venerdì 31 agosto 2007

Guardiamo il cielo

Ne avevo accennato domenica scorsa. Inizierò un nuovo modo per parlare di stelle. Pensavo che queste interessassero a pochi o a nessuno; ma mi sono piacevolmente sbagliato. Così in quest'attimo di pausa dal grigio e quotidiano lavoro, voglio guardare il cielo ed aiutarvi a guardarlo. Con gli stessi occhi di quando iniziai, da bambino. Comincia un nuovo viaggio, uno dei tanti. E devo ringraziare una persona dentro se ho il desiderio di farlo. E non solo di quello.

Roma, 31 agosto 2007, ore 22:00, orizzonte nord


Comincia questo viaggio tra dimensioni celesti e un sogno alle spalle della stella di ognuno di noi.
La mappa del cielo offre una visione completa sul moto della volta celeste durante le settimane, in questo appuntamento invece mi soffermo su porzioni di cielo particolari.
Ed in questo viaggio, come in ogni viaggio, si parte da casa. E la mia casa è lì a nord: l'Orsa Maggiore (UMa). Per non intasare l'immagine, la cui qualità non è delle migliori, ho indicato le sigle delle costellazioni. I nomi delle stelle principali sono ovviamente quelli in giallo. Guardate a Nord, non è molto alto sull'orizzonte e lo riconoscete abbastanza facilmente persino in città, il Grande Carro e le sue sette stelle. Ci sono anche io: nascosto, accanto a Mizar c'è Alcor, inscindibili. Individuato il Grande Carro osservate le stelle Merak e Dubhe, ed immaginate di prolungare il segmento che le unisce come nell'immagine è indicato dalla freccia rossa. Incontrerete un stella non eccessivamente luminosa in un regione poco densa di stelle appariscenti, è lei la Stella Polare. La Polare, dell'Orsa Minore (UMi). Trovata la Polare, con qualche difficoltà se siete in ambiente illuminati potrete individuare l'intero Piccolo Carro.
Artemide trasformò la ninfa Callisto in un'Orsa perchè aveva giaciuto con Zeus perdendo la verginità, il figlio nato da questi, Arcas durante una battuta di caccia stava per uccidere la madre. Allora Zeus per salvare entrambi li collocò in cielo, il piccolo Arcas divenne l'Orsa Minore. Tra le due Orse, se ben individuate si snoda la costellazione del Dragone (Dra) anche essa molto facile da individuare. Ma torniamo sulla Polare. Questa stelle indica il Polo Nord celeste, ovvero la proiezione immaginaria nel cielo dell'asse di rotazione terrestre. Come la Terra durante il giorno ruota intorno al suo asse, così la volta celeste ruota apparentemente intorno alla Stella Polare. Le costellazioni prossime a questa stella che hanno una distanza angolare da questa inferiore alla declianzione (latitudine) della Polare sono intramontaili.  Ruotano intorno alla  Polare ma sono sempre visibili durante l'anno. Così è per l'Orsa Maggiore, il Dragone, Cassiopea (non si vede nell'immagine) e Cefeo (Cep).
Torniamo al Grande Carro. E poniamo l'attenzione sulle tre stelle che ne compongono il "manico": Alioth, Mizar e Alkaid, prolunghiamo con lo sguardo la traiettoria indirizzata da queste tre stelle e incontriamo una delle stelle più luminose del cielo boreale: Arturo, costellazione del Bootes (Boo). Arturo vuol dire "cacciatore di orsi" ed è appunto collocato nei pressi delle due Orse; inoltre la figura dell'orso è sempre stata associata a quella di Re Artù. Arturo, la Polare e Vega formano una specie di triangolo isoscele. Vega è la stella più luminosa del cielo boreale. Per individuarla d'estate basta alzare gli occhi al cielo, in alto, e provare ad individuarla tra gli astri più luminosi. Naturalmente non è agevole rintracciarla nella precedente immagine. Meglio se date uno sguardo alla mappa del cielo e individuate il triangolo estivo: Vega, Deneb e Altair. Ma questa sarà la materia della prossima puntata. Accanto alla costellazione di Bootes vedete quella della Corona Boreale (CrB), che spicca molto bene nelle notti buie, così come Ercole (Her).
Come inizio del viaggio mi fermo qui. Questa voleva essere solo un tappa introduttiva. A presto

giovedì 30 agosto 2007

mercoledì 29 agosto 2007

Portami, tu sai dove...


Non esiste alcuna nuvola impazzita che il vento non possa levigare e plasmare con le sue dita invisibili. Vedo fondersi spume del cielo d'un bianco zuccherino, mentre il sole rende dorata la fronte di quei vapori d'aliti risaliti nell'aria dalle onde del mare. Onde impreziosite dal ricordo della pelle degli uomini che vi hanno nuotato attraverso, disseminandole con i pensieri sorti in quel muto ristoro. Arricchite dall'anima di intensi abbracci, di bambini incerti incapaci di nuotare come i delfini che al largo di un'isola che spezza l'orizzonte s'abbeverano di lacrime di speranza e di addio ivi versate durante i secoli; l'ansia di perdersi e quella di incontrarsi sarà sempre lì, l'anima del mare. Che unisce, divide e crea ponti d'amore tra sponde che vorrebbero irrompere in istanti di vita troppo lontani, e intanto si guardano liete da opposti orizzonti, attendendo di essere terra su quell'unica isola abbracciata dall'acqua. Lì confluisce il mio sguardo dalla cima da cui tutto osservo, spalancando nel vento le braccia, sognando che la pelle diventi piumata ad ogni passero o rondine, o tordo che mi volteggia intorno inneggiando, e che un mio balzo diventi un librarsi soave sulla pianura che volge a meridione. Ma non sarò io ad essere Icaro. Non sarà un'illusione... perchè so già che stai arrivando anche tu, figlio del mare e degli abissi dell'universo. Galoppi rapido da una sorgente dispersa del cielo, arriverai quando non ci saranno pensieri tra i miei occhi ed il mio cuore. Ti vedrò apparire tra nuvole che disegnano epiche gesta nel firmamento. Faranno da cornice al giorno che porterà il tuo nome. Cavalcheremo tra gli aironi quando la mia carne sarà bianca e linda al punto da potersi confondere sulla tua nivea groppa che accolse Perseo, ed il suo coraggio di perder lo sguardo per poter volare ancora più in alto, laddove buio e luce giacciono nello stesso nido. E la vita non è altro che una piuma fluttuante nell'aere che non si poserà mai. Libera di lasciarsi incantare da carezze e colori, sfiorerà la luce tra i suoi petali bianchi. Conosci la via che conduce al sentiero oltre il luccichio della stella nascosta; oltre la siepe c'è silenzio, oltre una palpebra chiusa c'è il sole, oltre la mia vertigine c'è una dimora solenne tra colonne dorate senza volta, e saloni senza soffitto con melodie d'archi e ruscelli di cigni e di fate sdraiate, assopite tra i gigli.

E soltanto Yann potrebbe accompagnarmi, ancora una volta.

martedì 28 agosto 2007

The Final Cut



Attraverso le lenti a occhio di pesce


di occhi bagnati dal pianto
riesco a malapena a dar corpo a quel preciso momento.
E ben lontano da elevarmi verso cieli azzurri e puri
precipito a spirale in questo buco sottoterra
dove mi nascondo.


Se passate oltre il campo minato sulla strada
se scampate ai cani,
e se ingannate il freddo occhio elettronico,
e se ce la fate ad evitare il fucile nell'entrata,
usate la combinazione, aprite la cassaforte,
e se ci sarò, vi dirò cosa c'è dietro il muro.




C'è un ragazzo che ha avuto una grossa allucinazione
facendo l'amore con le ragazze sulle riviste.
Si chiede se dormite con la vostra nuova fede.
Qualcuno potrebbe amarlo?
 O si tratta solo del sogno di un pazzo?




