- ...insomma, l'articolo che hai scritto, e che ho letto, è certamente interessante ed originale. Anche se dovrei esaminarlo meglio matematicamente...
- ...perché? Ti sei perso?
- no, affatto, era anche abbastanza semplice... è che... che... ho preferito coglierne il senso generale, visto che non ho avuto molto tempo di studiarlo a fondo...
- ....però, Alcor, più di due mesi...
E la mattinata se ne va così, nella balbuzia di chi non ha un cavolo da dire ma è costretto a parlare perché lo impone il ruolo e la funzione nella quale si esercita la propria dignitosa persistenza sociale.
Giungiamo al luogo della riunione. Ho la testa altrove, e non da oggi, sono stanco e ho sonno, ma dovevo venirci. La persona che mi ha chiesto di venire qui sembra molto confusa, è oggettivamente sempre perplesso. Ricopre un ruolo importante e marginale allo stesso tempo. La stessa importanza di una zanzara catturata in un barattolo di vetro, si dimena, cerca il suo spiffero d'aria, il barlume contorto di un raggio di luce che il cilindro concavo come lente trasparente renda semplicemente docile e non accecante. Il ruolo di un timido consigliere comunale in preda al branco spregiudicato di famelici interessi e affari incarnati in vestigie umane stravaccate, di stampo politico squisitamente destrorso.
Gli sbadigli si inseguono e si spandono nella mente e nella violenza che devo esercitare per bloccare gli zigomi nella smorfia di contrasto alla noia e per mantenere integro il silenzioso assorbimento passivo di quel paio d'ore che pare gravare addosso ai miei pensieri, svincolati completamente da quell'ovile di parole inutili.
Ma che ci sto a fare ancora qui? Io che prima di esprimere solidarietà a Schifani preferirei che mi scucissero lo scroto, mi asportassero i testicoli per giocarci a dadi, e poi mi si rimetta tutto a posto che col cavolo mi mènomo per via di un colluso birichino con qualche amico di troppo negli ambienti solitamente indicati con la architettonica metafora di una "volta a copertura di un edificio a pianta ellittica o poligonale, assimilabile a una calotta emisferica".
Travaglio ha già inguaiato Luttazzi qualche anno fa, ora potrebbe essere il turno di Fazio. Ciclico, come le mestruazioni di una puttana con lo stivale lucido e bagnato. Così, sto pensando che prima di mutuare lo shadow government sarebbe stato necessario mutuare un po' di serietà dalle terre piovose d'oltre-Manica...
Sì, proprio lì, quell'oltre-Manica che mi attrae e mi spaventa. Che si cinge la fronte con onde che sbattono gelide sulla roccia scura che invade la bassa marea come le propaggini di una mano dalle dita scarne e sottili che spegnendosi prova ad afferrare in una stretta sincera dardi di cornamuse ed il belar di pecore sui perennemente umidi campi, come verdi tappeti su quegli altipiani ancor più vivi all'ombra di un ciel sempiternemente plumbeo. Non vedo l'ora, ma quello che ci sta in mezzo non mi convince.
E quello che mi circonda adesso si spegne già piano, come i riflettori che a turno oscurano un palco per uno spettacolo che ha disatteso le aspettative degli astanti perplessi che sfollano come comparse inconsapevoli di un metateatro esistenziale così poco convincente.
Questo show che non ha una prospettiva né di traguardi, né di ritorni, non mi appartiene già più, nonostante gli sforzi pedissequi di lasciarmi simbiotizzare da qualche forma di realtà e di speranza legata a questa terra.
Di loro che a tratti si accorgono della mia sonnacchiosa presenza non mi importa, perché non ci saranno, resterà solo qualche affetto. Anche per questo giovane più che trentenne che siede alla mia destra, in queste scomode sedie. Lui che legge voracemente il fascicolo corposo che racchiude i documenti del tema tedioso che mi sta conducendo al lento affrancamento dalla sensibilità reale. Costui che mi guarda a tratti interrompendo la sua ricerca repentina di commi e dichiarazioni per rendermi partecipe del buon esito della sua cernita tra quelle che per lui avrebbero ancora le sembianze di frasi e paragrafi, mentre al mio tremulo sguardo hanno piuttosto la consistenza di solchi nerastri su fogli striati. Amico mio da tanti anni che hai fatto la scelta di donarti così stoicamente al tuo micromondo, che ti poni all'ascolto di quei proclami sapendo di essere anche pronto ad interrompere bruscamente le tue discussioni e le tue attenzioni per scappare alla ricerca della prima presa d'aria un minimo riservata e nascosta, per rispondere alla chiamata puntuale della tua premurosa compagna che non riesce a perdere una sola ora della sua vita senza sincerarsi delle condizioni di presenza del suo innamorato, così dedito a voler cambiare il mondo, salvo diverse reperibilità... Amico mio, e non della ventura, ti sei salvato? O finirai in banca pure tu?
