Sarebbe un'ossessione che spaventa e ammalia. Il richiamo che assale sull'orlo di un tuffo prospiciente le soglie sconosciute e non intellegibili di un rosso noumeno. Vorrei esser pronto e puro. Ma sono già infinitamente corrotto dal vuoto per lasciarmi inebriare senza scontare la vergogna di non saper persuadermi al pizzicare delle fiamme. Che cosa è verità? Inerzia; l'ipotesi che ci rende soddisfatti; il minimo dispendio di forza intellettuale.
L'intero apparato della coscienza è un apparato per astrarre e semplificare, non è orientato verso la conoscenza, ma verso il dominio delle cose.
E tu domini.
Non occorre avere una distorta ed illusoria consapevolezza di quel che sfioriamo, ma succhiare il nettare dell'essenza d'ogni aspetto reale e razionale appena quanto possa bastare per sentirci padroni fraudolenti di una vita che ci è consentita parzialmente, quali schiavi non completamente assuefatti.
Ed il lato oscuro che arde e spande questo tremore e questa consapevolezza ci respinge nel rinchiuderci nello strazio di non poter raccontare in prima persona questa lunga notte. Estraniati a vedersi vivere nello sguardo altrui, meschinamento rifratto dalle categorie di sentenze emanate ad ogni atto della nostra pubblica appariscenza.
Hai atteso che un dolore non puntuale ti venisse a conquistare, nell'abbraccio del mio incontenibile e caldo silenzio. Ed in quel lato oscuro c'è chi sa ascoltare anche il canto tiepido del nulla. Che ti erge a misura dell'unico universo che abbia una consistenza che non sia quella del tempo e delle mummifiche ombre. L'infinito possibile si raccoglie nella vastità circoncisa dal tuo sguardo, quel che vi è oltre, è puramente inutile.
Avvolgi di lode ogni mio sgraziato impulso mentale come fosse polvere di nebbia sputata dal cielo, e da te raccolta per seminare virgulti di aiuole al mio ingenerante tatto spinose, ma cristalline al tuo fruente occhio. Ché io non mi nutro se non del poter compiacere al mio Dio. L'intero apparato della coscienza è un apparato per astrarre e semplificare, non è orientato verso la conoscenza, ma verso il dominio delle cose.
E tu domini.
Come l'appunto di un'infinitesimale inquietudine sepolto sotto la polvere concava del vestibolo antistante la biblioteca d'Alessandria d'Egitto. Tale io, a quel cospetto, mi prono.
Spaventa, ed attrae. E chi si è creato e ripensato come soltanto una voce, ed una parola, non sa fuggire e non sa restare. Un vento sospeso. Tra le cuspidi e le pieghe artefatte di un pazzo diamante.
Ed i congiuntivi, finalmente, potrebbero avere un senso.
Bellissimo pezzo. Mi hai fatto venire la pelle d'oca oltre ad una immensa sensazione di impotenza. Non so perchè, ma è così...
RispondiEliminaGrazie Iris, del resto, c'è chi l'impotenza se la può permettere...;-)
RispondiEliminabel pezzo sul serio un saluto passa da noi
RispondiEliminaUff, che commento deficiente...
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