E se ti mostro il mio lato oscuro
mi stringerai ugualmente questa notte?
E se ti apro il mio cuore
e ti mostro il mio lato debole,
che cosa farai?
Venderai la mia storia ai Rolling Stone?
Porterai via i bambini e mi lascerai solo?
E sorriderai per rassicurarmi
mentre telefoni sottovoce?
mi farai fare le valigie,
o mi porterai a casa con te?


Pensavo di dover mettere a nudo i miei sentimenti.
Pensavo di poter strappare il mio sipario.
Tenevo il coltello con le mani tremanti
pronto per farlo ma poi ha suonato il telefono,
e non ho mai trovato la forza per dare il taglio finale.

(Waters)




traduzione tratta da: www.pink-floyd.it, rivista e corretta da Alcor.


La radio della mia auto l'ha urlata stanotte... tra le strade deserte di case assopite. Di gente assorta nel sonno o nei sentimenti, o nei rimpianti, o nei tradimenti. Alla ricerca del domani. Io un domani l'ho messo a tacere, uno fra i tanti possibili, che adesso non m'appartiene più. Tra le lacrime. Mentre infuriavo tra strettoie e vicoli bui di un'impervia collina. E la pallida luna contemplava in silenzio la rabbia. Mescolavo la mia voce a quella di Waters. Non ho un cavallo bianco da cavalcare... solo un freddo mostro di lamiera di metallo e gasolio. Ma dai finestrini aperti nel vento che spirava dal mare che ho alle spalle fino al mare che ho di fronte, sarebbe fuoriuscita ugualmente la lacrima. Ma non c'è rugiada nella notte fredda. E nell'asfalto calpestato non cresceranno gigli né ginestre. Benchè tremi ancora la terra ai miei piedi.

lunedì 27 agosto 2007

The Wall - Another Brick in the Wall


The Happiest Days of Our Lives

Another Brick in the Wall - part 2

E' un periodaccio per gli impegni presi questo. Ma la recensione di The Wall la devo continuare, magari oggi più in là scriverò altro, non ho la testa da The Wall oggi, ma poichè non so se ce la riavrò a tempi brevi la recensione deve andare avanti!

Dove eravamo rimasti? Al piccolo Pink, che dopo gli incubi e la distruzione della guerra, gioca con gli amichetti nei pressi dei binari della ferrovia... un gioco pericoloso con le pallottole del padre. Sta per posizionarli sui binari per farli esplodere al passaggio del treno. E il treno passa. Ma è un treno che porta dei deportati, dei ragazzi, che hanno il volto coperto da maschere che annientano loro i connotati, la personalità. E c'è un maestro che urla "You! Hei you!". E comincia il capito più celebre di The Wall quello della scuola. Un'educazione che reprime la personalità e la sensibilità dei ragazzi, che tende a sfornare delle marionette, che è paragonata ad un tritacarne dove i ragazzi vengono macellati e amalgamati come fossero un'unica massa senza differenze e genialità.
Educazione repressiva che eleva barriere tra l'animo umano e il mondo esterno. Che zittiscono col sarcasmo, la libertà di essere se stessi, repressa dal MURO. Il tutto da parte di educatori frustrati dalle loro debolezze! L'immagine di Pink canzonato dal professore che lo deride leggendo in pubblico le sue poesie, esponendolo alla vergogna dei suoi compagni, è parzialmente autobiografica per me; nel senso che l'ho vissuta anch'io.
Ci sono tre canzoni in The Wall che hanno come titolo Another Brick in the Wall. Tutte e tre nella I parte dell'opera, quando il muro è in fase di costruzione. Ciascuna individua una forma di alienazione, come fosse il titolo di un capitolo, sinora c'è stato il ricordo del padre morto, ora c'è l'educazione, la prossima... quando arriverà il momento ne parliamo, non è lontano.


the happiest days of our lives
When we grow up and went to school
There were certain teachers who would
Hurt the children anyway they could

By pouring their derision
Upon anything we did
And exposing every weakness
However carefully hidden by the kids
But in the town it was well known
When they got home at night, their fat and
Psychopathic wives would trash them
Within inches of their lives

another brick in he wall - part 2
We don't need no education
We don't need no thought control
No dark sarcasm in the classroom
Teachers leave them kids alone,
Hey teacher leave us kids alone
All in all it's just another brick in the wall
All in all you're just another brick in the wall






Traduzioni by Alcor

I giorni più felici delle nostre vite
Quando diventammo grandi e andammo a scuola
C'erano insegnanti che si divertivano
A ferire i bambini in ogni modo possibile
Deridendo tutto quello che facevamo
Ed esponendo ogni nostra debolezza
Per quanto attentamente nascosta
Ma in città era ben risaputo
Che quando tornavano a casa di sera, le loro grasse
E psicopatiche mogli li avrebbero picchiati
Fin quasi ad ucciderli

Un altro mattone nel muro - II parte
Non abbiamo bisogno di educazione
Non abbiamo bisogno di controllo sul pensiero
Nessun oscuro sarcasmo in classe
Insegnanti! lasciate in pace i ragazzi
Ehi, insegnanti! lascia in pace i ragazzi!
Dopotutto è soltanto un altro mattone nel muro
Dopotutto siete soltanto un altro mattone nel muro



Il video è sempre presente tra i "preferiti" nella colonna di sinistra del blog

domenica 26 agosto 2007

Mappa del cielo - Roma 27/8/2007 ore 00:00

Ecco il cielo che vedrete stanotte, a mezzanotte, da Roma. Io è da un po' di tempo... circa due sere che ho fatto della mezzanotte quasi un pomeriggio... ma questa è un'altra storia. Eh sì... il cacciatore sta per compiere la sua entrata trionfale nei cieli invernali. Mentre per me sta per giungere il Sole... Sarò accarezzato dal Sole mentre lui cavalcherà le notti. Passerà un intero inverno a far strage di animali... a rivivere i fasti della sua vanità e della sua bellezza. Ma io sono lì e lo attendo, affilo il mio pungiglione con cui lo castigherò... perchè io sono il padrone dei cieli d'estate così come lui lo è dell'inverno. E sebbene il mio è un regno calante, lo continuerò a difendere ancora a lungo... lo difenderà il rosso fiammante del faro della stella del sud.

L'azzurro è ancora una volta dovuto alla Luna che rischiara queste notti di fine agosto. Luna che indugia nella costellazione del Capricorno insieme a Nettuno, il signore del Mare. L'Acquario attraversa il meridiano culminando nel cielo. Mentre l'Auriga scalcia di là dall'orizzonte orientale per riprendere il suo legittimo trono nell'Olimpo celeste... Sarà un caso, ma l'invisibile Plutone, perdura nei pressi della costellazione dello Scorpione che s'addormenta... chissà che ci sia anche qui un'altra storia scritta nel cielo.

Oggi è stata un pochino diversa dal solito la mappa del cielo, merito o colpa di alcuni incantesimi. Ho deciso che ogni tanto parlerò di alcune porzioni di cielo in particolare... ovviamente partirò dal nord, da casa mia, dal Grande Carro. A presto.

sabato 25 agosto 2007

Castello aleggiante d'un desìo


E qui, basta calare un placido silenzio di pace.





