venerdì 8 ottobre 2010

Back upping life

Per sentirmi ancora più bi-cromaticamente fausto nell'antico vezzo, anziché il tempera-matite usai un coltello da raccoglitore di funghi, per spuntare la matita con cui tornai a sottolineare i volumi.

Dopo tanto tempo. E tornarono a chiamarlo prof.
Quando non occorreva più nemmeno la barba a sancire il lasso di tempo speso ad esistere formalmente.

Quella stazione offriva cubature abitative senza feritoie in cielo, che mietevano presto il mattino autunnale. Da lì erano state sigarette ansiose, valigie zoppe e sformate, e tramezzini col tonno e salmone.
Cimeli jacopini verso un hub delle ambizioni proteso verso vasti bacini di tetti stranieri, loggie di speranza larghe quanto le pazienti cosce di una puttana. Dove sembrava possibile sistemare i mattoncini e le intercapedini in modo tale da produrre una discreta coerenza cogli insegnamenti pagati caramente ai refrattari depositati ai bordi del binario di partenza.

Ogni tanto si scorge qualche fumo lontano dalle balaustre del porticciolo, e gli ultimi ciuffi della coda montuosa tra le cui estremità è narrata con dovizia tutta l'epica di un distacco.
Che come un faro stanco, affanna la sua rotazione intorno all'asse del proprio coraggio. Mansueta e ubbidiente luce  esso posa sulle rotte tracciate da chiglie più affilate.


Dà l'idea di poter passare, di dover smettere, e mi scova ancora.

3 commenti:

  1. restituisco il sorriso ebete che hai lasciato nel mio post,come avevo li annunciato:
    :)
    vero,bellissimo post,come sono bellissimi tutti i tuoi post,almeno così mi sembra perchè salto circa 8 righe su 10
    non riesco mai ad arrivare alla fine...
    dio guarisci la mia inettitudine intellettuale ti prego!

    RispondiElimina
  2. Mi ispiri particolarmente! 
    E credo che di qui andando avanti, ti seguirò con particolare attenzione!

    RispondiElimina