lunedì 17 dicembre 2007

Il cuore rivelatore (E. A. Poe)






E' vero! Sono e sono sempre stato nervoso, molto, spaventosamente nervoso; ma perchè dite che sono pazzo? La malattia ha acuito i miei sensi, ma non li ha  distrutti, non li ha soffocati. Come può essere dunque che io sia pazzo? Ascoltatemi! È impossibile dire come l'idea mi sia entrata per la prima volta nel cervello.
Scopo non ne avevo. Odio neppure. Non mi aveva mai fatto del male.  Non mi aveva mai insultato. Non desideravo il suo oro. Credo fosse il suo occhio! Sì, fu proprio così! Aveva l'occhio di un avvoltoio, un occhio pallido, azzurro, coperto di una pellicola. Ogni volta che esso si posava su di  me il mio sangue si raggelava, e così per gradi, oh, per gradi molto lenti, io  decisi di togliere la vita al vecchio, e sbarazzarmi così per sempre di  quell'occhio.   
Mai fui così gentile col vecchio. E ogni sera, verso mezzanotte, giravo il paletto della sua porta e aprivo l'uscio... oh, come piano! E poi, una volta ottenuta un'apertura sufficiente perchè la mia testa potesse a passarvi, mettevo dentro una lanterna cieca, tutta chiusa, ben chiusa, in modo  che non ne uscisse nessuna luce, e poi spingevo innanzi il capo. Oh, avreste riso nel vedere con quanta furberia lo insinuavo nell'apertura! Lo muovevo lentamente, in modo da non disturbare il sonno del vecchio. Mi ci voleva un'ora intera per far passare tutta quanta la testa entro la fessura in modo da poterlo vedere mentre giaceva sul letto. Poi, quando tutta la mia testa era entrata nella stanza, scoprivo la lanterna cautamente, la scoprivo giusto quel tanto che mi permetteva di far cadere un unico sottile raggio sull'occhio d'avvoltoio. E questo feci per sette lunghe notti, esattamente ogni notte a mezzanotte, ma trovavo l'occhio sempre chiuso, cosicché mi era impossibile compiere la mia opera, poiché non era il vecchio che mi irritava ma il suo Occhio Maligno. L'ottava sera fui più cauto del solito nell'aprire la porta. Stentavo a trattenere la mia sensazione di trionfo. Pensare che io ero lì, ad aprire la porta a poco a poco, senza che egli neppure lontanamente sospettasse le mie azioni o i miei pensieri segreti. Per poco non mi misi a sogghignare, e forse egli mi intese, poiché ad un tratto si mosse sul letto, quasi risvegliato di soprassalto. Ma forse ora crederete che io arretrassi... ma non fu così. La sua stanza fittamente immersa nelle tenebre era nera come la pece: perciò ero certo che non mi potesse vedere nell'atto di aprire l'uscio, e seguitai quindi a spingere la maniglia in avanti, sempre più in avanti, senza esitazioni.
Già avevo messo dentro la testa, e stavo per aprire la lanterna, quando il mio pollice scivolò sul gancetto di metallo, e il vecchio balzò a sedere sul letto gridando: - Chi è là?
Rimasi perfettamente immobile e non proferii sillaba: durante un'ora intera non mossi un solo muscolo, eppure in tutto quel tempo non lo intesi riadagiarsi. Era sempre a sedere sul letto in ascolto... esattamente come avevo fatto io, notte per notte, mentre ascoltavo gli orologi della morte rintoccare sulla parete.
Infine avvertii un gemito sommesso, e compresi che era un gemito di terrore mortale. Non era né un gemito di sofferenza né un gemito di dolore, oh, no! Era l'ansito soffocato, contenuto, che si leva dal fondo dell'anima allorché  questa è sopraffatta dalla paura. Capivo quel che il vecchio sentiva, e avevo pietà di lui, benché dentro di me sghignazzassi. Da quel momento i suoi timori non avevano fatto che crescere entro di lui. Doveva aver tentato di giudicarli senza motivo, ma non gli era stato possibile. Certo si era detto: "Deve essere semplicemente il vento nel camino... oppure un topo che attraversa il pavimento", oppure: "forse soltanto un grillo che ha trillato un'unica volta". Sì, certo doveva essersi confortato con queste supposizioni, ma doveva averle trovate tutte inutili: perchè la Morte, avvicinandosi a lui, era venuta avanzando entro la sua nera ombra e aveva avviluppato la sua vittima. Ed era il lugubre influsso dell'ombra invisibile che gli faceva sentire, benché non potesse né udire né vedere, che gli faceva sentire la presenza della mia testa all'interno della stanza.
Era aperto, tutto aperto l'occhio d'avvoltoio, completamente spalancato, e nel fissarlo la furia mi invase. Lo vedevo distintamente, tutto di un azzurro opaco, con quell'odioso velo che lo ricopriva e che faceva raggelare persino il midollo delle mie ossa; ma non potevo vedere altro del vecchio, poiché avevo rivolto il raggio come per istinto proprio su quell'unico maledetto punto.
Ciò che voi scambiate per pazzia altro non era che una esasperazione dei miei sensi? Ebbene: ecco che ora le mie orecchie percepirono un rumore sommesso, soffocato, veloce, simile a quello che fa un orologio quando è avvolto nel cotone. Era il battito del cuore del vecchio. Questo aumentò il mio furore, allo stesso modo che il rullare di un tamburo stimola il coraggio del soldato.