Nell'immagine: René Magritte, Le chateau des Pyrénées (Il castello dei Pirenei), 1961.
Israel Museum, Gerusalemme.

venerdì 24 agosto 2007

Non fa paura



Così, quando arriverà il momento, sarà in silenzio. Nel silenzio di una zampa che piano affonda nella neve, di una goccia d'acqua che resta appesa alle labbra prima di scivolar via e cadere in una pozzanghera arida.
Non avrò paura, e non ne avrò il tempo. Per separarami dall'ombra di uno sguardo pallido che veglia sulle mie parole, e che attende seduto in angolo il momento per divorarmi l'anima inconsapevole. Ed io precipitato ancora una volta nell'incantesimo di esser rapito e di aver inchiodato in quell'illusione i miei pensieri,  non consento  all'anima di germogliare, perdendo tra i vermi gli acerbi prodotti della mia coscienza.
Mi osservi attraverso i vetri dell'inverno, ed il tuo fiato rende a me sconosciuti i tuoi occhi, mentre le tue parole non giungono
nitide a placare questo assurdo tremore.
Una danza di lucciole fatue mi si posa sulla punta delle ciglia, ancora tetre e confuse alla notte, mentre il pelo argentato e fulgido riflette il candido intristirsi della luna circondata dall'umido che rende viscide le carezze sulla mia chioma. Non cercherò una tana in quel sentiero dove i rovi hanno graffiato le mie braccia curiose, non avrò il tempo per chiedere scusa, quando non avrò più parole che scorrono nei polmoni prima di esplodere in respiri che non potranno più promettere l'eterno. Il falso pulsare del mio cuore non ha mai promesso l'eterno neanche a se stesso. Nemmeno la favola d'un incanto infinito, neanche un bacio bugiardo che conserva già le lacrime dell'addio. Non avrò paura di svezzare i desideri che hanno la forma di una corsa tra le fiamme giunte ormai a divorare le piume delle mie ali. Mentre non ci saranno poesie a farmi da culla per il vento, solo il rifiuto di cavalcare quel cielo. L'orgoglio sta già carbonizzando, rifiutai che una mano stringesse la mia, ho sepolto gli abbracci, attendendo solo venerazione per caduchi pensieri trascritti, da immolare adesso all'altare della vergogna, e della vanità. Fuggo per inseguire il sorgere di una nuova aurora, per violentare altri giorni con l'ingordigia della mia nullità.

mercoledì 22 agosto 2007

La Grande Magia





“Stasera c’è spettacolo”, vociferano i clienti chiacchieroni dell’albergo Metropòle, si riferiscono alle soffocate scenate di gelosia del burbero Calogero Di Spelta verso l’avvenente moglie? Oppure all’imminente ingresso del prestigiatore illusionista Otto Marvuglia… L’orgoglio di Calogero è una barriera insormontabile che lo estranea dai suoi sentimenti, non più parole dolci verso la moglie, né più alcuna ostentazione di sentimento, neanche la gelosia è in grado di squarciare il muro dell’incomunicabilità. Tutto deve essere covato dentro, per non darle nemmeno questa soddisfazione. Chiusa, sotto chiave, Marta Di Spelta sogna una fuga da quella prigionia e da quella frustrazione. Il suo spasimante Mariano D’Albino, pur di possederla ingaggia un povero illusionista per allestire uno spettacolo sulla spiaggia dell’albergo Metropòle, un gioco di illusioni e sparizioni che avrebbe consentito ai due amanti, un quarto d’ora di solitudine e passione. La spiaggia è la ribalta del palcoscenico, il mare è la platea del teatro. Comincia lo spettacolo… inizia la magia. Attraverso il terzo occhio del professor Otto Marvuglia, l’occhio senza finestre, l’occhio del pensiero, attraverso il quale è possibile andare oltre la semplice realtà delle cose… Marta viene invitata ad entrare in un falso sarcofago egiziano. Per poi uscire da una porta nascosta sul retro di questo, rivolta verso il motoscafo di Mariano D’Albino, laddove i due adulteri consumeranno il loro ardore. “E… uno, e… due… e… tre!” Il sarcofago è vuoto, la signora Marta Di Spelta è sparita. Doveva durare un quarto d’ora, i due amanti sono fuggiti via con il motoscafo a Venezia… Il gioco si sa quando inizia, ma non si sa quando finisce!
Calogero inizia a reclamare la riapparizione della moglie al vecchio illusionista… Inizia un gioco difficile, un esperimento metafisico del prestigiatore che avvolgerà completamente la mente del povero Calogero…
Entrato nella scena dello spettacolo, Marvuglia chiede a Calogero se egli fosse mai stato geloso della moglie, se le avesse mai fatto delle scenate, se avesse mai dubitato della fedeltà di questa. Perché il vero responsabile della sparizione della donna è stato proprio lui, Calogero, con il silenzio che aveva posto tra loro. Sua moglie è in questa scatola, dice il mago al malcapitato porgendogli uno scrigno di metallo, e ce l’ha messa lei dentro, “… se voi aprite la scatola con fede, rivedrete vostra moglie, al contrario, se l’aprite senza fede, non la vedrete mai più. Aprite, se credete. Ma insomma: avete fede o non avete fede?” (atto I). Inizia lo struggimento del “che fare?” di Calogero. Il dubbio è sempre stato in lui...
Il mago fa credere al marito abbandonato che tutto sia un gioco, laddove tutto quello che vede o lo circonda è un’illusione, immagini di una memoria atavica che Marvuglia stesso gli sta trasmettendo con un esperimento da prestigiatore, che lo stesso scorrere del tempo è fittizio, che tutto è rimasto fermo lì, sulla spiaggia dell’albergo. Tutto quello che succede, è frutto dell’immaginazione, personaggi  che entrano nella scena, che vivono la propria esistenza in altri giochi ed in altre illusioni.. La vita è un intreccio di magie ed illusioni collegate, manipolate dal prestigiatore principale… Tutto rientra nel gioco, anche la morte di una povera ragazza del seguito del professor Marvuglia, nella casa del mago squattrinato in cui si svolge il secondo atto di questa favola di Eduardo. Sono passati quattro giorni dalla sparizione di Marta e Calogero non riesce a darsi pace, non apre la scatola perché se l’apre saprà di non aver avuto mai fiducia… la moglie lì non c’è, e lui lo sa benissimo. Però si illude pur di non confessarsi la verità. Del resto tutti si prestano al gioco, tutti i personaggi contribuiscono a mantenere in piedi quella pantomima. Sembrano passati quattro giorni, ma sarà come fossero trascorsi pochi attimi. Del resto lo scorrere del tempo non è altro che una falsa convenzione tra gli uomini, il Sole, la luna, il giorno, la notte, si muovono lontani ed indipendenti, in un moto sempre uguale che gira intorno a se stesso. Il tempo è in noi, nella nostra percezione, nella nostra illusione. Loro sono ancora lì, i quattro giorni non esistono, al di là della ribalta, non c’è il muro della casa Marvuglia, c’è il mare…
Inizia il terzo atto, e sono passati quattro anni. Calogero è immerso in quell’illusione. Dice che è tutta una magia, che il tempo non passa, che la fame, la sete, i bisogni fisiologici, sono tutte illusioni… non mangia, non beve, non va in bagno… lui resiste… combatte contro la sua coscienza e la sua illusione. Deve intervenire ancora una volta Otto Marvuglia, lui non deve combattere, deve abbandonarsi, non deve trattenere l’istinto, deve dare libero sfogo alla sua interiorità ed ai suoi sentimenti, instaurare un’empatia con le illusioni che gli si parano davanti… così comincia a cantare, saltellare, ad insultare i parenti che sono venuti a reclamare il patrimonio della famiglia che il pazzo Calogero non è in grado di gestire… Vengono per gettargli in faccia la verità: “… Tua moglie è scappata con un amante, e tu sei restato qua a fare il fesso per quattro anni… e già prima ti tradiva” (atto III) e Calogero risponde:
“… voi dite che mia moglie è scappata quattro anni fa con un amante, e che prima ancora già mi tradiva? E perché non me ne avvertiste subito? Perché anche voi vi prestaste al gioco! …”.  Nel frattempo però Marta è tornata. Ed il professor Otto pregusta la possibilità di porre fine a quella sceneggiata… Calogero, nella sua apparente follia ha però intrapreso un viaggio interiore che lo ha condotto a riscoprire i sentimenti d’amore per la moglie, e dopo aver rievocato momenti felici del passato coniugale in un suo delirio, urlerà al mondo di amare la moglie con tutto se stesso… Oramai è pronto, ha fede per aprire la scatola. “E… uno! E… due…” – “… Tre”, urla Marvuglia mentre riappare Marta con lo stesso abito di quella sera sulla spiaggia dell’albergo Metropòle. Ma la scatola Calogero non l’aveva ancora aperta. Gli riappare la moglie, leggermente invecchiata, impaurita, imbarazzata, che non riesce a calarsi nell’illusione e piange a dirotto confessando il suo tradimento… Calogero comprende che ha i capelli bianchi, che addosso porta i segni dei quattro anni, e che la presunta fine del gioco non lo ha riportato a quell’attimo iniziale. Il gioco lo iniziò lui, creandosi l’illusione rappresentata dalla scatola. Il prestigiatore Marvuglia, non c’entra più nulla. Calogero vuole continuare il gioco… “Io non conosco questa donna… io sono il giocoliere, tu non esisti…” - “Chiusa! Chiusa! Non guardarci dentro. Tienila con te ben chiusa, e cammina. Il terzo occhio ti accompagna… e forse troverai il tesoro ai piedi dell’arcobaleno, se la porterai con te ben chiusa, sempre!” (atto III).
Caccia via tutti e resta solo con la sua scatola, la sua illusione.




