mercoledì 23 dicembre 2009

Ditemi

Si diverte molto?
Lei si diverte molto, vero?
È molto comodo per lei, è anche facile. Lei viene qui tranquillo, senza problemi. Fa la sua lezione e poi se ne va. E in che cosa sarebbe diverso da quelli che hanno trent'anni più di lei?
Non le interessa tutto quello che c'è fuori dalla sua stanza? Cosa succende nel mondo, che vita fa la gente... lei si occupa solo di se stesso.
Non ha speranze, non ha illusioni, non ha passioni.
Lei è un arido, la sua vita è inutile. Ed io la disprezzo.

sabato 12 dicembre 2009

Sisifo

Giovedì sono andato a teatro a vedere Beckett.

Mercoledì si è scoperto che una giovane madre faceva prostituire la figlia non ancora adolescente col suocero ottantenne.

Lunedì il padre di una ragazza che il giorno dopo avrebbe festeggiato il compleanno, si è impiccato.

La statistica è bella.

mercoledì 9 dicembre 2009

Old fashion

I miei successi con le donne?

Sono il genero più auspicato dalle mamme... vivo con una generazione di ritardo.

giovedì 3 dicembre 2009

domenica 29 novembre 2009

Le massime

"...che già le cose non vanno come dovrebbero andare."




(mio padre, in monologhi pomeridiani dopo un bicchierino d'amaro)


venerdì 27 novembre 2009

Il problema è l'essere animali sociali

Provare a vincere ad ogni costo rinnegando ogni qualsiasi pegno alla coerenza, oppure essere pienamente convinti che metodo e sostanza siano monoliti intoccabili, binomi indissolubili, che spogliano i comportamenti di qualunque principio stocastico.

Insomma la Puglia è la regione più innovatrice del Mezzogiorno e d'Italia. Quella che negli ultimi anni ha fatto registrare tassi di crescita migliori di quelli della Lombardia, quella che ha conosciuto una recessione più morbida, quella che ha saputo mettere in campo politiche di ricerca e in favore dei giovani chesono diventati modello appetibile persino per taluni illuminati esponenti dell'attuale miserabile governo.

Però bisogna vincere, e tutto questo pare non bastare.

La capacità indiscussa ed il buon governo non sono variabili indipendenti. Esiste il termine dell'errore. Quello che è convinto che lo scardinamento dell'architrave nebuloso che regge i connubbi della sanità pubblico/privata possa cedere dinanzi all'ostinazione moralista vendoliana, quello che vorrebbe magari attingere son copiosi sorsi al maggiore acquedotto d'europa, o far cacare fumi più silenziosi al peggior culo d'Europa.

Dobbiamo vincere, o dobbiamo difendere tutto questo, e provare a limitare i danni?

Ed il cittadino, ora che avrà finito di sollazzarsi con i plastici dell'appartamento di Brenda, avrà ancora qualche cellula nervosa intonsa per comprendere qualcosa?

Assecondare l'apparato di cui si è parte, o lanciarsi verso un impeto di verità? Magari compromettere quella che oggi ha i presupposti per diventare una fulgida carriera, o serrare i ranghi e turarsi il naso?

Insomma, ritrovarmi con le pezze al culo e mandare a puttane un percorso finora perfetto, per difendere un ricchione che ha provato a trasformare i destini di una terra di cui, peraltro, mi frega poco.
Un probabile epilogo del genere non l'avrei mai immaginato.

La deriva del ripiego sulla massa non ci salverà.

Il problema è sempre il dilemma tra egoismo e giustizia. Come quando stai per sederti a tavola. Non è ancora pronto. Il piatto sta per essere servito, i commensali indugiano.
L'attesa della convivialità sincronizzata, sommata all'attesa del piatto caldo, induce ad allungare le mani sulle olive, sul pane, sul vino, su tutte queste cazzo di trappole disseminate per la tavola pronte a catturare e soddisfare gli appetiti preliminari.

Con lo stomaco clandestinamente soddisfatto per buona parte da questi micro elementi criminali, e tutti rigorosamente dotati di un apporto calorico notevolmente copioso benché concentrato, ecco giungere il pasto.
A cui non si può, socialmente, rinunciare.

E i danni son presto cagionati.

Il problema è sempre quello, la capacità dell'offerta di adeguarsi all'irrazionalità della domanda. La prontezza con cui si risponde alla fame. Ché se facessi sempre come sono stato solito fare: prepararmi da me stesso, consumare in solitudine, e ignorare tutti, avrei procurato un piccolo sinistro al valore della famiglia, ma avrei mantenuto integra la mia persona, il mio fisico, il mio morale.

I varchi sono sempre quelli, gli approdi i medesimi: fagottinizzarsi e corrompersi, restare integerrimi e poi morire di fame.

mercoledì 25 novembre 2009

Missing

Sì, lo so.

Lo so che finire in ospedale per indigestione da burro d'arachidi... o restare ammutoliti per settimane dinanzi ad un editoriale di Panebianco... oppure... ehm... l'esser divenuto padre con la collaborazione di Simòne... o allungare i tempi di recupero dalla sbornia post-festeggiamenti  per l'addio di Rutelli...  o esser finito nei pasticci per aver accidentalmente ingravidato la segretaria comunale... o aver finalmente capito cosa vorrei fare da grande... o non aver potuto scrivere nulla per una paralisi ingiunta delle dita dovuta all'eccesso di masturbazione... o l'aver ricevuto una convocazione urgente dal regno dei cieli...

...lo so che tutto questo sarebbe stato molto più emozionante.

Invece mi si era soltanto scassato l'ADSL.

E pure il cazzo.

domenica 15 novembre 2009

Counting

Nei barbieri le poltroncine sono ergonomiche e i quotidiani sono gratuiti. Cadono le ciocche ad ogni morso di forbice sfarfallante come una falena tra fragni fanciulli.

Autunnali nuvolette di cellule impilate anticipano l'età del risveglio.

