che qualcuno finalmente si accorga e si ricordi di lui. Gli squilla il telefono ed improvvisamente gli si illumina il volto al punto che smette di pensare. Cavolo, è una persona importante! Non risponde, e lo lascia squillare. Vuole esser certo che non si tratti di un errore. Il telefono riprende a squillare, è la stessa persona che lo cerca. Gli squilli sembrano più urlati e urgenti. Accidenti, sembra proprio che questa persona ci tenga davvero... meglio non sembrare eccessivamente lieti: non risponde anche stavolta. Respira un po' e si aggiusta i capelli, ha come l'impressione di essere visto e vuole sentirsi impeccabile. Trema ed ingoia rapidamente un mucoso grumo di agitazione. Prova a richiamare lui questa volta, e cominciava già a fantasticare, provando a sfornare una scusa nuova di zecca per non averle risposto prima.
Lei risponde immediatamente senza dargli il tempo di prender fiato e di sorridere, e di illudersi.

- Pronto...
- Ciao! Scusami ho fretta. Spresti dirmi se il biglietto del treno Milano-Bologna delle 13 lo posso utilizzare anche per il treno delle 11?

Tutto qui, l'inganno. Lui, un informato figlio di ferroviere e basta. Non una persona, non un pensiero a costei perennemente e nostalgicamente rivolto, ma solo un'uniforme da figlio di ferroviere cucita addosso come una pelle.

Il terzo è la storia di una donna indecisa, e di un maestro. Non so se sarà uno sfigato maestro di vita, o un maestro di scuola elementare, ovviamente precario.

Ricapitolando.
Sono state giornate furibonde senza atti d'amore.


Trascorro gli ultimi giorni di luglio in attesa della cavallina storna che portava colei che non ritorna.  Mai l'uomo è così attivo come quando non fa nulla, mai meno solo di quando è in compagnia di se stesso.

Nel frattempo provo a dedicarmi anima e corpo ad assecondare le lagnose bizze di un signorino alto un metro e trenta che si è maldestramente improvvisato mio capo. Mi commissiona il lavoro da svolgere tramite un sms autodistruttivo, come in Mission Impossible. Adducendo il fatto che, in caso di mia prematura scomparsa, egli negherà d'avermi mai conosciuto. Li mortacci sua. E proprio di una missione impossibile si tratta, dover ultimare una ricerca in tre giorni quando vi occorrerebbe almeno un paio di settimane.
I miei occhi, così già fortunati nella vita, si scioglievano nottetempo sulla cute della mia faccia, come la voglia di
Gorbačëv; fino alle 4.00 di mattina davanti al computer, anziché dormire, ma sempre nella costante e vana attesa della cavallina storna che portava colei che non ritorna.
Completo egregiamente il mio lavoro, anche se mi sento più cieco io del detentore del record mondiale di seghe giornaliere,
tempori serviendum est.

Divento estremamente vizioso in tema di tabacco. Non riesco a fumare altra roba che non sia firmata Marlboro, e comincio a nutrire un ribrezzo epistemologico nei confronti delle Camel e di coloro che le fumano.
L'autotassazione giornaliera comincia a bruciare il mio prodotto interno lordo personale, e i bronchioli.
La macchinetta self service delle sigarette diventa la compagnia più fedele dei miei giorni. Non l'amica bona, non l'amica bona della mia amica bona, non i compagni di partito, nemmeno colei che non ritorna con la cavallina storna. Ma una cazzo di macchinetta che mi avvelena giornalmente senza dirmi di no, a cui riesco persino a perdonare la cronica e scientifica mancanza dei 5 centesimi di resto.
Pensando che, fino a qualche tempo fa, la macchinetta distributrice di parchi prodotti che mi era più confidente era quella dei preservativi, mi cospargo il capo di una tristezza lancinante.
Ero ubriaco e avviluppato in fragranze alla grappa, e non potevo sapere:
- Ehi, baldi giovini, guardate che bel culo si può scorgere da questa soglia...
- Ehi, Alcor, vedi che quel culo di  cui elogi le fattezze hai già avuto modo di apprezzarlo da molto vicino per quasi cinque anni...
- Ah... non me ne ero accorto che fosse esso.
Perché la nostalgia più atroce è quella che cogli in ciò che ti mancherà da sempre, che non hai ancora mai avuto. Quello che è alle spalle non vale più di un tirnese borbonico.

