Scendono lentamente dalle nuvole
i pensieri che ora mi assalgono.
Nello spazio fra i cieli
e nell’angolo di qualche mondo straniero,
ho fatto un sogno.
Addio papà,
Addio mamma.
Dopo il rito, quando ritorni lentamente all’auto,
e l’argento dei suoi capelli
splende nell’aria fredda di novembre,
senti la campana che suona,
tocchi la seta del risvolto.
E mentre le lacrime cadono
per essere asciugate da quella musica,
le prendi la mano fragile,
e ti aggrappi ostinatamente al tuo sogno.
Un posto per vivere,
cibo a sufficienza,
un luogo dove i vecchi miti passeggiano tranquillamente,
dove puoi urlare ad alta voce
i dubbi e le paure,
e dove nessuno muore.
Dove non ti gettano sulla soglia il solito giornale di frasi fatte,
dove te ne stai tranquillo e beato,
e non ci sono maniaci che innescano
l’esplosivo nella mente dei musicisti.
Dove tutti godono della stessa legge.
E nessuno uccide più i bambini.
Notte dopo notte,
mi rigira nella mente,
quel suo sogno mi fa impazzire.
Nell’angolo di qualche mondo sconosciuto,
l’uomo con la pistola stanotte dorme.
Quel che è fatto è fatto.
Non possiamo cancellare le sue ultime parole.
Pensate bene al suo sogno.
Pensate
Pink Floyd, The Gunner's Dream, The Final Cut- 1983
La suono a modo mio, la canto con la mia voce, la arpeggio con le mie dita, la sento io, la vivo, la sto scrivendo io, tra le sue parole c'è il mio respiro, ci sono io con il mio fiato, in questo giorno che non è ancora il mio momento, il momento di quel silenzio che sgombra, ancora persisto e sono ancora io.
Non voglio recidere il filo che mi tiene appeso al cielo sopra l'orizzonte, ma se mi addormentassi un attimo, se la mia veglia infinita si assopisse per prestar l'orecchio al gèmito che dentro mi scuote, e quel filo di zucchero si sciogliesse da solo, senza che io possa accorgermene... forse guarirei, forse tornerei a respirare, forse correrò di nuovo leggero come un cirro nel libeccio. Come una piuma che non è mai stata parte dell'ala di un gabbiano.
Forse però sarei solo una bottiglia vuota abbandonata nel mare, senza un messaggio.
C'è come un angelo nero che mi avvolge con le sue braccia, linde e morbide di giovane donna. Che mi fa ombra e mi concupisce la mente. E' seducente nei suoi incanti, nelle sue trame. E' un male antico che ha lo sguardo che accusa. E la colpa mi assale. Mi allontana, mi protegge, un parassita che si nutre del coraggio di essere, ed apre al contrario le finestre del cuore. Dischiuse verso la repressione interiore, anziché spalancate, bramanti di scappar via in una dolce follia verso le nuvole lontane.
Non mi farò ingannare da quel calore...
Provo a sussurrare qualche sillaba incomprensibile, nessuno ascolta. Inutile urlare. Ma calerà una notte anche per le stelle, una parentesi di buio che ne purificherà la luce perenne, ed anche per chi non tramonta ci sarà un assaggio di pace.
Ma ancora non è maturata l'ombra. Resisto finché non trovo le autentiche mie parole, e finché la tela su cui dipingere questo intermezzo, questo atto vuoto di uno spettacolo che non avrà mai luogo, non sarà del tutto calata sulla scena.
Non è nulla, come stai? Non c'è nessun dolore... tutto bene, inutile, stupido, insulso, irrilevante, e così tipicamente piccolo.
Libera traduzione by Alcor.
... davvero... contenuti favolosi, in questo post.
RispondiEliminaGrazie...
RispondiEliminaniente carta del cielo questo we?
RispondiEliminaEhm..... era domenica oggi? M'ero scordato...
RispondiEliminaE non ho detto "scordato" tanto per, è proprio che sto come un violoncello scordato...
E' inutile che mi firmo perchè so di esser io, e sono talmente indolente da non aver voglia di loggarmi. Maledetto Alcor, ti detesto.
G.