E pur aguzzando la vista, non riesco a interporre ragioni utili e sane cirla la collocazione dell'attimo più consono, se tra una cinquantina d'anni, o tre giorni fa. O magari domani, o tra dieci minuti.

mercoledì 11 novembre 2009

Mobiles

Ci sarà un metodo più rapido ed ottimale per travasare centinaia di numeri di telefono dalla rubrica di un cellulare vecchio a quella di un cellulare nuvo.
Esisterà di certo.

Ma riscrivere uno per uno quei numeri ti aiuta a ricordare episodi di incontri fugaci all'ombra di un rametto di ulivo... quei "ti farò sapere" che poi non si è saputo più niente... quelle volte che come schegge impazzite si è arrivati a collidere... quelle prese in carico dei drammi umani... quei discorsi più o meno imprenditoriali più o meno senza soldi, nemmeno per richiamarsi... ed è lì che ti accorgi di quanto sei stronzo a circondarti di gente, che non serve a un cazzo.

domenica 8 novembre 2009

Sunday lazy sunday

Le domeniche, un tempo, si poggiavano sui plastici sellini di biciclette che allargavano il solco tra i glutei, rendendo più spigoloso il design intorno all'osso sacro.

Peperoni arrostiti con mollica di pane, capperi, cipolla, e formaggio... e vaffanculo a coloro che mi ingozzavano prima, e si lamentavano del mio dilatato addome dopo.

Le domeniche misuravano il dilatarsi e il rimpicciolirsi degli equinozi, e rendevano più ingiuste e inaccettabili le intemperie, perché non poteva piovere nell'unico giorno in cui i genitori coglioni di un paese tutto ripiegato a preservare gli usi vigenti all'epoca ittita, consentivano alle figliuole di mettere il naso fuori casa.
Risultato: interi plotoni di timide e timorate donzelle cresciute con l'intento recondito di diventar zoccole disinibite montate di testa.

Le domeniche avevano la voce di Sandro Ciotti che in radio avvertiva dopo mezz'ora del vantaggio della Juventus sulla Cremonese, ma chissenefrega... era tutto un imbroglio. E poi io e la Roma dovevamo lottare per entrare in zona UEFA.
Ma Balbo e Fonseca giocano ancora, vero?

Qualcuno deve spiegarmi perché la domenica, anche quando si faceva digiuno, si aveva sempre la sensazione di essersi ingozzati.
E giù con la grappa, il brandy, e qualunque genere di diserbante per l'anima.

Il giorno che fu della mille lire. Che è oggi della 5 euro in carta stampata. Il giorno della rasatura.
Il giorno dei comizi tenuti con gli occhiali da sole.

Il giorno in cui la cravatta a 15 anni era socialmente accettabile e non ti qualificava come un nevrotico di Coney Island reso impassibile dall'amara scoperta che l'Universo è destinato a collassare.

Quelle domeniche che erano tali, da non avere nemmeno la forza per farsi una sega.

Ma che almeno aveva l'ansia di un dovere incompiuto con scadenza da lì a poco, che avevano la pesantezza di un autobus alle 6.45 del lunedì mattina.
Che erano tutto uno sbadiglio di sonno, e di non di quella noia dai capelli bianchi che monta carte da parati sul mio cranio.

Colore rosso sangue.

sabato 31 ottobre 2009

Alcor calling

- Va bene, se mi va ti chiamo dopo...

- Dopo non posso.

- Ok, non importa..

- Ora sto andando, chiamami tra 5 minuti.

- Tra 5 minuti? E che senso avrebbe?

- E allora dimmi adesso.

- Che cosa devo dirti?

- Quello che mi avresti detto se mi avessi chiamato.

- Ma non ho nulla di preciso da dirti..

- E allora?

- Hai presente quelle telefonate senza motivo che si fanno talvolta, di tanto in tanto, e verso le quali sarebbe auspicabile comunque non prendere un malsano vizio che induce a litigi isterici e irrazionali quando queste vengono inopinatamente a mancare? Ecco, quelle...

venerdì 23 ottobre 2009

La corsa al seggio

Le sette di sera di una serata piena di nebbia. Le votazioni sarebbero state dichiarate concluse alle ore 20. Quelli della presunta minoranza paventavano già ricorsi per sospetti brogli, e avevano ragione. Strane e patetiche liste di proscrizione spuntavano dalle tasche di vistose giacche di velluto marrone.
Gli scrutatori boccheggiavano alla fame e alla noia. Qualcuno riempiva i propri polmoni di fuliggine.

Il presidente aveva mangiato involtini di melanzane con mortadella e formaggio, era già al quinto caffè, ma non c'era verso: la stitichezza non sembrava avvertire le inondazioni di grappa e bicarbonato.

Qualcuno inveiva sullo spreco di denaro in manifesti, qualcun altro poneva in risalto la contraddizione insanabile del nostro secolo: definirsi democratici ed eleggere assemblee con le liste bloccate.
Si chiudeva un occhio sui troppi fac-simile che riempivano il seggio.

Il dibattito più acceso si concentrava sulla possibilità di attendere il termine della funzione in chiesa madre, per consentire ai cattolici di poter esercitare il proprio diritto, in conformità al Patto Gentiloni del 1913.

Qualcuno, accigliato, controllava il quadrante del proprio orologio con il cinturino di pelle nera, sfoderandolo sotto l'orlo del proprio maglioncino verde padano. Qualcun altro tardava ad arrivare, facendo aggravare a suo carico il macigno delle accuse di disimpegno.

La troppa gente ad osservare, e la mancanza di una serratura alla porta del bagno rappresentavano per il presidente minacce che stimolavano ulteriormente il suo desiderio di sbrigarsi.

E fu così che i tanto paventati brogli, e un'insperata avvisaglia di brusco risveglio del suo retto, rimpinguarono la solerzia con cui contava e ricontava i nomi apposti nell'albo degli elettori.

Ma lo scrutinio incombeva in tutta la sua sconcertante lentezza.

- Che cazzo di fine hai fatto? Non hai ancora votato! - contestò un astante ad un baffuto signorotto appena giunto.

- Perdonami, ho dovuto dormire. Stanotte non ho chiuso occhio. S. mi ha telefonato alle 3.00 di notte per farmi precipitare a casa sua ad uccidere un ragno formato King Kong che si annidava nella doccia. Queste son cose che destabilizzano.