Senza rimandare i piaceri e i doveri, prendo atto della necessità di una specie di risorgimento psico-fisico e mi affido alle sapienti mani di un medico. Ho frequenti giramenti di testa, vertigini e nausee di vario genere. La prima di queste mi sovviene vorace quando mi soffermo a meditare circa la mia famiglia.
La seconda, nella scala cacacazzi, mi sovviene quando penso che in Italia fa più opposizione un'editoriale di Famiglia Cristana che un butt d' sang* di Partito Democratico; infine la terza, beati gli ultimi perché nella mente dell'onnipotente saranno i primi, sono un merdoso monotematico e perciò mi taccio,
rumores fuge, ne incipias novus auctor haberi: nam nulli tacuisse nocet, nocet esse locutum.

Sono vittima di retaggi oscurantisti, e tengo ad ingenerosa distanza una rossa riccia che si ostina a mettermi le mani addosso. Ci troviamo per caso una sera in una cittadina molto bella. Ballano il tango in piazza. Io non so ballare, ma chi se ne frega. Propongo a costei di darci alle danze, e lei mi abbraccia senza farselo dire due volte. Si ravvede circa la nostra incapacità e si rifiuta, ma le mani di dosso non le toglie. E sono costretto a fare la persona scortese.
E mi deprime constatare che quanto più le scacci, costoro più ti inseguono. E vale anche il contrario. Porca puttana che sfiga.

Se è così, allora: "TU CHE MI STAI A FAR GIRAR LA TESTA COME GLI ANELLI DI SATURNO, PUSSA VIA, NON TI VOGLIO PIÙ SENTIRE!!!".

Ma ho il sospetto che sia troppo tardi, cacchio. Non sono credibile. Che bell'inganno sei anima mia, e che bello il mio tempo che bella compagnia.



Comincia intanto un novello New Deal anche per me. E comincia dalla colazione. Elimino il latte ed i derivati per circa due settimane e vediamo l'effetto che fa.
Ammiro Franklin Delano
Roosvelt e perdo, senza fare un cazzo di niente, oltre cinque Kg in manco due settimane.
Tempo di urlare al miracolo, di benedire gli enzimi duodenali rinfrancati, e la foga autolesionista galoppa come
Jolly Jumper. Questo a testimonianza del fatto che, sebbene a sette anni leggessi il bolognese Guido Guinizzelli, mia gentil donzella di pregio nomata, qualcosa che mi fosse pascolianamente coerente in tenerà età l'ho subita anch'io.
E dunque, mi ritrovo a mangiar zuppe di orzo, farro, legumi e verdure, carote, insalate di ortaggi e poco olio, basta con l'aceto, meglio il limone.
Se mi guardo con gli occhi di ieri mi piscio dalle risate. Se mi guardo con gli occhi di domani mi dico: "ma sei scemo? Mi deludi, ed io che pensavo che volessi accorciare questo involontario soggiorno..."
In compenso, così per farmi un po' del male, smetto di fumare improvvisamente sigarette e mi dedico con letizia al Toscano aromatizzato alla grappa.
Che, detto tra noi, fa schifo. Ma deve piacerti per forza dopo che spendi 8,00 euro per due pacchetti. E poi, non vogliamo considerare l'effetto collaterale sopraggiungente nella morbosa esigenza di strangolare il deficiente che te li ha consigliati?

