giovedì 10 aprile 2008

Paranoid (eyes) Youth



Basta un'esigua folata di nebbia, basta che le nubi striscino prostrate anziché meritare il cielo aperto, che le lastre un tempo biancastre che lucidano tuttora il nervo della città, si rivestono di un sottilissimo strato di pantano sdrucciolevole.
- Lo vedi quel vaso a forma di prisma ottagonale bombato posto al centro dell'imbocco del corso? -
Una volta sotto quel vaso uno di noi nascose  una pistola ad acqua. Stava facendo buio ed il padre l'aveva mandato a chiamare. Non sapeva che il figlio possedesse una pistola ad acqua con cui infastidire i vecchi  frequentatori del borgo vecchio dopo pranzo. Se l'avesse saputo gli avrebbe tirato il collo come un cappone. - La trovo la pistola là. Domani la vengo a riprendere. - E se ne andò preoccupato solo di asciugarsi il sudore sul collo e sulle guance arrossate. Rimanemmo in due, ed io volli tornare a casa. - Aspetta... - mi disse l'altro. E, ridendo estasiato al pensiero della imminente impresa, ritornò di corsa al vaso a forma di prisma ottagonale e prese la pistola lì sotto nascosta. - Ma che fai? - chiesi io. - Tanto gliela fregherà qualcun altro. Tanto vale che gliela rubo io. - Mi rispose. Rimasi in silenzio, il ragionamento filava eccome. Ma ebbi come un lampo d'odio per quei due, per il primo idiota che si fidava così tanto, e due volte in più per quell'altro ladro disonesto.
- Ehi mamma! Guarda cosa ho trovato a terra! - ostentava il suo frodato trofeo alla madre affacciata al balcone, con la voce di  un angioletto castrato. - Ma tu guarda, certe volte... sali che dobbiamo cenare... - Rispose costei. Gli avrei messo le mani in gola, davvero.
I pomeriggi di maggio eravamo soliti trascorrerli scaraventati per strada, i nostri vecchi erano tranquilli e rassicurati che fossimo devoti fanciulli di parrocchia. Parevano alquanto smarriti e confusi quando qualcuno di noi rientrava  nella cuccia familiare tutto bagnato, insudiaciato dagli sgambetti sul viscido corso sempre umido. Quando si rischiava di restare appesi a qualche albero prospiciente il terrazzino di una catapecchia pericolante, quando si cominciavano a rubare le prime sigarette al padre smemorato e si andavano a fumare seduti sulle rocce sporgenti impaludate nei suoli sparsi sul versante scosceso del colle, suoli contesi come territori marcati dal piscio dei cani.
Ora c'è un palazzo di sei piani, hanno persino abbattuto quel casolare dal tetto sfondato dalle radici dell'edera. Tra i mattoni  precipitati e malfermi loro nascondevano i pacchetti di sigarette che poco a poco avevano cominciato a comprare; i pomeriggi di giugno li guardavo seduto su una trave franata. Io non fumavo, quella scoperta mi sapeva tanto di una sciocca replica delle vergogne paterne così fine a se stessa. Senza alcuna autonomia. Come mi faceva inorridire quel loro masturbarsi in gruppo,
sui preposti giornaletti, come fossero un branco di faine bavose. Li scovai per caso una sera, quando uno di questi puzzava di cenere nonostante le caramelle e, sospettando, lo pedinai. Da lontano lo vidi nascondersi nelle frasche secche e subito dopo scorsi una piccola lucetta rossa accendersi e gonfiarsi ad ogni tirata di fumo. Non mi coinvolsero inizialmente in quelle loro puerili stronzate, sapevano chi ero e non ebbero torto.
Una sera di giugno dopo qualche anno, quando la prima barbetta prepuberale iniziava a sgualcire le innocenti facce da fessi che i cromosomi genitoriali avevano elaborato per noi, si girava intorno al solito passeggio tardo-crepuscolare. Costeggiavamo ancora quel vaso a forma di prisma ottagonale, questa volta riempito di gerani fioriti.
Silente camminavo con l'amico che fu ladro di pistole ad acqua, ed era anche egli cresciuto di qualche centimetro e di qualche neurone. Costui compativa la mia presenza assorta, attento a non ledere la mia contemplazione. Un giro... due giri... tre giri... sempre in silezio. Il fido compare avrebbe voluto avvisare il turbato Alcor che un paio di ragazzine loro coetanee, incrociando i loro giri, alla vista dei due maschietti ammiccavano come gattine ardenti. Ma si astenne, temendo le feroci urla del giovane Alcor, all'ora già contaminato dall'invereconda e insostenibile leggerezza dell'essere.
All'ennesimo giro, una di tali donnine ripose da parte il suo timore reverenziale e si accostò ai due ragazzi, ed ebbe l'ardire di rivolgere la parola al timido e silente, e affranto, Alcor:

- Ti posso conoscere? - chiese lei.

- No. - rispose Alcor, allungando il passo.

- ...ti posso conoscere? -  insistette lei, andandogli dietro...

- Nooo! -  impercettibilmente irritato rispose, Alcor.

- Eddai... ti posso conoscere? Io mi chiamo... -

- NOOOOOOOOO!!! -  furibondo esplose Alcor.

A quel punto, stordita, la tizia tornò dalla sua amica rimasta qualche passo indietro. Ma andando via, si voltò verso i due, e apostrofando Alcor, nella pubblica piazza, gli urlò nell'idioma tipico del luogo:

- 'stù chigghiòn!!!* - Alcor, in tutta risposta, si voltò e contraccambiò il complimento:

- 'stà zoccl !!!** -






Lo so, c'è troppa musica. Ora che mi ritrovo forse torno. O forse no... Ma da quanto tempo è che parlo da solo?




Chiuditi la bocca, non lasciar scivolare lo scudo.
Stringi bene la tua maschera antiproiettile.
E se cercano di distruggere
il tuo travestimento con le loro domande,
ti puoi nascondere, nascondere, nascondere,
dietro occhi paranoici.




Assumi un'espressione coraggiosa e fuggi appena puoi
con un sorriso indifferente, come fossi casualmente appoggiato al bancone di un bar
ridendo forte alle spalle del resto del mondo
con i ragazzi fra la folla.
ti nascondi, nascondi, nascondi,
dietro occhi pietrificati.




Hai creduto alle loro storie di fama, fortuna e gloria.
Ora sei perso nella nebbia di una morbida mezza età alcolizzata.
Alla fine la torta in cielo era posta troppo in alto.
E tu ti nascondi, nascondi, nascondi,
dietro a miti occhi castani.





traduzione da: R. Waters, Paranoid Eyes, The Final Cut, 1983


nell'immagine: S. Dalì, Endless Enigma, 1938.




* traduzione dal dialetto autoctono: " 'sto coglione!!!"
** traduzione dal dialetto autoctono: " 'sta zoccola!!!"




4 commenti:

  1. Curioso...

    Alla domanda "Ciao, ti posso conoscere?" io solitamente rispondo: "Se ne sei capace....".

    Si vede che son stata troppo a lungo lontana dalla mia terra.

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  2. Madame, avevo qualcosa come 14 anni...

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  3. ...Quando si dice un bambino prodigio...

    Felice Liberazione.

    Madame Revanche

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  4. Altrettanto...anche se mi pare che proprio recentemente siamo un po' ritornati indietro di oltre 60 anni...

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