Scritta nel 1948, questa favola in tre atti di Eduardo, è la mia preferita. È tra le opere meno conosciute, e tra quelle che hanno riscosso meno successo. Ad essa è collegata un ricordo, quando la nostra piccola compagnia scolastica doveva mettere su un’opera del novecento… dapprima scegliemmo questa, ed io, che dovevo interpretare Calogero, fremevo… poi le difficoltà tecniche ci fecero optare per Le Voci di Dentro, sempre di Eduardo, di cui parlerò un’altra volta… Ho amato una versione di Strehler, di cui conservo gelosamente una VHS che ho consumato…l’ultima parola va al suo geniale creatore: “Questo ho voluto dire, che la vita è un gioco, e questo gioco ha bisogno di essere sorretto dall’illusione, la quale a sua volta deve essere alimentata dalla fede. Ed ho voluto dire che ogni destino è legato al filo di altri destini in un gioco eterno: un gran gioco nel quale non ci è dato di scorgere se non dei particolari irrilevanti”
(Eduardo De Filippo, tratto da Il Dramma, n. 105, 15 marzo 1950).




Nell'immagine: Eduardo De Filippo. Le battute in corsivo sono tratte da: Eduardo De Filippo, La grande magia, in La Cantata dei giorni dispari, vol. I, Einaudi.

martedì 21 agosto 2007

A me...

Or poserai per sempre,


Stanco mio cor. Perì l'inganno estremo,


Ch'eterno io mi credei. Perì. Ben sento,


In noi di cari inganni,


Non che la speme, il desiderio è spento.


Posa per sempre. Assai


Palpitasti. Non val cosa nessuna


I moti tuoi, né di sospiri è degna


La terra. Amaro e noia


La vita, altro mai nulla; e fango è il mondo.


T'acqueta omai. Dispera


L'ultima volta. Al gener nostro il fato


Non donò che il morire. Omai disprezza


Te, la natura, il brutto


Poter che, ascoso, a comun danno impera,


E l'infinita vanità del tutto.


 


Giacomo Leopardi


A se stesso (Canti).

lunedì 20 agosto 2007

Happyness

Si scrive happiness ma voglio trarre lo spunto per parlare della felicità da un film. The Pursuit of happyness che ho divorato diverse volte, al cinema ed in dvd. Si voglio soltanto trarre lo spunto perchè nonostante il film sia splendido non penso sia necessaria una recensione completa. Voglio parlare della felicità. Perchè questa è una parola che ricorre molto poco tra le mie pagine. Anzi non ricordo di averla mai usata in questo blog.
Chris Gardner ne passa di tutti i colori, vedendo il film per la prima volta avevo avuto l'impressione che non vi fossero limiti alla sfiga. Mi sentivo umiliato nelle mie sciocche turbe esistenziali. Però quell'uomo sapeva quello che voleva, e non per se stesso, ma per suo figlio. Una ragione di vita verso cui piegare ogni intento. E raggiungere l'obiettivo sognato a costo di immani sofferenze, restare se stessi, per donarla alle persone importanti la felicità, che bella storia.
Ci sono due scene che mi hanno molto coinvolto. All'inizio del film, quando Chris con il suo scanner osseo osserva uno sciame di gente felice, che cammina verso un'unica direzione e lui resta avulso da quel tragitto, si sente estraneo, è in una posizione  opposta, voltata a guardare con ammirazione e brama di tuffarsi in quella corrente di gioia, con la consapevolezza di non poter nuotare. Quel flusso di contentezza non gli era accessibile. Alla fine del film, quando viene assunto come broker e può concedere una vita dignitosa a lui ed al figlio, quando tutto ha trovato un senso. Scende le scale del palazzo nel quale lavorerà per tornare in strada, deve correre dal suo piccolo, e corre, accompagnato alla nostra vista delle note bellissime di Andrea Guerra che ascoltate nel player accanto (track n.8). Welcome Chris... Si immerge piangendo nel fiume umano della felicità, si cosparge piangendo di vita e si guarda intorno incredulo della propria conquista...
Dovrebbe essere la prima libertà di ogni uomo, la ricerca della felicità, secondo la propria strada...
Anche io ho provato una simile sensazione, a dicembre scorso, pochi giorni prima del Natale, sotto la pioggia, camminando con le lacrime agli occhi, tra foglie finte di addobbi festosi e violini di barboni mendicanti cui avrei voluto donare tutto me stesso. Un traguardo impossibile, una sfida irraggiungibile superata, dopo aver saputo di aver vinto il concorso per poter fare quello che faccio ora, quello che volevo. Con tutto me stesso. E che ora sono disposto a fare senza alcun compenso. Lessi da qualche parte che la felicità non è fare quel che si vuole, ma volere quel che si fa. Non è stato semplice capovolgere nel giro di venti giorni il corso di un'esistenza, dopo che per 5 anni ti accorgi che sarebbe stato necessario rettificare la strada per poter essere ciò che sognavi. Anche portare avanti un sogno costa sacrifici, deve essere coltivato lentamente, al prezzo di rinunce come l'ennesima estate sui libri. Ora magari non rivivrei le stesse atmosfere, ma la felicità è la cornice dorata di attimi inattesi, attimi in cui la strada dell'esistenza, carica di inerzia e incapacità nel governare il proprio timone durante il naufragio del tempo e dell'età, si interseca con la rotta che hai sempre voluto dare ai tuoi sogni.
Rivivo raramente queste emozioni, quando attendi con ansia una persona che manca tanto, e ti svegli di soprassalto con l'idea di ritrovarla, credi che non ci sia, e poi all'improvviso ti accorgi che c'è. E non finiresti mai di ringraziarla per quello che rappresenta per te, anche se non conoscerai mai i contorni del suo viso, il candore dei suoi occhi... neanche il suo nome; oppure quando qualche riga generata dalla noia e dal bisogno di circondarsi di poesia sempre e comunque, suscita le parole che stamane mi sono state rivolte da una fata venuta fuori da una favola.
Oppure quando corro nel vento del tramonto tra le colline irradiate dagli ultimi afosi sospiri dell'estate, ascoltando la canzone di Elton John (nel player la n. 10), The Measure of a Man, la grandezza di un uomo: tu sei il tempo, tu sei lo spazio, guardati in faccia, è questa la grandezza di un uomo... ora puoi vincere, ora puoi perdere, ma potrai sempre scegliere, è questa la grandezza di un uomo...  Ci vuole tanta forza, e tanto coraggio....
Mi basterebbe vedere che la gente intorno a me non soffra per colpa mia... e non pianga. E tanta gente ha pianto e sofferto per colpa mia, e lo farà ancora.
Sono stato felice quando dopo un discorso di piazza, un vecchietto si avvicinò per chiedermi se fosse possibile aggiustare un ponticello crollato dopo l'alluvione di 4 anni fa'. Doveva poter raggungere il suo piccolo terreno coltivato ad ortaggi. Nessuno lo avrebbe mai ascoltato. I politici non ascoltano  mai nessuno... In me egli vedeva una possibilità, in lui io vedevo la fiducia che da solo non riesco a darmi, anche se non avrei mai potuto far nulla per lui. Sono stato felice quando ho visto mia madre piangere il giorno della mia laurea, mentre la mia videocamera ultramoderna si rompeva nell'attimo esatto della proclamazione... Quando chiunque abbia mai letto quello che scrivo ha provato qualcosa, o ci si è immerso specchiando in esso la propria vita come in una favola.
Tuttora riesco ad essere felice quando l'Orsa Maggiore non è coperta dalle nuvole, e l'esempio che giunge dal ricordo di una persona cara che mi insegnò ad essere chi sono, strappandomi una promessa prima di morire, non è offuscato dal mio egoismo fatto dal desiderio di solitudine.