Pochi minuti alle 20.00. Lo scrutinio era alle porte. E finalmente il presidente dichiarò concluse le operazioni di voto, destando le nevrosi dei candidati, e mobilitando i sederi degli scrutatori che si scossero sui lignei sedili.

In quel momento egli avvertì una spruzzata di acido gastrico e un tonfo in fondo all'addome. Il momento sembrava essere finalmente giunto.
All'atto della chiusura del voto per le primarie, il suo intestino rimboschito di enterogermina aveva lanciato il sengnale: stitichezza interrotta, il tempo della leggerezza dell'essere poteva compiersi secondo le scritture.

Incurante della natura del miracolo, se fosse stato chimico farmacologico, o adrenalinico per l'alta responsabilità di dover dirigere il contributo di duecento individui alla causa congressuale del partito, poco importanva.
Di certo una sola cosa agitava la sua mente, e la sua pancia: la breccia che si era spalancata nel suo intimo mistero doloroso.

Una scheda dopo l'altra... e benedette furono le liste bloccate così parche nel richiedere zelanti verifiche! L'attimo del bing bang era preceduto da fughe benigne che egli tendeva a rendere il meno percettibili possibili, sebbene avrebbe voluto giubilare come un volpino festante dinanzi al padrone che mostra il guinzaglio per la passeggiata urinatoria.

Nessuna protesta, la conta dei voti galoppava a ritmo felino. Gli altri segnavano, smorfiosi, a volte stupiti, in ultimo sospettosi.
Qualcuno aveva preso una decina di voti non previsti. E gli occhi correvano alla ricerca di qualche ghigno rivelatore del franco tiratore da mettere alla berlina.

Ma il presidente non temeva. L'uscita del tunnel si faceva più chiara. E mancava poco, solo le firme sui registi, affidando a qualcun altro il compito di inviare il messaggio alla federazione provinciale sull'esito delle urne democraticamente protette.

Perché a lui non interessava commentare, a lui premeva l'ansia e l'impazienza della sua libertà.
Si fiondò via.

Raggiunse la sua abitazione a piano terra. La moglie gli chiese se necessitava della sua solita tisana, ma lui rifiutò gaudente dicendo che quella sera, finalmente, non ne avrebbe avuto bisogno.

Ecco il suo seggio. La tazza a forma di conchiglia adriatica era pronto ad accoglierlo come un padre che perdona il figliol prodigo, o il culo avaro.

Si calò le brache avvertendo già il count-down di Houston.

Si sedette, sospirando, e poi gemendo, strizzando gli occhi e mettendo in tensione ogni nervo del suo corpo, pronto per sganciare...

Ancora qualche istante di tensione per rendere più glorioso il momento...

Ancora un attimo...

Dai, che ce la puoi fare... il bidet sarà il palliativo di ristoro dopo tanta corsa...

Uno sforzo...

Un altro...

Niente. Il suo ano non produsse nulla.

Guardava consternatamente in mezzo alle sue gambe il fondo del gabinetto immune da ogni traccia di cacca.
E allentò tutto nell'ennesima, sciocca pisciata in femminile posa.

Tirò lo sciacquone e si riallacciò con dignità la cinta. La vergogna si riparò alle spalle del nodo alla cravatta che strinse con vigore e fierezza.

Non bevette la tisana della moglie obesa. Spense la TV che parlava delle centinaia di migliaia di votanti al congresso.
Andò a dormire come ogni sera, tra stitiche nevrosi ed emorroidi.

martedì 20 ottobre 2009

Misunderstood

- Alcor, ho capito che di me non te ne frega niente.

- Oh, no! Devo aver sbagliato qualcosa allora...

- Perchè? Mi sbaglio?

- No... è che non dovevi accorgertene così presto.

sabato 17 ottobre 2009

Discorsi da Pi Di

Il vademecum con le frasi essenziali che è necessario imparare se si vuol diventare dirigente del centro-sinistra.

Non siamo una corrente, siamo solo un gruppo organizzato che tende prevalentemente a tutelare se stesso.

Se continuate così, rischiamo la scissione.

Quanto mi date?

I presupposti per vincere ci sarebbero, anche se, insomma, ci sono dei problemi perchè si sono verificati dei contrasti.

Ma dobbiamo puntare al centro.

Almeno entro i confini della tazza. Attento a non pisciare fuori, ché soldi per far venire la donna delle pulizie non ne stanno.

I giovani hanno rotto il cazzo.

In passato vi erano diverse posizioni che rivendicavano eguale visibilità, e poi si sono prodotte frammentazioni che si sono acuite.

Qualcuno è rimasto scontento e ha già deciso che non prenderà posizione.

Le liste sono pronte però ci sono stati casini.

Occorreva bilanciare le componenti.

Probabilmente abbiamo fatto degli errori.

Occorre una verifica.

Su quel territorio ci sono uno di quello, tre di quell'altro, due non si sa chi siano.

Abbiamo mal di pancia.

Le birre in sezione costano di meno, ma non dimenticare di portare indietro il vuoto a rendere.

Dimenticavo, non si chiamano più sezioni, ma circoli.

Ma le donne dove sono?

E le puttane?

Scusate ma quel quadro sul cesso di chi è? Sarà mica un Papa?

Chi stava ieri sera a Porta a Porta?

Pare che i criteri siano stati sbagliati.

Là si stanno lamentando.

Si tratta di un'operazione di profonda tristezza collettiva.


mercoledì 14 ottobre 2009

Epifania canaglia

Il mio pessimismo si misura dal fatto che dimentico sempre la scatola dei preservativi nel cassetto del comodino.

lunedì 12 ottobre 2009

When it doesn't make sense...

Che fosse veritiero o meno, ho visto un quadro che avrei battezzato così: "il futuro e il terrore".

Quell'immagine si sovrapponeva poi a quella di due donzelle lasciate sole a bagnarsi sotto la pioggia perché il car service serale registrava altre priorità vaginali da rispettare.
E tutto questo si combinava nella mia mente con la logica delle liste bloccate, che ha tasformato l'orizzonte democratico in un selciato cingente un campo di patate transgeniche e drogate.