Respiravo appena. Tenevo la lanterna ferma. Cercavo di vedere sino a che punto sarei riuscito a mantenere immobile sull'occhio il raggio. Frattanto il tam-tam infernale del cuore aumentava. Si faceva sempre più rapido e sempre più forte a ogni attimo. Il terrore del vecchio deve essere stato infinito! Aumentava, ripeto, a ogni istante! E adesso in quell'ora spenta e morta della notte, nel silenzio inverosimile di quella vecchia casa, l'irreale rumore suscitò in me un terrore incontrollabile. Mi parve che il cuore dovesse scoppiare. Ed ecco che una nuova angoscia mi strinse: il rumore sarebbe stato inteso da qualche vicino! L'ora del vecchio era giunta! Con un urlo insano feci scattare lo schermo della lanterna e balzai nella stanza. Egli gridò una sola volta, una volta soltanto.
Immediatamente lo buttai a terra e gli gettai addosso il letto pesante. Allora presi a sorridere lietamente, accorgendomi di averla fatta finita così in fretta. Ma per molti minuti il cuore seguitò a battere con un rumore soffocato. Ciò però non mi turbava. Infine il rumore cessò. Il vecchio era morto. Posai una mano sul cuore e ve la tenni per lunghi minuti. Non avvertii pulsazione alcuna. Il suo occhio non mi avrebbe più ossessionato. Per prima cosa smembrai il corpo, gli spiccai il capo, le braccia e le gambe. Divelsi quindi tre assi del pavimento della stanza e posai ogni cosa fra i travicelli. Non c'era da lavar via nulla, nessuna macchia di nessun genere, nessuna traccia di sangue. Ero stato troppo guardingo per cadere in un simile errore. Avevo raccolto tutto in un mastello... Ah! ah!
Non appena la campana cessò i suoi rintocchi intesi bussare all'uscio di strada. Scesi ad aprire col cuore leggero: infatti che cosa avevo da temere? Entrarono tre uomini che si  presentarono con perfetta gentilezza come funzionari di polizia. Un vicino aveva inteso un urlo durante la notte; aveva sospettato qualcosa di losco. Sorrisi: che cosa avevo da temere, infatti? Pregai gli uomini di accomodarsi. L'urlo, spiegai, era stato lanciato da me nel sonno. In quanto al vecchio era partito per la campagna. Feci fare ai poliziotti il giro della casa. Infine li condussi nella sua stanza. Mostrai loro i suoi tesori, che erano in ordine e al sicuro. Nell'entusiasmo della mia sicurezza portai nella stanza alcune seggiole e insistetti perchè sedessero lì a riposarsi dalle loro fatiche, mentre io, nella folle audacia del mio completo trionfo, posai la mia seggiola proprio sul punto esatto sotto cui riposava il cadavere della vittima. Io ero straordinariamente calmo. Ma in breve mi sentii impallidire e cominciai a desiderare in cuor mio che se ne andassero. La testa mi doleva e mi sembrava che le orecchie mi rintronassero. Ma gli uomini seguitarono a sedere e a chiacchierare. Il ronzio delle orecchie si fece più distinto... Diveniva sempre più intenso, sempre più distinto: ripresi a discorrere ancor più animatamente per sbarazzarmi di quella sensazione sgradevole, ma essa continuava, e diventava anzi sempre più definita, finchè mi accorsi che il rumore non risuonava entro le mie orecchie. Senza dubbio dovevo essere diventato pallidissimo, ma seguitavo a discorrere sempre più animatamente, e alzando il tono della mia voce. Nondimeno il rumore aumentava, e cosa potevo fare? Ansimai: mi sentivo il fiato mozzo; e tuttavia i poliziotti non lo avevano avvertito. Parlai con irruenza ancora maggiore, ma il rumore aumentava inesorabilmente. Mi alzai e presi a discutere di sciocchezze, in tono di voce altissimo e gesticolando violentemente, ma il rumore cresceva implacabile. Incominciai a passeggiare innanzi e indietro a lunghi passi, quasiché i discorsi di quegli uomini mi avessero infuriato, ma il rumore cresceva, cresceva sempre. Oh, Dio! Che cosa potevo fare? Schiumavo, vaneggiavo, bestemmiavo! Volsi di scatto la seggiola su cui mi ero messo a sedere, la trascinai sulle tavole, ma il rumore copriva ogni cosa aumentando continuamente. Si faceva sempre più forte, sempre più forte! E tuttavia gli uomini seguitavano a discorrere piacevolmente, e sorridevano. Era mai possibile che non udissero? Dio onnipotente! No, no! Certo che lo udivano! Sospettavano! Sapevano! Si beffavano della mia disperazione! Questo pensai, e questo penso. Ma qualsiasi cosa era meglio dell'angoscia mortale che mi attanagliava! Qualsiasi cosa era più tollerabile di quella derisione! Non potevo più sopportare quei sorrisi ipocriti! Compresi che dovevo urlare o altrimenti sarei morto! Ed ecco, ancora! Ascoltate! Più forte! Più forte! Più forte!
- Mascalzoni! - urlai, - smettetela di fingere! Confesso il delitto! Togliete quelle tavole! Qui, qui! È il battito del suo odioso cuore!