- Alcor, allora?
- Ah sei tu, cara, dimmi qualcosa per favore, non ce la faccio proprio più...
- Ci siamo già parlati prima, ora mi stai solo immaginando...
- Lo so... ridammi il tuo indirizzo.
- Mi vuoi scrivere? Eccolo, è top secret, mi raccomando...
- Ti mando una cartolina e poi mi impegno a dimenticarlo, non temere...
- E così ti sei veramente deciso... sono contenta per te...
- Sì.
- Ma che c'è?
- Lo sai che c'è, sai che cosa ti ho detto al di fuori di questo involucro mentale e al di fuori del romanzo che sto tratteggiando in questo momento. So che tra queste righe non sei reale e che ti sto disegnando mentre chiacchieriamo e riprendiamo il discorso interrotto prima che mi portassero a quest'inutile riunione...
- Alcor...
- Come abbiamo sempre parlato dacché ci conosciamo... quanti anni? Venti. Sono riuscito a mantenere un'amicizia per vent'anni... non ci credo...
- Sei preoccupato, ragazzo?
- Un po', non lo nego. Ma è così ridicolo...
- Ma è una cosa bella...
- Ma è anche stupida.
- Non lo è.
- Non lo so.
- Ma è come ti ho detto oggi, davvero?
- Sì.
- Sono contenta.
- Io, no.
Dobbiamo andar via... sì, fuori, anche se piove. Non corriamo, per piacere anche se la macchina è lontana e le gocce si fanno via via più consistenti. Questi allontanamenti devono essere sorseggiati lentamente.
Ma guarda un po' chi vedo, l'amico sindaco... mi fece da maestro ad una supplenza alle scuole elementari, con i capelli rossi ed un accento ancor più bislacco del mio, che provengo dall'austero monte. Ha i capelli grigi, veste alla moda corrente. Sorride di circostanza a tutti. Ci siamo parlati molto in passato, lo ammiravo molto. Parla come un predicatore, ci sa fare. Riesce ancora a vincere le elezioni in un feudo fascista come il nostro. Machiavellico al punto giusto, circolano voci sospette anche su di lui. Ha divorziato, la seconda moglie ha partorito un figlio morto, qualche anno fa.
Non si attiene alle regole imposte dai capi. Faceva parte di una corrente ma fa come crede, sempre. Ancora mi ricorda e mi apostrofa nei consessi più disparati come suo alunno, sebbene lo sia stato per tre mesi, e lui abbia insegnato per altrettanti.
E nonostante mi prese in giro quando andai a chiedergli aiuto, lo guardo ancora con stima.
- Come stai?
- Bene, tu?
- Me la cavo...
- Sempre in gamba, Alcor...
- Stammi bene...
- Anche tu, Alcor, e cerca di dimagrire che ti sei ingrassato dall'ultima volta...
- A presto (stretta di mano).
Passo queste mie giornate come sabbia nel deserto, hanno aperto una ferita in più
occasioni cancellate verso i margini del tempo mentre il vento le trascina giù.
Non danno pace, non hanno sguardi nè pietà tra le voci di rimorsi e pentimenti
non danno più malinconia nell'impossibile regia delle ipotesi senza un'età.
Gli alibi che so a memoria e che non cambiano una storia non si può tornare indietro mai
Sbagliati incontri guardando male dentro me ma sono stato io l'incontro col destino
Così vicino alla realtà come una nave che non sa navigare nel vento che c'è
Era la vita per me, era già scritta male in me
inevitabilmente
Soldato scelto nella guerra perdente
e le cattive compagnie non sono una scusante
le cicatrici sono tante e profonde
Era la vita che avevo già immaginato ma diversa nel finale
ma non sarebbe stata certo normale
RispondiEliminaEra la vita che avevo già immaginato ma diversa nel finale
ma non sarebbe stata certo normale
:-)