Ed è tra queste tresche impudiche e masturbatorie che mi accinsi, l' 1 agosto alle 8.36, a prendere il treno per Milano. Milano, sempre là vado a finire. Avrei potuto sostenere l'esame del Toefl dietro casa mia. Ma io sono fanatico, e Giffen mi fa un baffo. Perché in attesa dell'euro forte che mi consentisse di risparmiare l'acquisto dell'esame in dollari, ho atteso troppo per la prenotazione. Per restare, come prevedibile, col culo a terra. E dover poi risalire lungo la patria sbilenca sino a Mediolanum.
Ora, il Toefl non attesta un cazzo sulla conoscenza della lingua, ma è un ottimo indicatore per misurare quanto conta avere culo nella vita. Molto più che Match Point di Woody Allen.
E giacché ci siamo, possiamo dirlo che in quel film i personaggi sono tutti dei poveri idioti, pur essendo l'intreccio molto valido. Woody Allen ci gioca molto con questa abbietta piccolezza umana.

Torno da Milano e mi sento una persona felice. Lo sono sempre quando trascorro anche un minimo lasso di tempo in perfetta solitudine. E me ne vo in vacanza.

In questa vacanza scopro che: ci sono persone che durante l'inverno si esercitano a giocare a racchettoni, a rassodare il fisico, e a seguire delle winter school of beach volley. Perché non mi spiego altrimenti come cazzo fanno a sembrare così estremamente perfetti nel praticare 'ste partitelle.
Scopro di avere un talento atavico per il ping pong, che si aggiunge a quello già sperimentato per la bocciofilia ed il bowling, insomma, tutte discipline ad alto tenore motorio.
Sono talmente simpatico che l'amica
splendidiocchiverdi non capisce un tubo di quello che dico, ma ride per il semplice fatto che io le parlo senza sosta, e quando non ride si stupisce perché mi vede leggere l'Economist sulla spiaggia.
Devo evitare di andare a letto vestito solo con i boxer quando mi ritrovo a dormire in un Bed & Breakfast ubicato in un sottoscala denuclearizzato e deossigenizzato con tre donne intorno, perché la mattina mi destavo con evidenti ed imbarazzanti promontori. Sarà stata l'umidità...
Le zanzare mi rompono le palle per il ronzio e non per le punture, anche loro hann' à campa'... ma se fossero silenziose sarebbero meno irritanti.
Quando ballo la pizzica mi trasformo in un tank sovietico, Hulk a confronto è delicato come un frate certosino.
Quando balli la pizzica e pensi alla cavallina storna che portava colei che non ritorna, ti prende un'angoscia peggiore di quella che ti ammorba quando devi prelevare urgentemente ad un bancomat fuori servizio. Comprendi lì, quanto sia inappagante la vitae di come il tempo giusto per vivere le cose non sia una variabile esogena.

La mia misantropia raggiunge vette tibetane quando si comincia a criticare il mio stile di guida Ayrton Senna, non tenendo presente che io sono un pilota di F1 prestato ad una esistenza indecente.
L'amico volenteroso vuole apparire a tutti i costi pure efficiente, così si adopera di nascosto a preparare i miei sigari toscani con una lametta da unghia, per farmi un gradito omaggio. Risultato: sigari triturati come le spezie di Pietro Gutierrez, lametta da buttare, ed io furioso come Marcellus Wallace dopo la sadica esperienza anale con Zed.

- Who's Zed?

- Zed's dead, baby, Zed's dead...
 
Odio la gente che non pulisce il bagno, soprattutto le donne che disseminano i capelli in ogni dove.
 
Torno dalle vacanze, più scazzato di quando sono partito.
Ho perso la voglia di scrivere e la voglia di di tenere gli occhi aperti. Ho la necessità impellente di acquistare un'armonica cromatica.
Trascorro la notte delle Perseidi con due amici degni di questo nome a mangiucchiare, e a fare incetta di grappini e amari lucani, discettando di FDI, Doha round e politiche di riequilibrio in seno al WTO.
Divento un lettore del quotidiano
Haaretz.