tratto da: Edgar A. Poe, IL CUORE RIVELATORE, I racconti del Terrore


Questo post è un esperimento di mixaggio di file audio con cui ho tentato di riprodurre un file sonoro che "raccontasse" questo racconto e la sua atmosfera. Il tema principale è la base di "The End" dei The Doors (gran bel pezzo...).

8 commenti:

  1. esperimento riuscito:-) ora fanne uno con Hey you, non so che testo potresti adattarci ma non sarà difficile trovarlo ;-)

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  2. Grazie! Un esperimento con Hey You... un recluso nel MURO che cerca di attirare l'attenzione del mondo... Ricorrere a Jean-Paul mi sembrerebbe troppo immediato, forse... mmm... la Metamorfosi di Kafka? Vedremo...

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  3. Tentar non nuoce...io l'adoro quella canzone , è bellissima! ;-)

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  4. Vedremo un po'... per pensare questo di The End ci ho messo due mesi! Anziché il testo del racconto (opportunamente decurtato) doveva esserci una voce narrante, poi visto il risultato pessimo della mia decantazione dell'opera, ho preferito lasciar perdere...

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  5. Bella idea! Il mio racconto preferito di Poe è "Il Corvo". Che musica ci starebbe bene?

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  6. Ci devo pensare Silvren...

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  7. concordo, exp riuscito! bella idea hai avuto... penso a "il corvo" e ti dico se mi viene in mente qualcosa..

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