Mangiatevele e morite, bastardi.

Tutto si manifesta nella sua assurdità più variopinta, come un'inestricabilmente distorta allocazione delle risorse. L'efficienza dinamica sta all'esistenza come un innocente ranocchio starebbe a Godzilla.

... ché alla fine è una gran rottura di palle, quando ti accorgi che la vita non ha senso non soltanto in stupidi paragrafi forbiti...

... e tutti quei tastieroscritti con dedica, melliflui e commoventi, che mi guardano e mi spernacchiano per lo spreco di vocaboli, e che vorrei tanto avessero ciascuno una qualunque forma umana per affondare le mie dita nel sangue...

... e quella convinzione che così si sta benissimo, che stando così bene potrei stare bene in qualsiasi condizione, ma se stessi diversamente sarebbe meglio.

Ma perdere un pacchetto di sigarette intero, e restare bloccati nel nulla per un coglione che parcheggia in doppia fila... di questo... no. Non riesco a farmene una ragione.

- Hai dormito bene, Alcor? - disse sollevandosi stentatamente dal materasso. Lui le guardò gli occhi azzurri che aveva aspettato per tutta la notte castigati dalle palpebre perplesse. Poi rispose.

- Per niente. Non trovavo il secchio della nutella.

venerdì 2 ottobre 2009

Ateo teologico esistenziale

In macchina ascolto la radio raramente. Qualche volta mi capita di beccare una qualsiasi canzone che mi piace.

Qualche volta succede che mentre ascolto questa qualsiasi canzone che mi piace, la ricezione sia disturbata dalle frequenze di Radio Maria.
E dopo un frastornante babelico fruscio, il pezzo rock che mi garbava si tramuta in un prepotente rosario mariano.

L'unica frequenza che arriva ovunque. Questa è violenza pura, è lo strisciante decorso della civiltà che intoppa in queste ingerenze post-gregoriane.

giovedì 1 ottobre 2009

Bisogno di uova

- Vuoi una?

- Alcor... fumare fa venire il cancro... no.

- Ehi, siamo cresciuti a Taranto, non ti è mai venuto in mente che a furia di fare l'aerosol al gusto di Enipower ci abbiano già destinato lo sconto di pena?
Uhm... Philip Morris, non se ne trovano a New York, sai?

- Ma lì costano un botto...

- Lasciamo perdere, non ho il coraggio di guardare il mio estratto conto. Se mi avvicino ad un bancomat anzichè i contanti ritiro una pernacchia.
Tu non puoi capire che soddisfazione tornare a casa e non ricordare più dove sono conservate le fette biscottate. Sono di quei segnali che mettono fine al complesso Edipico, capisci?
Scatta poi la maturità vera quando cominciano le divergenze con la madre su come lavare le stoviglie. Pensavo di organizzare un congresso a mozioni con il vicinato, e poi fare le primarie con tutto il paese.

- Ed ora come butta?

- mmm......

- Hai chiamato...

- No... non ancora...

- Non ancora??? Cristo, hai intenzione davvero di chiamare?

- Ma tanto non risponde.

lunedì 28 settembre 2009

Conosci te stesso

Scegliere è un dramma. Ed io so fare un po' di tutto.
La questione vera è un'altra: che cosa mi piace fare?

Ho finalmente la risposta: il boia macrobiotico.

Solo perché il sangue che schizza mi fa impressione. Altrimenti avrei potuto usare benissimo uno scalpello... o le unghia dei pollici... o lo spigolo della cornice di un quadro di Munch.

giovedì 24 settembre 2009

Faccio schifo

Burro, 150 g.
Cioccolato fondente, 180 g.
Farina, 150 g.
Zucchero, 150 g.
Uova, 5.
Sale, un pizzico.
Vanillina, una bustina.

Per la copertura:
Acqua, 50 ml.
Cioccolato fondente, 150 g.
Zucchero, 150 gr.

Marmellata di albicocche, 6 cucchiai.


Ricordate che la temperatura ottimale per conservare la sacher torte è tra i 16° e i 18°.

mercoledì 23 settembre 2009

Jet lag

La terapia non prevede apparenti effetti collaterali. Come un intervento di ipnosi regressiva, bisogna soltanto ricongiungere qualche cavo disgiunto, e conformarsi a cronoprogrammate mosse ampiamente sperimentate.

Battere un po' i tappeti sul balcone e cantare all'aere per dare l'impressione che la casa non sia davvero infestata dai fantasmi: cosicchè essa riacquisisca un po' di valore.
Recuperare una sana e mediterranea familiarità con volti e luoghi di cui sembrava tacitamente raggiunta un'opportuna estinzione.

Per riavvilupare il gomitolo alla genesi bastava ritrovare la valvola di congiunzione temporale. Medesimo buio nel ricostruito scenario peccaminoso, medesima stanchezza come quella antecedente all'adrenalica vigilia. Medesima comparsa adibita all'estinzione dei pensieri superflui dal compassato architrave mentale.
Medesima sensazione di schifoso vilipendio una volta esauriti i fasti dell'orgasmo.

Piccoli assestamenti che lentamente ricollocano le spregevoli caselle del domino. Le prugne comprate dalle bancarelle degli strilloni in neolingua che si appollaiano nel mercatino dei giorni dispari, anziché dal farmer ebreo aperto h24 dalla domenica al venerdì. Sono state raccolte dai pruni a foglie decidue che popolano la murgia, anzichè essere importate dalla Nuova Zelanda.

Le prugne. Quei frutti miracolosi completamente assenti dalla dieta di dio, quando questi  si adoperò per cacare un po' di vita su questo agro di terra sul quale nacqui. Così avara e stitica fu l'espulsione divina in questo immeritevole cesso di paese.

Tuttavia oggi non è più necessario contingentare le dosi massicce di italico caffè per evitare di restarne a secco prima che il container abbia attraccato ai piers del New Jersey.
L'abbondanza ha ridotto la perversione della dipendenza, al punto da poter escludere la caffeina dalle cause dei miei scompensi.