Ho aperto questo blog per ritagliarmi uno spazio mio di introspezione e raccolta di pensieri. Rievocando abitudini della mia adolescenza, quando scrivevo un diario anzichè studiare matematica, e ne pago ora le stupende conseguenze. Non sapevo nulla, non mi curavo di chi avrei incontrato, della possibilità che esso sarebbe sopravvissuto ai capricci imprevedibili del mio instabile essere. Devo dire che ho avuto modo di conoscere delle persone stupende, migliori di me.

A loro dedico questo piccolo tratto di felicità, questo piccolo momento di sereno tra le nuvole, questo quieto arcobaleno tra la pioggia, mentre le ultime goccie scivolano via come docili lacrime di incredulità e stupore nel poter vivere anch'io di questi istanti sereni.

Vi ringrazio, con tutto quel residuo del mio cuore sopravvissuto all'indifferenza.
Alcor

Nell'immagine: Giorgio De Chirico, L'incertezza del poeta, 1913. Olio su tela, 106 x 94 cm. Tate Gallery, Londra.

domenica 19 agosto 2007

Mappa del cielo - Roma 20/8/2007 ore 00:00

Lento è il peregrinare delle stagioni, ma le Pleiadi annunciano il fresco... e la costellazione dell'Auriga è ben visibile sopra l'orizzonte, il grande cacciatore dei cieli non è poi così distante.



Interessante è vedere Marte poco sopra Aldebaran, la stella principale della costellazione del Toro che potrete meglio osservare nel corso della notte. Per il resto, salutiamo Arturo (Bootes) oramai tramontato.

lunedì 13 agosto 2007

Stand by Blog

Tutti se ne sono andati in vacanza. Le mie ferie sono intrecciate con il lavoro, perciò le mie vacanze sono un idealtipo fittizio, direbbe Max Weber. Comunque ho deciso di sospendere per qualche giorno, o meglio, per un'unità di tempo indeterminata non particolarmente lunga, la mia attività di postatore. Non andando in vacanza io, faccio in modo che ci vada almeno la stella nascosta. Dunque me ne vo in pace. Vi lascio con un piccolo frammento di un gran bel film, Romanzo Criminale. L'ultima scena, quando si rievoca l'infanzia prima della fine. La corsa delle ombre dei quattro amici in riva al mare a me mette i brividi, sarà la musica. Però a me piace correre, leggero come un'anima o come un'ombra, oppure semplicemente come un ricordo di me stesso senza memoria.






Naturalmente mettete in pausa il player mp3 accanto, prima di vederlo. La prima canzone di quest'ultimo è la stessa del frammento di film qui sopra.
Per altri lidi, per altri porti, attendo il mio vascello onirico, per nuovi deliri.



Ad maiora

Alcor

domenica 12 agosto 2007

Mappa del cielo - Roma 13/8/2007 ore 00:00

Appuntamento domenicale con la mappa del cielo. Ancora modifiche per rendere più snello questo genere di post: nella mappa ho inserito i nomi delle costellazioni, sono in latino, ma non penso siano incomprensibili. Volevo soltanto sottolineare come all'orizzonte Est-Nord-Est cominciano a far capolino le Pleiadi (Toro). Un ammasso aperto, uno degli oggetti più belli del cielo visibile ad occhio nudo. Lo individuate nei pressi di Marte, poco sotto la costellazione di Perseo.

Vi inserisco il link del blog di un amico astrofisico, Alpheraz, nel suo blog Outer World potrete ammirare delle splendide foto di galassie, nebulose ed ammassi globulari. Vi consiglio di ammirare bene la foto della Nebulosa Testa di Cavallo nella costellazione d'Orione, nebulosa che per anni ho confuso con M42 la Grande Nebulosa d'Orione, visibile anche ad occhio nudo.

sabato 11 agosto 2007

The Wall - Goodbye Blue Sky

Flashback del passato, tra i gemiti del piccolo Pink in fasce. Questo brano è rappresentato dalle animazioni di Gerald Scarfe, riccorrenti per tutta la durata del movie di The Wall. Un unico grande significato, il terrore della guerra e dei bombardamenti. Particolarmente evocativa l'immagine iniziale, una bianca colomba, ed un bambino che piange. Un gatto insidia e minaccia la colomba, un'anima pura perseguitata, che fugge via, si aliena, e si trasforma con violenza in un aquila tetra dalle ali metalliche che sparge il terrore. In breve l'intera metafora di tutta l'opera.


Oooooooo ooo ooo ooooh
Did you see the frightened ones
Did you hear the falling bombs
Did you ever wonder
Why we had to run for shelter
When the promise of a brave new world
Unfurled beneath the clear blue sky
Ooooooo ooo ooooo oooh
Did you see the frightened ones?
Did you hear the falling bombs?
The flames are all long gone
But the pain lingers on
Goodbye Blue Sky
Goodbye Blue Sky
Goodbye


Waters






Traduzione by Alcor


Addio Cielo Azzurro
Hai visto le persone spaventate?
Hai sentito cadere le bombe?
Ti sei mai meravigliato
Del perché abbiamo dovuto cercare un riparo
Quando la promessa di un mondo coraggioso
Si era srotolata sotto un cielo azzurro e pulito...
Hai visto le persone spaventate?
Hai sentito  cadere le bombe?
Le fiamme si sono spente da molto tempo
Ma il dolore rimane
Addio cielo azzurro
Addio cielo azzurro
Addio


giovedì 9 agosto 2007

Uomo abbozzo...

Metafora d'inettitudine, e di purezza. Nessun contatto reale con l'esterno, sasso levigato che galleggia nell'imperscrutabile stagno di atti immoti o immotivati da un senso incompiuto. Volontà in frantumi, desideri ripudiati, incoscienza e pussillanimità, lode ed infamia, reciproci vasi di liquori inaciditi.
Un'ombra qualsiasi che si confonde tra i rivoli del suolo, tra le vene scavate di una terraferma non più così stabile. Non folle e non libera, intorpidita dal fluire di frane disancorate dall'equilibrio fuggito su meglio suadenti atolli del pensiero.
Fattezze scolpite dallo scalpello del rimorso e lucidate dal vento, non una maschera, ma una dimenticanza dell'anima. Salpata verso lidi più ameni.
Onnisciente e pacato mormorio di parole non proprie che l'età ha sedimentato con disordine, negli spigoli foschi, di decadente memoria.
Non appartieni a nulla, né uomo né cosa. Un calcolo errato nel computo delle presenze efficienti. Attore diseredato  di una scena su cui non s'alza il sipario. Ti inchinerai a raccogliere il plauso di polveri e vento, per un atto unico senza copione che un gobbo voltato di spalle vorrà negarti sino all'ultima sillaba. Mai le parole ti offriranno sollievo e riconosceranno un valore diffuso ai tuoi occhi, la mano che accarezzerà il tuo volto, scivolerà  via senza toccarti.


