venerdì 27 novembre 2009

Il problema è l'essere animali sociali

Provare a vincere ad ogni costo rinnegando ogni qualsiasi pegno alla coerenza, oppure essere pienamente convinti che metodo e sostanza siano monoliti intoccabili, binomi indissolubili, che spogliano i comportamenti di qualunque principio stocastico.

Insomma la Puglia è la regione più innovatrice del Mezzogiorno e d'Italia. Quella che negli ultimi anni ha fatto registrare tassi di crescita migliori di quelli della Lombardia, quella che ha conosciuto una recessione più morbida, quella che ha saputo mettere in campo politiche di ricerca e in favore dei giovani chesono diventati modello appetibile persino per taluni illuminati esponenti dell'attuale miserabile governo.

Però bisogna vincere, e tutto questo pare non bastare.

La capacità indiscussa ed il buon governo non sono variabili indipendenti. Esiste il termine dell'errore. Quello che è convinto che lo scardinamento dell'architrave nebuloso che regge i connubbi della sanità pubblico/privata possa cedere dinanzi all'ostinazione moralista vendoliana, quello che vorrebbe magari attingere son copiosi sorsi al maggiore acquedotto d'europa, o far cacare fumi più silenziosi al peggior culo d'Europa.

Dobbiamo vincere, o dobbiamo difendere tutto questo, e provare a limitare i danni?

Ed il cittadino, ora che avrà finito di sollazzarsi con i plastici dell'appartamento di Brenda, avrà ancora qualche cellula nervosa intonsa per comprendere qualcosa?

Assecondare l'apparato di cui si è parte, o lanciarsi verso un impeto di verità? Magari compromettere quella che oggi ha i presupposti per diventare una fulgida carriera, o serrare i ranghi e turarsi il naso?

Insomma, ritrovarmi con le pezze al culo e mandare a puttane un percorso finora perfetto, per difendere un ricchione che ha provato a trasformare i destini di una terra di cui, peraltro, mi frega poco.
Un probabile epilogo del genere non l'avrei mai immaginato.

La deriva del ripiego sulla massa non ci salverà.

Il problema è sempre il dilemma tra egoismo e giustizia. Come quando stai per sederti a tavola. Non è ancora pronto. Il piatto sta per essere servito, i commensali indugiano.
L'attesa della convivialità sincronizzata, sommata all'attesa del piatto caldo, induce ad allungare le mani sulle olive, sul pane, sul vino, su tutte queste cazzo di trappole disseminate per la tavola pronte a catturare e soddisfare gli appetiti preliminari.

Con lo stomaco clandestinamente soddisfatto per buona parte da questi micro elementi criminali, e tutti rigorosamente dotati di un apporto calorico notevolmente copioso benché concentrato, ecco giungere il pasto.
A cui non si può, socialmente, rinunciare.

E i danni son presto cagionati.

Il problema è sempre quello, la capacità dell'offerta di adeguarsi all'irrazionalità della domanda. La prontezza con cui si risponde alla fame. Ché se facessi sempre come sono stato solito fare: prepararmi da me stesso, consumare in solitudine, e ignorare tutti, avrei procurato un piccolo sinistro al valore della famiglia, ma avrei mantenuto integra la mia persona, il mio fisico, il mio morale.

I varchi sono sempre quelli, gli approdi i medesimi: fagottinizzarsi e corrompersi, restare integerrimi e poi morire di fame.

2 commenti:

  1. a parte il tuo stile di scrittura (perdonami ho 55 anni) ...
    Il problema è sempre il dilemma tra egoismo e giustizia.

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