Inconfondibili come lagne in loop, si ripropongono le figure cerulee di questo villaggio. Qualche cartello vendesi sulle solite auto, un paio di piazzali rivoltati per lasciare spazio a parchi che non vedranno la luce prima di eventuali prossimi contatti alieni.
Alberi potati a cubetti, e un urban style trogloditico in salsa pop shit art, come testimonia l'abbigliamento inverecondo dell'assessore incaricato di abbruttire questo negativo fotografico dell'eden.

Un elettrocardiogramma esistenziale piatto, da rendere assolutamente imperdibile una seduta della commissione consiliare che vede tra i punti all'ordine del giorno la possibilità di dotare i vigili urbani di armamenti da polizia giudiziaria.
Un auspicio, forse, all'insorgenza di imprevedibilità sociale laddove persino il crimine ha pensato bene di star lontano per non arrugginirsi.

Sono ingeneroso, è vero. Anche le pecore, in fondo, hanno un senso nella catena alimentare. Non è giusto che io scarichi la mia frustrazione intestina su questo vespasiano di agglomerato umano.
Almeno qui posso bere ed ubriacarmi per strada come se fosse una terra di nessuno su cui pisciare come un cane, senza che qualche agente mi sbatta dentro per una notte.

Le arterie di SoHO restano scavate come un arpione che ti aggancia la vita in un ombelicale cordone di riconciliazione all'umanità. Tra i vagabondi e gli sbandati, la chitarra in spalla, su uno di quegli sgabelli dove qualche decennio addietro un italiano qualunque avrebbe potuto ascoltare Bob Dylan senza barba strimpellare in un qualunque giovedì notte.
Oppure raccogliere soltanto ieri le confidenze di amici stracciati dal rullo compressore di un sistema che non ti soccorre se stai crollando.
Cosicché il poliziotto è costretto a sostenere un colloquio per farsi ingaggiare in una compagnia di sicurezza privata, e allo stesso tempo chiama al suo amico avvocato dell'entartainment, finanziariamente decaduto, e che a 56 anni è costretto a reinventarsi una professione perché il proprio cliente è fallito insieme al tonfo della Lehman Brothers.

Vite precipitate che non sentono la puzza della rassegnazione. Gente che nonostante tutto non considera alcun orizzonte se non quello al quale tende fiero il proprio sguardo.

E mentre su quel bancone posavi tra i bicchieri vuoti il tuo biglietto da 20 dollari, egli ti ringraziava per aver alleggerito il carico finanziario dei suoi vizi.
Tu devi tornare - ascolto commosso dal suo italiano lento. Mentre mi salutava in fondo ad un locale canadese di Thomson St., lasciandomi in compagnia di due apprezzabili signore colombiane, una giornalista ed una barista entrambe di Staten Island.

Va via, il mio più caro amico, e devo scaraventare la mia bocca su un altro Johnnie Walker, per anestetizzare il peccato di smarrirlo per sempre.

Staten Island era lontana, scollegata, e fottutamente attraente come le lusinghe delle mie ospiti.
In totale contraddizione con l'auto che l'indomani mattina mi avrebbe ricondotto all'aeroporto.


Qualche bacio dopo l'ultimo drink, e poi la consapevolezza di muovermi, per la prima volta in quelle strade, senza l'ausilio di una mappa.
Come un sonnambulo in casa propria, silenziosamente avvolto dai fumi della subway in perenne rifacimento, o familiarmente sciolto nei rivoli ereditieri delle piogge di un'estate cianotica che prematura si tingeva di rosso.

giovedì 17 settembre 2009

Zero

Qualche ora a scavare nel cervello alla ricerca di un congedo col botto. Come i fireworks del venerdì estivo a Coney Island.

Poi si è abbattuto come un palazzo che si siede al suolo, il silenzio. E rimanderò tutto a quel domani indistinto che attenderò per assaggiare lo sconosciuto morso della nostalgia.

Ci sono parentesi che non si chiudono, perché non esisterà mai un completo ritorno a casa. Come i saluti non trovati, appeso ai percorsi non conclusi, impregnato dalle volte profonde di quei ciechi tragitti smorzati.

Ho troppe storie, le scioglierò lentamente nella vita che mi è stata trasmessa.

Those were the reasons, and that was New York.





martedì 15 settembre 2009

Rough State

DRIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIN



- (chi cazzo è che mi chiama dall'Italia, a quest'ora?) Hello!

- Ehi, Alcor! Bentornato a casa!!!

- Ma bentornato un cazzo! Io sto ancora qua!

tu... tu... tu... tu... tu... (chiusura del telefono in faccia)


Ora, in Italia c'è il regime. La cosa è evidente. Le libertà fondamentali sono ridotte all'indispensabile per sopravvivere.

Quello che mi chiedo è perché tutto questo non venga reso ancora più evidente.

Tanto gli italiani sono così stolti da non notare le differenze, imboniti come sono.

Almeno io potrei chiedere lo status di  rifugiato ai sensi dell'art. 1 della Convenzione di Ginevra,  e restare qua sotto la protezione dell'Alto Commissariato ONU... Eddai Silvio, lo so che ci stai già pensando! Ti prometto che smetto anche di scrivere per non consentire al popolo di  distrarsi e di potersi leggere Feltri in santa pace.

Un ultimo sforzo su, su, su...

lunedì 14 settembre 2009

Improper touches


Come si fa a non provare un senso di profonda umanità per questa gente? Come si fa a non voler far parte del genere umano nel leggere certe cose?

Quello che non capisco è come cazzo facciano a dominare il mondo degli idioti del genere.

E in quanto tali, li amo.



martedì 8 settembre 2009

Am I merciful?

A: Forte il sito di Alcor, l'hai visto?

B: Eh?

A: Si si.

B: Quale sarebbe 'sto sito di Alcor?

A: Quello dove scrive le poesie...

B: Eeeh?

A: Si si. Hai la chiavetta? Collegati e ti faccio vedere...