Nell'immagine: Giorgio De Chirico, Trovatore, 1950. Olio su tela, Galleria d'arte moderna ,Venezia

mercoledì 8 agosto 2007

The Wall

Another Brick in the Wall - part 1
When the Tigers Broke Free


Pink vive la sua infanzia con la madre. Un'infanzia segnata dalla mancanza della figura paterna, ossessivamente presente nei ricordi del piccolo. Soltanto una foto ed un ricordo, l'unica eredità per il bambino orfano che gioca alla guerra con il suo aeroplanino. Che da solo al parco osserva tutti gli altri bambini accompagnati dal proprio papà; lui lo cerca provando a stringere la mano ad un signore che accompagna il filgioletto, e da cui sarà scacciato. Non ci sarà nessuno a prenderlo in braccio dopo che sarà sceso dallo scivolo freddo. Il muro, si arricchisce di un altro mattone, la distanza tra lui è il mondo comincia a crescere. Allora torna a casa a rievocare il ricordo e gli affetti, il padre gli è stato portato via nello sbarco ad Anzio per difendere la testa del ponte, esecuzione di un ordine a costo del sacrificio di qualche "vita ordinaria", un'intera compagnia.
When the tigers broke free, non è presente nell'album originale di The Wall.


another brick in the wall - part 1


Daddy's flown across the ocean
Leaving just a memory
A snapshot in the family album
Daddy what else did you leave for me
Daddy what d'ya leave behind for me
All in all it was just a brick in the wall
All in all it was all just bricks in the wall.

Waters



when the tigers broke free
It was just before dawn one miserabile morning in black ‘forty four
when the forward commander was told to sit tight when he asked that his men be withdrawn.
And the generals gave thanks as the other ranks held back the enemy tanks for a while.
And the Anzio bridgehead was held for the price of a few hundred ordinary lives.
And kind old king George sent mother a note where he heard that father was gone.
It was, as I recall in a form of a scroll with gold leaf and all.
And I found it one day in a drawer of old photographs hidden away.
And my eyes still grow damp to remember His Majesty signed with his own rubber stamp.
It was dark all around there was frost in the ground when the tigers broke free.
And no one survived from the Royal Fusiliers Company C.
they were all left behind, most of them dead the rest of them dying.
And that’s how  the High Command took my daddy from me.
Waters








Traduzioni by Alcor

Un altro mattone nel muro - I parte

Papà è volato attraverso l'oceano
Lasciandomi soltanto un ricordo
Un'istantanea nell'album di famiglia
Papà cos'altro hai lasciato per me?
Dopotutto era solo un mattone nel muro
Dopotutto erano solo tutti mattoni nel muro.


Quando le tigri divennero libere

Era appena prima dell’alba in un miserabile giorno di quel nero 1944
quando il comandante di linea fu invitato a sedersi saldamente e chiese di ritirare i suoi uomini.
Ed i generali lo ringraziarono mentre la truppa respingeva per un istante i carri armati nemici.
E la testa di ponte di Anzio fu mantenuta al prezzo di poche centinaia di vite ordinarie.
Ed il buon vecchio re Giorgio mandò una lettera alla mamma appena saputo che papà era morto.
Era, me lo ricordo una pergamena tutta in foglia d’oro.
E l’ho trovata un giorno in un cassetto di vecchie fotografie nascosto lontano.
E i miei occhi ancora lacrimano nel ricordare che Sua Maestà lo firmò con il proprio sigillo di cera.
Era nero tutto intorno ghiacciato il terreno quando le tigri si liberarono.
E nessuno sopravvisse dei Fucilieri Reali Compagnia C, vennero abbandonati,
la maggior parte morti e i restanti moribondi.
E fu così che l’Alto Comando portò via il mio papà da me!


martedì 7 agosto 2007

Non è cambiato niente...





Me lo ricordo... come fosse ieri, come una nebulosa d'infanzia. L'inquietudine... la trepidazione... l'amarezza. Tante speranze dopo quella sera, una pacifica duplice presa di coscienza del nostro popolo, mentre un silenzio avvolgeva i piani alti del palazzo. Mentre la democrazia si assottigliava, e la sinistra subiva in silenzio, defenestrazioni, epurazioni, editti bulgari. Quando scoprii con mio sommo piacere che anche Enzo Biagi era un compagno, allora non mi sentii più solo. Perchè da tempo qualcuno mi aveva abbandonato. Qualcosa sembrava muoversi all'epoca. Del resto noi ci muoviamo quando ci sbattono la peggiore della merda in faccia, il detto "prevenire è meglio che curare" noi rossi non lo conosciamo. Quanto è triste camminare tra i fantasmi di giovani ventiseienni che muoiono stritolati da tubi di ghisa, oppure da un carro-ponte che si stacca magicamente dalla struttura che lo reggeva. E poi vederli lì, tutti belli, gli altri, ad ingozzarsi come scrofe prima di venire a prenderci in giro nei comizi. Sembrano eterni, tutti all'inseguimento del mito dell'andreottismo, quello della vita parassitaria a succhiare il sangue delle istituzioni. Le stesse che sperperano denaro come marce foglie d'autunno. Ho il desiderio di fare il deputato solo per potermi permettere una cena completa al ristorante di Montecitorio, dall'antipasto al dessert, pagando meno di 10 euro, anzichè cinque volte tanto per un piatto di spaghetti aglio, olio e peperoncino, nella peggiore trattoria. Però nella trattoria riesci a stare un po' brillo, e ti diverti un pochino di più rispetto a quiei puttanieri cialtroni che legiferano senza sapere chi cazzo era Cristoforo Colombo e che cazzo mai avesse fatto di memorabile. Abbiamo dei prestigiatori, dei taumaturghi a sinistra. Solo loro potevano far resuscitare Berlusconi dopo la morte politica delle regionali del 2005. Neanche Lazzaro si sentiva così bene dopo la dipartita, di come lo psiconano si senta adesso. D'accordo ci sono stati i brogli, è acclarato che le schede bianche sono finite dritte a Forza Italia, Deaglio non pare un cretino a pubblicare certe cose... ma si sa come vanno a finire certe cose.... è tutta una grande magia.
Allora, ai tempi del discorso di Nanni, qualcuno doveva chiedere scusa al mondo per aver consentito ad un mafioso pluridecorato di esser tornato a governare.  Forse all'epoca era esagerato chiedere a codesti leaders di sinistra di andarsene con dignità. Fare belle figure non è tra i nostri costumi, avrebbero dovuto soltanto chiedere scusa. Oggi lo stanno resuscitando a botta di stronzate e delusioni, e di palese incapacità. Chiariamo, io tifo caldamente per Prodi-Padoa Schioppa-Bersani, gli unici che lì dentro hanno studiato e che qualcosa di serio la sanno dire e fare (e per la Melandri che è bona, anche l'occhio vuole la sua parte), ma per favore, mentre sto mangiando, mentre nelle bettole e nelle ubriacherie sto degustando, non mi fate vedere la faccia di Livia Turco, che mi viene l'ulcera. Sta là da vent'anni, ma a che cacchio serve? Tanti bravi giovini si industriano a studiare, scrivere, pubblicare, a tenere alto il nome dell'Italia nel mondo, e dobbiamo andare avanti con Enzo Carra e Paola Binetti, che in piena crisi da menopausa stà a rompere i coglioni con sti' teodem della minchia. Ecco i mali della repressione sessuale... non sottovalutate la chiesa, la gente con l'istinto represso è quella più religiosamente manovrabile dai preti.
Serve un altro '68 per mandare a casa questi ex '68 col cervello del '45 perduto sulla luna? Probabilmente... ma io sono vecchio e stanco, pensateci voi, che siete giovani.

lunedì 6 agosto 2007

Schegge di Muro

Pubblicato in Italia nel 1947, questo libro racchiude cinque racconti: Il muro, La camera, Erostrato, Intimità, L'infanzia di un capo. I rispettivi temi: morte, follia, impotenza, perversione e  menzogna. 
Oggi parliamo del primo, Il Muro, storia di tre condannati a morte in attesa dell'esecuzione, rinchiusi in cella, davanti al muro che sbarra loro la via dell'esistenza. Un muro, che è sempre davanti. Ambientato durante la guerra civile spagnola, le vittime sono resistenti anarchici. Non voglio parlare io stavolta, parlerà direttamente l'autore. Ecco alcuni passi:

"... In quel momento ebbi l'impressione che tutta la mia vita mi fosse davanti e pensai: è una sporca menzogna. Essa non valeva nulla dal momento che era finita [...] Un'istante cercai di giudicarla, ma non si poteva formulare un giudizio su di essa, era un abbozzo; avevo passato il mio tempo a rilasciar cambiali per l'eternità, non avevo capito niente."