Scopro che Pravda, quello che una volta fu il giornale organo di informazione del PCUS, oltre al cirillico ha una versione in inglese, portoghese ed italiano. Ma ovviamente la versione italiana è rimasta ferma da mesi e non viene aggiornata. Però mi sento ugualmente, sinceramente commosso.

Attendo. Mi rompo, ma attendo,  e chi se ne frega.

Mi decido ad andare una mattina al mare sulla west coast japigica direzione sud-ovest. Come un tempo, salutati i parenti onnipresenti, mi appallo, e decido di abnegarmi in una lunghissima traversata a piedi del lungomare alla ricerca di un'edicola che mi consenta di sfamare la mia brama da lettura.
La querelle
Putin-Saakashvili è una delle vicende più intriganti e pericolose degli ultimi anni. E sono curioso di leggere come i giornali italiani trattano queste storie, quanto siano così depistanti e ineducativi.

Durante questo tragitto mattutino penso che mi piacerebbe allungare i tempi di queste vacanze strane, ed in preda ad un barlume di gemmazione esistenziale, mi faccio venire qualche idea, ho un invito per Dublino, uno per la Calabria ed uno per Siena.
Ma ho una vicenda in sospeso, ed io sono purtroppo onesto, ragion per cui nella vita arriverò sempre secondo alle spalle di qualche figlio di puttana, meno accorto e meno sensibile.
A prescindere dall'esito, a me piace vederci nitidamente, almeno ho la possibilità di errare, perché se comincio ad elucubrare va a finire che ci indovino, e mi secca molto,
noli tu quaedam referenti credere semper: exigua est tribuenda fides, qui multa locuntur

Chiedo delicatamente lumi, con tutti i convenevoli contorni del caso di cui preferirei fare a meno,  a chi di dovere, per porre fine a tali vicende sospese nel limbo del "nonsochecazzofare " oppure "forselosomanontelovogliodire". Situazioni ambigue che generalmente non sono da annoverare tra le mie caratteristiche.
Ricevo dunque la cattiva notizia
quotidiana. La incamero con la stessa beatitudine di un succhiotto sull'orecchio da parte di Mike Tyson. È dolce. Sono indeciso se deprimermi per questa ragione, o perché un mio compare mi chiama comunicandomi di essere anche lui lì al mare, rendendo cosicchè inutili i chilometri fatti per leggere gli articoli di Vittorio Zucconi, che mi lasciano sempre un'espressione basita sul volto.
Dico al mio amico di attendere, e dopo aver letto il quotidiano, lo raggiungo e propongo una lunga passeggiata along the coast.

Durante i bellissimi anni di liceo, eravamo soliti passeggiare lungo quel litorale, parlando di relativismo etico, di incomunicabilità, di traumi post-adolescenziali conditi in salsa kierkegaardiana, di sogni alla meglio gioventù.
Ci ritroviamo nella medesima situazione, ad anni di distanza, coi capelli grigi. A parlare di stronzate. Disillusi e vecchi prima ancora di avere la certezza se saremo mai adulti. Circondati da adulti che non sono mai ancora nati. Non è un pensiero incoraggiante, perché esso amplifica quella breve e invalicabile distanza verso il mondo.
Il massimo della saggezza di cui siamo stati capaci è stato giungere alla conclusione che le donne quando cominciano a dire stronzate non vanno assecondate, ma pesantemente redarguite, se necessario, muniti con oggetti contundenti.
E poi, che Veltroni ci ha delusi tutti. Che la raccolta firme del PD è una cazzata deprimente, e che la profezia di Gaber si è avverata: non temo Berlusconi in sé, temo Berlusconi in me. Ed è quello che stiamo diventando tutti, piccoli caimani schifosi.

Divergevano, invece, le nostre opinioni sulla perfezione della morfologia femminile. Prendiamo a modello la mia migliore amica, che è un gran bel donnino, la quale mi legge e che pertanto saluto. Secondo me sta bene così, impercettibilmente più tonda, secondo lui invece dovrebbe dimagrire.
E non ci schiodavamo dalle nostre rispettive posizioni, quasi ci picchiavamo. E avrei voluto affogare prima lui e poi me, perché ci siamo ridotti in questo stato di decomposizione cerebrale avanzata.

