Ed intanto siamo agli sgoccioli di questo anno. Sta andando via uscendo dalla porta di servizio; ha l'impermeabile stretto col bavero sollevato al collo circonciso dalla sciarpa nera che ondeggia ai passi, lasciando cadere piccolissimi batuffoletti di cotone, o di qualsivoglia fibra chimica ivi presente.
Ha un ombrello a scatto che lo riparerà dalla pioggia di quel che gli cadrà addosso, di cianfrusaglie e pensieri che non occorre più celarsi dentro.
Qui i mattini sono gracili latori di tepore e mitezza, ma la notte mantiene sempre le promesse gelide dell'inverno, e stanotte non sarà da meno. Perciò amico mio che verrai con me, accertati bene che i guanti di pelle nera aderenti, internamente foderati da un finissimo strato di lana bianca, siano ben infilati sulle tue dita.
E non bagnare i tuoi capelli per consentire alla tua chioma allungata di cadere più morbida ai lati del tuo capo.
Verranno a prendermi, come lascio che sia sempre in queste ricorrenze, e risalirò in un auto non mia le colline a nord-est. Là, dove dovrebbe impattare il vento. E' un posto splendido, un risucchio dall'album dei ricordi dove si raccolgono le immagini di luoghi cari senza età.
No amico no, non fumo, grazie lo stesso. Preferirò concentrarmi sulle immagini di questa notte e nelle promesse che ogni volta siamo soliti proferire, incuranti che ogni mezzanotte, ogni attimo è l'occasione per rivoluzionare tutto completamente. Che se il tempo e la vita sono una sterminata pianura, l'infinito è una circonferenza senza confini e con il centro in ogni luogo. Il luogo dove io e te siamo e saremo. Questa è la notte non dei ricordi, né dei consuntivi, e nemmeno delle illusioni. L'altra sera eri con me, e li guardavi come me in uno estraniante silenzio... ad un certo punto sembrava che fossero tutti scomparsi e invece rieccoli lì, ciascuno con le proprie storie ed i propri perché, ciascuno in sè, incurante di esserci, ma così incosapevolmente felice.
E stanotte ognuno avrà l'impressione di allacciare il proprio destino al rimorchio della sorte del mondo. Mentre lo siamo sempre stati, tu, io, e chiunque alla luce dei lanternini che scorgiamo dall'altura, brinderà al futuro. Io amo il verbo futuro. Perché etimologicamente "futuro" non è che una perifrastica del verbo sum, "sono", colui che sto per essere, sarò... e che tra un attimo già sono, che non aspetto perché lo sarò comunque... mi piace giocare nei pensieri che sguazzano tra il latino e la matematica.
Ci siamo sempre stati, anche a migliaia di anni luce di distanza, possiamo guardare lo stesso cielo nello stesso istante, disegnando una parallasse nella notte che ci può unire... no, non stavo dicendo a te, amico mio... non ci sei soltanto tu. Anzi, tu non ci sei un granché, per quanto dovresti essermi prezioso, ci sei stato pochissimo. Perché t'ho abbandonato ogni volta che una gazza ladra veniva a rapirti. Ma che vuoi farci, non impariamo mai davvero sino alla fine la lezione, e spesso preferiamo tornarcene a casa prima della prova.
Sono proprio felice oggi. Anche se non sarei dovuto essere qui dove sarò tra breve e che sto prefigurando in questo pendolo della mente che viene e che va. Ti guardo amico mio, e guardo ai casini che hai combinato in questi ultimi giorni. Alle persone che hai fatto piangere pur restando immobile e zitto quando t'hanno confessato che anni fa' c'era persino chi ti dedicava lacrime e versi carichi di sentimento, senza che tu comprendessi nulla. A chi ha osato smuovere il trespolo alla base dei tuoi piedi e su cui montava quell'orgoglio fasullo, che è poco più d'una stampella. Agli abbracci insperati di chi oramai disperavi di aver lasciato su un battello arenato su un melodioso fiume dell'europa orientale. Di tutto questo narrerà stanotte, che potrebbe anche apparire un punto alla fine di un racconto, ma domani ci sarà sempre un'altra storia a tirarti per le maniche della giacca. Aspettando chi magari appoggia le braccia stanche su un davanzale ai bordi d'una finestra che è molto di più d'una vetrina sospesa su quel che indugia tra l'animo e il mondo così avverso, provando a cercare qualcosa lassù dove tu non tramonti, e riavvolgendo nastri di pensieri che provino a riappacificare la notte. E forse mentre tu vecchio mio lasci che la tua vita sia bucata come la notte è bucata dai fori stellari da cui gocciola in terra il sommo amore, raccogli tutto questo sogno che cola stanotte dal cielo d'Orione, e portalo a casa con te. E non importa che possa essere solo polvere cosmica tra gli astri, c'è abbastanza luce per dipingervi i contorni di una speranza.
Buon Anno, a chi attende se stesso, a chi sogna, a chi non ne ha il coraggio o la consapevolezza. A chi fuori e dentro di me sa determinare il volto del mio sorriso e della mia delusione, come lo specchio che decide il sembiante con cui mi presento agli occhi del mondo. A chi non c'è ma avrebbe voluto, e trova impossibile immaginare un futuro diverso dall'abitudine e dalle sorprese che richiedono una forte dose di incoscienza e instinto, oltre ogni schema. A chi non sa di essere importante... a chi non sa di essere una stella che può illuminare l'oceano sconfinato. A chi si sta cercando, a chi si troverà domani, a chi non è più nulla di quel che era ieri. A chi non dimentica, e a chi farebbe meglio a muoversi a dimenticare, a chi non si lascia afferrare dalla vita, a chi se ne fa travolgere smarrendosi; a chi per una parola mi ha trovato, a chi per una parola mi ha abbandonato lasciando una lacrima sul mio cuore. A chi mi sa rendere felice, e a chi mi ha tradito... A tutti che siete parte di un continente e partecipi della sua deriva verso il "futuri sumus", perché nessuno è un'isola, neanche se stanotte preferirà star sola, come la stella del vespro ai bordi del tramonto.