"... se fossero venuti ad annunciarmi che potevo tornarmene tranquillamente a casa mia, che mi avevano graziato, la cosa mi avrebbe lasciato indifferente: qualche ora o qualche anno d'attesa è assolutamente la stessa cosa, una volta che si è perduto l'illusione di essere eterni."

Ibbieta, dinanzi alla sua fine perderà ogni parvenza di umanità e di solidarietà per il mondo. Tutto inutilmente schifoso e ripugnante, come il pianto del condannato giovinetto che implora di aver salva la vita; e come l'immondo puzzo del piscio di quell'altro compagno che era con lui. Erano amici, ma tra un po' sarebbero stati nulla. Gli altri due saranno fucilati all'alba. Una guardia chiamerà Ibbieta per interrogarlo. La sua vita sarà salva se rivelerà il nascondiglio di Ramon Gris, il capo dei rivoltosi. Se avesse mentito l'avrebbero ucciso. Ma Ibbieta è già morto dentro, avendo visto il suo muro. Vuole burlarsi dei suoi carnefici, vuole vederli strisciare mentre cercano inutilmente. Racconta frottole, Ramon Gris si nasconde al cimitero. S'immaginava già di vederli inutilmente affannati a scoperchiare tombe per scovarlo. Attende. Dopo qualche ora lo portano in un cortile. Dicono che sarebbe rimasto lì in attesa di giudizio. Un vecchio compagno lo riconosce e lo avvicina. "Sai una cosa Ibbieta?  Stamattina hanno steso Ramon Gris, aveva lasciato il suo rifugio per nascondersi al cimitero, quel coglione."

domenica 5 agosto 2007

Mappa del Cielo - Roma 6/8/2007 ore 00:00

La mappa del cielo ha cambiato palinsesto. La pubblico la domenica, ma non riporto la mappa della mezzanotte trascorsa, ma quella della mezzanotte tra oggi e domani. Non è un cambiamento di umore, dove l'idea passato è scalzata dall'attesa del futuro. Le stelle se ne infischiano del tempo, e me ne infischio anch'io. Tutto è una lastra piatta senza ritorni e senza mèta.

C'è ancora un pochino di luna calante, abbiate un pò di pazienza, perchè il cielo dà sempre soddisfazioni. Allo zenit trovate Deneb del Cigno. Tramontato lo Scorpione, Giove è bassissimo, ultimi minuti per vederlo. Il Capricorno, vicino Nettuno nella mappa, è al massimo dell'elevazione perchè attraversa il nostro meridiano. Ma per vederlo, meglio andare fuori la città. A seguire come sempre l'Acquario ed i Pesci. Sotto i Pesci si vede la costellazione della Balena, costellazione poco luminosa con una stella "omicron Ceti" detta Mira (meravigliosa). Questa è una stella variabile, con un periodo di quasi un anno, cioè, in questo lasso di tempo varia moltissimo la sua luminosità. Laddove c'è la Luna a mezzanotte, lì è la costellazione dell'Ariete, le cui due stelle principali si vedono molto bene. Ad Est-Nord-Est finalmente spunta Marte, ed è un vero è proprio spettacolo. Mi è sempre piaciuto, vedere quel rosso fiammante ed inconfondibile. Per il resto Perseo è più alto. Le Perseidi cominciano sempre più a cadere, la settimana prossima ne parlerò. A Nord-Est la stella Capella (Auriga) è sempre più visibile.

sabato 4 agosto 2007

Un bicchiere di Pinot...

Visto che ce ne stiamo andando via cinema, e visto che nel precedente piccolissimo post ho accennato al potere veggente ed alienante del vino, parliamo della storia di uno scrittore fallito, depresso, amante del vino e assiduamente tormentato dal passato. La sua donna lo ha lasciato, il suo libro non lo vuole pubblicare nessuno, e si sente un essere insignificante....... non sto parlando di me.


Sto parlando di Miles, il nome di uno dei due protagonisti di questo film stupendo, Sideways - in viaggio con Jack. Ok, va bene i protagonisti sono due, Miles e Jack, per quale dannato motivo l'incipit del mio post prende spunto proprio dal protagonista sfigato? E non da quell'altro? Per due motivi, la storia dello scrittore mancato il cui libro non sarà mai pubblicato mi tocca da vicino. E poi perchè alla fine lo sfigato è l'unico che ne esce bene nei casini del film, e se ne esce con una bionda stratosferica come Virginia Madsen che avrà pure superato i 40, ma resta infinitamente attraente comunque.
Partiamo dal titolo, una recensione lo traduce con "la sterzata", io preferisco la traduzione letterale, "di fianco". Dà l'idea della vicinanza e dell'amicizia che traspare da questo film. Non ci vedo le mie solite trasposizioni onirico/mentali, ma mi è molto piaciuto, forse perchè è estremamente semplice, attori non eccessivamente famosi, a parte la stupenda Virginia, dialoghi freschi, divertenti e intelligenti (cosa rara...), musiche delicate, scenari rilassanti di campagna e vigneti. Un viaggio di una settimana di due amici. Differenze e contrasti, come tra un Pinot e un Cabernet. Jack sta per sposarsi e trascorre questa settimana prima del matrimonio con il suo amico d'infanzia Miles, divorziato, ma con un dolore ancora ardente da cui non riesce a separarsi. Viaggiano lungo la West-coast, tra cantine e degustazioni, tra calici di vino e partitelle a golf. Ma la parabola dei due personaggi è inversa... Jack va verso il matrimonio, Miles ne sta uscendo. Per il primo il viaggio è un'ultima occasione per assaporare la vita da scapolo, e deve a tutti i costi vivere intensamente, ossessionato dalla imminente perdita di libertà causata dalle sue nozze, pertanto si scaraventa incoscientemente in avventure rischiose. Miles ha un percorso opposto, deluso, depresso, senza futuro, vorrebbe trascorrere una settimana pacifica spaventato dal ritorno alla libertà, che per lui, non più un ragazzino significa anche mancanza di sicurezza, di stabilità e soprattutto di affetti. Ha solo un sogno che lo tiene in piedi, la pubblicazione del suo romanzo che sarà universalmente rifiutato. Incontrano due donne e la loro settimana diventa incredibile. Immediatamente lussuriosa per Jack, lentamente sentimentale per Miles. Maya è anch'essa appassionata di vino e in un bel dialogo tra entrambi si mette a nudo tutta l'allegoria del film. Miles parla della sua passione per il Pinot nero, vino raffinato e complesso, problematico, vino difficilissimo da produrre e per questo il più potenzialmente deludente. Mentre Maya adora il vino perchè paragonabile alla vita umana, dice lei:"Ogni bottiglia di vino è come se vivesse: ha una nascita, una sua evoluzione, una fase in cui raggiunge l'apice e da cui subito dopo inizia un lento ed inevitabile declino...". Ma l'amore per la vita di una bottiglia di vino rischia di diventare ancor più profondo quando dinanzi si ha un Pinot nero, la cui vita da vino è complessa e rischiosa. Ma a me ha colpito un altro momento. Miles conserva una bottiglia del '61 datata e preziosa, da stappare in una ricorrenza eccezionale, un momento significativo della propria vita. Lo farà invece in solitudine, in un fast-food, bevendo indifferente da un bicchiere di plastica per Coca-Cola. Un brindisi all'ennesima delusione, la sua ex moglie attende dal nuovo marito il figlio che lui non era mai riuscito ad avere. Quel Pinot, non vale più niente.... finché... un messaggio in segreteria....

venerdì 3 agosto 2007

Perché !?