Lui scenderà in piazza ad ottobre alla manifestazione del PD. Io non lo so.
Allo stato attuale pronostico un immane flop e vi sono segnali forti in tal senso, non ultima la campagna di boicottaggio interno al partito. Mi duole annunciarlo, ma Veltroni ormai è una lame-duck, a meno che non subentrino colpi di scena a cui la politica italiana ci ha abituato. Ma ne dubito.
Sarò paranoico, ma sono davvero stanco di vedere questo dispiegarsi della vita così superficiale, così disinteressato e acritico. Criticare coi paraocchi e per atto di fede, criticare, criticare con una volgarità di atti e infestata disillusione, che non ha nulla da invidiare alle sparate della Guzzanti.
La volgarità è la forma più spregevole di schiavitù verso un padrone ignoto e accomodante. La responsabilità, i sentimenti, sono un libertà che costa fatica. Nel mio caso, una perdita di tempo.
Orsù! Scendiamo in piazza! Protestiamo!
E le pecore, senza sapere perché, scendono...
cedant arma togae, concedat laurea laudi. Che tristezza.

La minoranza, guarda silente, e si dispiace.

Ieri sera mi sono sentito male. E ho pensato ad un verso di Lou Reed: you just keep me hanging on... e mi sono sentito davvero misero. Ché il mio primo pensiero la mattina non avrebbe mai dovuto essere un volto di una persona, ma il rimpianto per quei tazzoni di latte e cereali che non posso più mangiare.
Quello sì, che razionalmente sarebbe un pensiero per cui star male. Il guaio è che non fa male più niente. Voglio soffrire, voglio il dolore, e non mi viene un cazzo di niente.
Solo un fastidio sottocutaneo che non è abbastanza eloquente nella sua pratica irritante.

Bevo un bicchiere d'acqua la mattina, sperando che sia un sorso d'umanità. Provare un briciolo d'amore per qualcosa, e per la vita che mi è sprofondata nell'indifferenza.
Non mi abbattono neanche le risposte che non ricevo.
Ditemi come si fa ad imparare a decidere, pronti a sorridere a chi non ha voglia di noi.

Quell'ignavia che pare circondarmi e rifiutarmi. Le stronzate pseudo-consolatorie che mi tocca ascoltare e ingerire come un boccone acido e clandestino, che non paga dazio sulla lingua, e viene ingoiato per porre fine all'idea che esso persiste tra le cose fisiche e materiali.
Non danno pace, non hanno sguardi né pietà, tra le voci di rimorsi e pentimenti.

Stamattina ho fatto una piccola passeggiata con una persona che ho recentemente rispolverato dal passato. Parla e mi annovera in una triade di persone da cui non vorrebbe separarsi mai.
Mi è cara, ha segnato un periodo bellissimo della mia vita, quando ancora mi spuntava a stento la barba.
Sono felice per lei. Sono felice quando c'è lei, e quando ci sono ancora quei tre o quattro, non di più.
Un bene che è solo mio, che non mi importa di sapere se è reciproco. Di cui non mi frega un cazzo conoscere la dimensione. Perché dalla mia gabbia di parole vuote ma doppiate non c'è scampo.

Odio la gente quando dimostra di volermi bene. Perché vuol dire che non ha capito un cazzo di me.

Lo so, tutti coloro che scrivono sono un po' matti.  Il punto è rendere interessante questa follia (François Truffaut)





mi sono spiato illudermi e fallire
abortire i figli come i sogni

mi sono guardato piangere in uno specchio di neve
mi sono visto che ridevo
mi sono visto di spalle che partivo
ti saluto dai paesi di domani

che sono visioni di anime contadine
in volo per il mondo




* butt d' sang: intercalare dialettale che denota sfinimento e rassegnazione


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