C'è gente che ha bisogno d'aiuto.

venerdì 4 settembre 2009

Dirty world

- Alcor, ma tu sei troppo... composto... pantaloni, camicia, giacca. Non un tatuaggio, non un pezzo di ferro che ti trapassa qualche membrana...

- Però ho gli occhiali sporchi, se ti interessa.


Lady MacBeth era una gran puttana.
Faceva freddo, il mio giubbotto assicurava una nobile funzione non su di me, il count down galoppava, avevo fame, ed avevo gli occhi vigili.

L'iconografia classica raffigura lo spirito santo come una bianca colomba spurgata dal cielo, avvolta in un fascio di luce, latrice di multiliguistiche virtù.

Non avrei mai pensato che avesse  potuto assumere le sembianze del mio grigio F train, sbucato da una galleria con le mattonelle divelte dalla muffa ottocentesca, e il ritorno alla lingua madre.

Dio è più ironico di me. Per questo non lo sopporto.
Sono abituato a vincere facile, o quanto meno a giocarmela ad armi pari. Ed io non ho il potere di cagionare cose meravigliose come il diluvio universale, il genio di Wagner, e qualche edizione limitata di eredi della costola di Adamo.

domenica 30 agosto 2009

sabato 29 agosto 2009

Why is life worth living?

"Be', devo essere ottimista. Va bene, dunque, perché vale la pena di vivere?

Ecco un'ottima domanda. Be', esistono al mondo alcune cose, credo, per cui valga la pena di vivere. E cosa? Ok. Per me... io direi... il buon vecchio Charlie Chaplin tanto per dirne una, e  Michael Schumacher e... lo Schiaccianoci di 
Čajkovskij... The Wall... il borsalino... l'edicolè nella stazione di Bologna... la Nouvelle Vague naturalmente... Giove... La Nausea di Sartre... Al Pacino, il golfo di Taranto, quelle incredibili teste e sagome dipinte da De Chirico, la sacher... il viso di Miss Misery..."

mercoledì 26 agosto 2009

Night voice

Un urlo.

Pare una gracchiante voce di donna che ha lanciato nel buio notturno una parola incomprensibile che iniziava per G.

No... non era mia madre... se fosse stata la sua voce che mi chiamava, avrei dovuto distinguere un appellativo prima della G., tipo: "maledetto G.", "maleducato G.", "buono a nulla G."

La voce di mia madre, non mi manca. Non più del cantino della mia acustica.

Un giorno la voce di mia madre non si sentirà più nell'aria. Io sarò lì, con la barba bagnata dalle lacrime e le braccia poggiate sul bordo della bara. Avrà ancora i capelli castani intatti, mia madre, come il suo bel viso che non sfiorisce mai al punto da camuffarsi da probabile mia ragazza quando capita che usciamo insieme.

Sulla mia cravatta non ci sarà la macchia del sugo che sarebbe schizzata dai suoi spaghetti, insipidi per via della pressione alta che da lei ho ereditato insieme allo sguardo, e alle vertigini.

Quante volte me ne sono andato e l'ho lasciata in lacrime, restando di pietra senza dirle mai una parola. Senza mai trasformare il mio braccio in un cordone ombelicale adulto e peloso che le restituisse l'amore incomprensibile che ha per me.

Tanto incomprensibile quanto inaccettabile.

Lei sarà la pietra fredda e sorridente che se ne andrà, ed io piangerò questa volta. Penserò a tutte le volte che ho voltato le spalle ad ogni tipo di sentimento. Il mio corpo sempre freddo e strafottente sarà coccolato e accalorato dal dolore facendo il paio con una cacchina fumante.

Ora esco e ammazzo quel gatto di merda che latra nella notte.

martedì 25 agosto 2009

Yes, I can't

No, signori, non posso.

Non riesco a staccare le orecchie da questa:




Nicola Piovani - Bambini al telefono (Caro Diario)


Così come non riesco a staccare i miei piedi da questo:


Il mio F train si ferma a York e riprende a East Broadway.
Quello che avviene nel frattempo è una serrata riconciliazione tra i miei occhi e l'ingegno.

lunedì 24 agosto 2009

domenica 23 agosto 2009

Red Pallonetto

Signori, una scoperta che capovolgerà l'immagine della storia contemporanea. Gli USA sono una nazione parzialmente comunista. O per certi versi anarchica.
Servizi pubblici gratuiti ovunque. Palestre a cielo aperto, campetti da calcio e da baseball o da tutti gli sport del cavolo che fanno qua, a libera accessibilità.

You, new york citizen, pay bills, then we give you what do you want.
Ma non c'è controllo! Nessuna autorità che stabilisce chi deve usufruire del campetto alle ore 16 (cosa che solitamente in Italia fanno i preti).
Così succede, come è successo, che più squadre abbiano organizzato tutto al medesimo orario e nella lite che sèguita non si capisce una mazza. Solo una parola è nitidamente cogniscibile: fuck, fuck, fuck.

Meraviglia dell'anarchia... che si risolve nei mitici "give me five" che vedevo,
quando ero piccolo, negli orridi telefilm di italia 1, in estate, quando sia io che la televisione non avevamo da dare nulla di utile al mondo.

Io son migliorato, la televisione no.
Che Bloomberg rimpiazzasse nella mia mente il modello scandinavo non avrei mai potuto immaginarlo.

L'ultima volta che avevo giocato in un campo sportivo gratis fu a 13 anni. 3 giugno 1995, marinai la scuola media col placet della famiglia per un match nell'allora abbandonato stadio del mio paese.
Mi spezzai il polso sinistro.
Fu bellissimo, quel giorno, vedere in ospedale come io mi rilassavo durante la radiografia, e mio padre che molto autarchicamente sveniva per il crepacuore.

E va bene. Torniamo al triste oggi.

Se i risultati dovevano essere questi tanto valeva non smettere di fumare. Ho corso i 20 metri in mezz'ora e un quarto. Nel mentre i miei arti inferiori riscoprivano il senso profondo della loro presenza oltre la cartilagine dell'anca, vedevo le tartarughe volare.

