mercoledì 2 aprile 2008

Shit happens


Capita, nel luogo ove io e la bieca sorte abbiamo fatto in modo che la mia vita venisse così irremediabilmente compromessa, che ogni tanto qualche grande capo del sinedrio accademico venga a proporti un lavoretto. Solitamente l'azione seduttiva nei confronti dei nostri palati affamati comincia con la irrinunciabile proposta di un mesetto a fare due calcoletti e qualche schemino che frutterà nel proprio essiccato conto in banca un lauto compenso, e con la più onesta speranza di vedere il proprio nome epigrafato sulla prima pagina di una bella pubblicazione di cui il mondo, in tutta sincerità, proprio non sentiva la mancanza.
Capita magari quando stai a farti calcoli più seri nella tua vita, ad esempio, "come caspita raggranello la pecunia necessaria per andare a far una visitina di cortesia ad un'amichetta lontata?". Queste son le preoccupazioni che tolgono il sonno, altro che Uolter...
Mentre queste profonde inquietudini schiudono serissime perplessità sul senso della mia vita e dell'esitante mio persistere, nonché sul senso profondo che ha avuto negli ultimi mesi il Ministro Mussi (che pure è persona che stimo parecchio), compare nella sua aurea il tizio recante un'offerta che non si può rifiutare, i suoi connotati improvvisamente mutano, assumendo le sembianze di un cherubino celeste parasubordinato, assunto con contratto a progetto. Il progetto beato di venirti incontro e asciugare la bava da quasi nullatenente studioso appesa al labbro arso, con le sue convincenti parole piene di questo simbolo "€", e tanti, tanti splendidi zeri.
Ci si catapulta senza nemmeno pensare.
Si inizia istantaneamente, senza perdere tempo, prefigurando le proprie mani grondanti monete dorate e gli introiti da spendere con ardore in viaggi, corsi, conferenze e tutto ciò che rientra nella categoria "investire sul tuo futuro".
E così, trallallero trallallà, il primo mese di lavoro se ne va. Senza aver firmato uno straccio di carta, una prova dannata che attesti alla pubblica opinione che cosa hai fatto e prodotto. Nemmeno una dannata forma pirandelliana che ti inquadri in un incarico ufficiale e dica al mondo pubblico chi cazzo sei quando ti svegli la mattina. Nemmeno una sottospecie di patente alla Rosario Chiarchiaro che faccia di me un pezzo di carta bollata.
Il mese lievita assorbendo giorni e ingrossandosi a dismisura. Un altro mese, due mesi, tre mesi. Un intero semestre a produrre rapporti, grafici, a trasformare i giorni in istogrammi, diagrammi a torta, possibilmente sacher, e disegni di ogni genere.
E quando il cherubino mostra segni di insofferenza dinanzi alla ennesima sacrosanta richiesta di un giusto e costituzional garantito ristoro per l'opera prestata, ecco che nelle mani avresti desiderato tanto una zappa da spaccargli in testa. Sì, una zappa, perché fa più male ed è abbastanza brutale per farti giacere sulla medesima curva di indifferenza, diremmo noi.
E si finisce così, seduti ad una panchina, all'ombra di un pino i cui rami sfiorano la capigliatura disordinata e solleticano la testa, come una carezza che manca.
Ascoltando la malinconica e soffusa melodia drammatica dei trapani incessanti degli operai che ogni tre mesi stanno ad aggiustare sempre le stesse porte dei cessi. E l'odore di frittura che emana dal chiosco sino ai corridoi, agli uffici, allo stomaco tradito dall'ennesima presa per i fondelli.
- Cercati un lavoro serio! - mi capita di consigliare ai miei illustri colleghi, questo a dimostrazione della tesi che il sottoscritto abbia molta speranza per gli altri, incosciente di quel che ad egli personalmente attiene.
Dopo mesi che pascolo in seno a quella panchina ritorna il messo celeste. Assomiglia a qualcos'altro adesso, ma per me son tutti uguali e pertanto inutili. Non fa firmare il contratto per un lavoro già consegnato, propone un concorso, che prolunghi l'agonia. Lo si fa. E lo si supera, ovviamente. E si ricomincia la giostra, come una pedina di paglia che sogna di diventare un alfiere d'acciaio. E forse non resterà che una torre di legno.
E quando il marinaio fu sicuro che soltanto agli annegati fosse dato di vederlo, disse: "siate marinai, finché il mare non vi libererà".
La giostra comincia, e bisogna chiudere gli occhi e trattenere il fiato per non far girare la testa.
Scendo
dal tram a diverse fermate prima del solito, un tizio tutto borchiato mi chiede se ho da fargli accendere.
- Non fumo, mi spiace. - Gli rispondo sorridendo. In genere coloro che hanno delle travi di ferro nella lingua non sono destinati a riscuotere la mia simpatia. Però costui nel tram, oltre che a scambiare reciproche leccate col suo cagnolino, parlava con una signora anziana. Era cordiale, garbato, e molto sorridente.
Alle due di pomeriggio c'è poca gente in giro, e passeggiare da solo con la mia valigetta mi piace un sacco. Le vetrine sono chiuse, per fortuna. I rumori sono ai minimi normali durante le ore di luce. Gli scolari corrono attraversando frettolosamente le strade. Il vento di tramontana non è solito sollevare e condurre alle narici il profumo del mare. Amo questa negletta terra, a tal punto da volerla vedere scomparire ai miei piedi con modestissimi rimpianti. E magari si portasse via anche la mia lingua, così imparo a star zitto. E si portasse via anche la penna.
E mi portasse via il pensiero. Che è da un po' di tempo che quando vi ci metto piede trovo sempre la stessa ignara immagine.
Ricomincia la giostra.

5 commenti:

  1. ogni volta che mi si propone un diagramma a torta, anche il mio pensiero istantaneo è "possibilmente sacher". :-)

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  2. ...ho poco da dire...ma molto da leggere... :-)

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  3. Prinzi, ho il vago sospetto che questi pensieri non ti sovvengano soltanto quando si parla di diagrammi...


    "Anonima", qui c'è un vuoto grande più del mare, cantavano i new trolls.

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  4. ...te le ricordi le mie associazioni d'idee?

    Ecco alla parola "mare" mi viene in mente la bellissima canzone di Tricarico "Vita tranquilla"...che magari non è il tuo genere...ma la troverei una gran bella colonna sonora a molte delle tue parole...


    Al solito...buona vita brother!

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  5. Se me le ricordo... come la stella polare che attende la cometa di Halley.

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