Devo essere strafatto... eppure ho solo respirato un po' di incenso all'oppio. Non ho mica emulato Noodles di Once Upon a Time in America... anche se non sarebbe male l'idea... Perché diavolo nessuno mi ha ricordato che oggi è venerdì? Dovevo postare la mappa del cielo! Ho perso il senso del tempo... vabbè domani la posto...



Ci tengo ad occuparmi di astronomia, quindi ci tengo alla mappa del cielo. La prima che ho postato è stata di venerdì, così decisi di postarne una ogni venerdì. Ho deciso di trasferire questo appuntamento alla domenica, perché solitamente sto poco a casa, e non ho tempo di pensare che diavolo pubblicare. E già, anche la mia mente assediata il settimo giorno lo vive in una pace apparente.


Non ho una telecamera nel cervello...

giovedì 2 agosto 2007

The Wall - The Thin Ice

Cominciano i ricordi e la rievocazione dell'infanzia di Pink... comincia il viaggio alle radici del MURO. L'ultima scena di In the Flesh?  vede la morte in guerra del padre di Pink, mentre disperatamente cerca di chiamare casa. Il telefono senza risposta è un tema ricorrente in The Wall, è il simbolo della distanza, e del rifiuto del dialogo. Il video, tratto dal film, è un pochino crudo ma efficace. La sospensione nella piscina, con i ricordi, e la sensazione di precipitare atterriti dal rimorso. La scomparsa del padre in guerra, quella forza devastante capace di radere al suolo ogni mente pensante (la corsa dei soldati è accostata spesso alla massa di ragazzi di corsa), lascerà Pink in balia di sua madre, unica sua fonte di insegnamento ed educazione. La voce di questa canzone sarebbe quella della madre, che ammonisce il ragazzo orfano. Tuo padre è scomparso, è morto, la vita è un sottile strato di ghiaccio che si sfalderebbe in un istante. La paura di vivere è inculcata nella mente di Pink, non se ne libererà mai più. Comincia ad innalzarsi il muro.


Mamma loves her baby
And daddy loves you too
And the sea may look warm to you babe
And the sky may look blue
But... Ooooh... babe
Ooooh... babe, blue
If you should go skating
On the thin ice of modern life
Dragging behind you the silent reproach
Of a million tear strained eyes
Don't be surprised, when a crack in the ice
Appears under your feet
You slip out of your depth and out of your mind
With your fear flowing out behind you
As you claw the thin ice

Waters





Traduzione e commento by Alcor

Il Ghiaccio Sottile



La mamma ama il suo bambino
e anche papà ti ama
ed il mare può sembrarti caldo, piccolo
ed il cielo può sembrare blu.
Ma oh... bambino mio!
Se dovessi andare a pattinare
Sul ghiaccio sottile della vita moderna
Trascinandoti dietro il silenzioso rimprovero
Di un milione di occhi segnati dalle lacrime
Non ti sorprendere, se una crepa nel ghiaccio
Si apre sotto i tuoi piedi
Scivoli via dalla tua profondità e fuori dalla tua mente
Con la tua paura che scorre alle tue spalle
Mentre ti aggrappi al ghiaccio sottile.


mercoledì 1 agosto 2007

Help me!

La mucca di Atom Heart Mother è passata, e mi ha lasciato un ricordino profumato. Me lo hanno fatto notare le persone care, hanno ragione ho tanto da lavorare per scrollarmi di dosso tutte queste putredini che infestano la mia mente contorta. E più ci provo, più mi risale la milza in gola, e fallisco. Ma stavolta no! Devo riuscirci anch'io! Voglio diventare un deficiente essere umano come la massa! E che cavolo! Chi se ne frega se prima di imparare a leggere sapevo a memoria l'iscrizione sulla porta dell'Inferno Dantesco? Gli errori d'infanzia si possono correggere, basta una piccola espiazione e tutto ricomincia. Per prima cosa: basta politica... non serve a niente, sono tutti uguali, destra, sinistra, centro, in mezzo alle gambe... tutti uguali e tutti malfattori. Ma lo volete finalmente capire voi sinistraioli del cavolo che non avete più niente da dire? Non sapete nemmeno più chi siete... Palombella Rossa di Moretti l'avete visto?... vedete anche voi di non sbagliare il rigore decisivo. Il mondo è il mercato dei ladri, adeguatevi! Cominciamo la terapia... che devo fare? Devo buttare via il Manifesto di Marx dalla mia libreria? Dura ma si può fare, anzi farò di più, getto via anche i libri di Kafka che stanno vicino. L'uomo medio legge Bruno Vespa ed Emilio Fede. Sarà fatto. Devo dimenticarmi dei simbolici leaders della sinistra? Da Gramsci, Togliatti, e Berlinguer sino agli odierni Santoro, Alba Parietti e Sabrina Ferilli? Per quest'ultima lo sforzo richiesto è atroce, ma posso dimenticare gli altri senza problema... Che cosa rimane? Quale altra sarà la mia pena? Tutto, sono disposto a tutto, flagellazione, crocifissione, evirazione, ascoltare un'omelia di Ruini... qualsiasi tortura vi venga in mente l'accetto di buon grado, tranne che ascoltare Gigi D'Alessio ed Anna Tatangelo... Un pochino di indulto per me niente?
Poi quando avrò raggiunto il nirvana, potrò riempire il mio lindo ed immacolato cervello di tutte le scemenze lievitanti sul mondo. Tutte, le voglio tutte! Imbecille al 100%! Fatemi vedere Studio Aperto, l'Italia sul Due, non vi dimenticate Al posto tuo e tutta la produzione DeFilippi/Costanzo, quella è il top. Anzi vi prego, prendetemi al Grande Fratello, ve lo prometto, diventerò idiota al punto giusto...
E poi diventerò romantico, ma non come prima, letterariamente parlando: altro che Leopardi, Manzoni, William Blake... di più... voglio Moccia! Voglia che la massima espressione del mio romanticismo buffonesco sia la frase: "io e te tre metri sopra il cielo". Azzo... roba da orgasmo una frase del genere! E poi anche io conoscerò una tipa caruccia che legge i giornaletti di Alfonso Signorini (ridatemi i giornaletti porno please!), ed è aggiornata su tutte le pippe della Lecciso, ed insieme andremo ad attaccare un lucchetto al chiaro di luna su un palo della luce arrugginito, magari alla ammaliata ed incantata presenza di un vigile urbano che ci compila, con amore e struggimento interiore per un'adolescenza perversa, un bel verbale da 35 euro di multa. Sì... li vedo già tutti questi lucchetti attaccati ai pali, ai ponti... al mio collo... mentre ero immobile a scrutare il moto di Giove nella costellazione dello Scorpione. Ma è tutto così bello, così moderno e tipicamente Berlusconiano, farsi del male umiliando la propria dignità intellettiva, col sorriso perenne e inamovibile di un cazzone che prende in giro se stesso e il mondo. Per favore aiutatemi, fatemi dimenticare tutte le orripilanti visioni che popolano il mio cervello, basta con i Pink Floyd, voglio Paolo Meneguzzi e DJ Francesco. Voglio essere un deficiente qualsiasi, sanza infamia e senza lode, e serve il vostro aiuto fondamentale. Liberatemi dagli ideali. Ma fate presto, prima che mi venga nostalgia per il diluvio universale o per un bell'asteroide vagabondante dalla nube di Oort.