Ma non è correre così che mi piace... a me piace correre per sentire gli insetti che muoiono sfracellandosi contro la mia cornea già irritata dal sudore, calpestare innarvertitamente le cacche brade che puntellano il sentiero; oppure far finta di stare a Philadelphia alle 4.00 di mattina, in inverno, come Rocky Balboa, e saltellare menando ganci nell'aere avverso un immaginario cazzone pelato (uno qualsiasi, odio i pelati).

Invece sono le undici di sera, pieno agosto soffocante, è Brooklyn, non ci sta un cane a tifare per me, e non devo combattere al Madison Square Garden il giorno dopo.

Ognuno deve fare il proprio mestiere... queste cose promiscue dove  ci si mescola e ci si cimenta in opere improprie non hanno senso... tipo Ratzinger che fa il sindacalista dell'anima e del pene, Tremonti che fa il Ministro del Tesoro, Bruno Vespa che fa il giornalista, Andrea De Carlo che fa lo scrittore, Gian Paolo Pansa che scrive le rubriche su Il Riformista, coloro che disseminano croste sulle pagine immacolate spacciandole per romanzi, apportando un'ulteriore ingiuria all'albero sacrificato in nome di un nuovo pugno nello stomaco inflitto all'umanità intera.

Il mondo non è a nostra disposizione, ma ogni tanto qualche sanatoria arriva.
Il Governo ha bisogno di soldi, dopo che Frattini ha messo in moto un meccanismo per stringere sulle rimesse, Tremonti prepara una sanatoria per le badanti.

Perché io a calcio, in questo periodo della mia vita, non riesco a giocare. Ma so fare altre cose, tipo... ahm.... ahm... ahm... (qui in America non si usa l'intercalare "ehm" quando vuoi enucleare qualcosa che non sai, ma un suono indistinto che assomiglia ad una "A" liricamente strozzata e sciancata)... ahm... ahm... Look at that star.... Follow my finger! That's not a star, that is Juppiter.

E ridono. Al cazzo.

E comunque dico a te, che sparisci ma ogni tanto torni qua a leggere. Non sei stata tu a cambiarmi la vita. La mia vita l'hanno cambiata Nanni Moretti, Woody Allen, e l'ex sindaco comunista del mio paese che mi disse "vattene in Scozia pezzo di merda".

Però, ora che ci penso. Sono stato io a mandarti a cacare. Ma soprattutto, la mia vita non è mai cambiata.

Va bene, da domani allenamento quotidiano. Non è accettabile che io non debba saper fare qualcosa.

venerdì 21 agosto 2009

Crossroads

It was told if you want to improve your english, you should watch soap operas on TV. Dialogues are simple and slow.

I've to choose I'll be an imperfect amercan talker or I'm becoming a perfect american idiot.

Fuck.

giovedì 20 agosto 2009

Nevermore

- ...probably you'll be a good husband...

- ...abbiamo un sacco di cose in comune...

- ...io potessi insegnartelo io il congiuntivo... avevo la media del 10.

- ...se fossi là, che ti farei...

- ...voi comunisti ve ne uscite sempre con la storia della mafia e delle prostitute...

- ...mi/ci manchi...

- ...spettinato stai meglio... e non tagliarti la barba...

- ... come stai?

- ... ma stasera non esci?

- ... ma che razza di lavoro fai?

- ... ma non lo mandi a fanculo quel partito di merda...

- ... ma che ti frega? Provaci e chiava, tanto non la rivedrai mai più...

- ... Alcor, tu parli tanto ma non collabori...

- ... le tue scarpe sono demodé... e la cravatta è troppo seriosa...

- ... a NY sanno fare la pizza...

- ... hey guy, you have no need to lose weight, you're fine...

- ... ma la solitudine non è bella...

- ... vedrai, le cose miglioreranno...

- ... tu non mi conosci, non mi puoi giudicare...

- ... poi mi verrai a trovare...

- ... ma perché sei così scontroso? Non esistono più i maschi cortesi di una volta...

- ... Roger Waters è pazzo...

- ... Zeffirelli è un grande regista...



Ecco, queste cose non mi vanno assolutamente dette.

Effort

La cosa più stressante: scrivere 45 cartoline.

Robe', ho perso il tuo indirizzo.

martedì 18 agosto 2009

The sky is blue above Manhattan

Mentre in madrepatria si beccano come pulcini dopati di idolatria verso l'effimero su come smembrare la nazione a partire dalla memoria storica (bandiera) e linguaggio (con la cazzata dei dialetti), oggi ho toccato l'acme della felicità.

Per la prima volta non sono stato riconosciuto come italiano.

Non mi importa dove mi abbia geograficamente collocato costei, ma l'importante  è che al mio cospetto non abbia immediatamente focalizzato lo stivale mediterraneo.
Tutto ciò consente di utilizzare l'italianità come mezzo-sorpresa, o come asso nella manica, o entrambe le cose.

Per esempio, se ancora non riuscite a districarvi con queste maledette coins americane, e l'irlandese del centro pagamento bills si mette a ridere, ecco che tiri fuori l'arma segreta. Meglio del fulmine di Pegasus, meglio dell'energia solare di Daitarn III, meglio del missile testicolare di Mazinga Zeta, irrompi nell'imbarazzo con la fulminea pointing out: sorry, I'm italian...

Ed lì che si illumina il viso dell'interlocutrice, mentre tu ti rivesti di patriottico sentimento e mediante il tuo errore madornale contribuisci a trascinare l'intera nazione nella figura di merda... Eppure la stessa ti rigenera, ti ricicla, ti depura e ti consegna ai sorrisi e all'affetto della gente.

Intanto niente più sigarette, e mi nutro solo di prugne, e di omega3 (tonno). Si rende necessario riacquisire un forma fisica dignitosa, perché oltre a usufruire della patria nella socializzazione, succede che ti giunga una convocazione a rappresentare la nazione in una partita di calcio.

Cammino zoppo, ho il piede sinistro distrutto da calli e dalla contusione. Eppure, da buon apostata, ho biblicamente risposto: eccomi.

Non tocco un pallone da due anni, ed ho i polmoni ridotti a parco giochi per speleologi. Sorry, I'm italian. E sono più bravo a prescindere, per una legge naturale.

Intanto decido di trascorrere il mio pomeriggio in un posto eccezionale:


E succede qualcosa che a New York non può succedere. Incontrare casualmente la stessa persona dell'altra sera. Una cosa matematicamente impossibile.

Poiché una cosa del genere può avvenire solo a causa di un intervento del destino, ho deciso di mandarla a cacare e di non chiederle mai più di uscire con me.

Me la cavo da solo. Se il destino vuole farsi i cazzi miei preferisco un premio in denaro, oppure mi facesse ritrovare un vecchio paio di occhiali da sole che mi hanno fregato all'università 3 anni fa.

Non sono venale, sono solo umanista.

Visitors

Cerchi nel grano a qualche chilometro dal mio paese, e avvistamenti alieni.

Ma perché quando  sto io non succede mai un cazzo?

lunedì 17 agosto 2009

Nice to meet you, Alcor

Se non puoi spiegare la fenomenologia delle scarpe,

se non puoi sollevare obiezioni sulle grinze dell'animo umano,

se la Francia ti sta sulle palle ma non puoi dirlo apertamente,

se chi ti sta di fronte non conosce né il neorealismo né la nouvelle vague, od io sono incapace di far capire che sto parlando di codeste cose,

se non sei in grado di poter tirare fuori Nietzsche, o qualsiasi altra diabolica ed inutile citazione,

se dell'economia mondiale non gliene strafotte un cazzo,

se non conosce i tipici frutti di mare dello ionio e non sente l'odor della diossina,


se non ha la più pallida idea di chi siano Bersani, Franceschini, o Patrizia D'Addario,

se non puoi farle campagna elettorale perché l'unica speranza di farti votare da lei sarebbe candidarsi al parlamento della galassia...

se vuoi distruggere lo stolto stereotipo dell'italiano dedito solo al gioco del pallone,  perché sei fiero di tutto quel tuo bel casino introspettivo che ti ta essere something more, really much more, ma non trovi le parole giuste, soprattutto nella lingua giusta,

se per colpa di tutti questi grattacieli del cazzo non è nemmeno possibile farle vedere Giove....

Che minchia ci dico a questa? Che minchia ci faccio?

Eppure...

venerdì 14 agosto 2009

Miserere

In un passato neanche troppo lontano sono stato capace di dedicare una canzone di Gianni Morandi ad una ragazza.

Una cosa talmente vergognosa da rendere persino imbarazzante la misericodia celeste.


Talvolta  l'autoripugnanza non è mai sufficiente. Non so perchè ma oggi, mentre sbucciavo le prugne mi è tornata alla mente questa peccaminosa macchia nella mia esistenza.

Se tra qualche ora dovessero trovare un cadavere barbuto dalle parti di Sheepshead Bay, sono io.
Non serve che i miei spendano un sacco di soldi per venire qua a riconoscere la salma.

Nel cassettone metteteci la cosa che meglio ho saputo gestire nella mia vita: il sudoku.

mercoledì 12 agosto 2009

Bay

Andiamo a vedere com'è freddo l'oceano Atlantico. Funziona più o meno così:







- Mi ha messo una mano intorno alla schiena e ha iniziato a parlare... Non capivo, e l'ho mandata al diavolo.

- Era carina?

- Uhm... Come te, mediamente guardabile.

martedì 11 agosto 2009

Alcor, the Bad, the Ugly

- Che cosa vuoi che mangiamo? - chiese il tizio svegliandosi.
- Vuoi che faccia un po' di spaghetti? - rispose Alcor. 
- Ok... - borbottò - ...oppure preferisci mangiare una pizza?
- Come preferisci.
- Qua dietro c'è un giudeo che fa la pizza con la farina integrale, più leggera.
- Proviamola.

I due si avviarono. Uno di essi zoppicava vistosamente.
L'altro ordinò la sua pizza leggera appesantendola con abbondante cipolla, Alcor osservava Jo', il giudeo, spaccare una forma di ghiaccio da affondare nella loro brocca d'acqua per limitare i danni da soffocamento che il caldo stagnante nel locale avrebbe potuto cagionare.

Il suo amico fissava il vuoto interrompendo la sbornia da sonno con qualche urgente incombenza persa lungo la strada della sbadataggine.
L'asiatico al bancone adiacente alla vetrina della pizzeria di Jo' preparava vaschette di sushi.

- Le ragazze ebree non sono affatto male - irruppe Alcor nel silenzio - quegli orribili camicioni che sono costrette ad indossare le rendono vulnerabili alla concupiscente curiosità della dissacrazione.
- Alcor, io sto perdendo tempo - noncurante, affermò l'altro.

- Vedi - proseguì - tutto questo tempo avrei dovuto trascorrerlo con la mia famiglia, con i miei figli. Certe volte il piccolo lo liberavamo dal passeggino e lo lasciavamo correre sulle travi del lido. Quell'enorme viale popolato da fighe e musicisti.
C'è sempre gente laggiù; il piccolo ascoltava la musica delle giostre, si sporcava la maglia con la sauce che scolava dal suo hot dog, e correva come un matto. Qua era felice.
Lei se li è portati via, quella puttana.
Quella casa, questi sacrifici per un pezzo di carta che mi consentisse di restare, non è servito a niente. Solo il profumo dei dollari che non riesce a cancellare l'odore della merda.
Quella puttana...

Beveva e sudava.

- Camminiamo un po', Alcor, ho bisogno di fare due passi.  Che mi fosse stato ricosciuto il rispetto per aver dato tutto, almeno. Nessuno mi ascolta, non fanno che rinfacciarmi  un errore che sì, riconosco, ma che non ho più necessità di ritrovarmi costantemente davanti.
Le avevo detto, a quella puttana, di prendere i bambini e andarcene via qualche giorno. Per respirare. Niente.

Non mi ha più risposto al telefono.

Ero una brava persona, quando c'era la famiglia. Ad essere bravi la si prende soltanto dritta nel culo.

- Non dire stronzate, lasciarti corrompere è il male peggiore che puoi lasciarti infliggere.

- Non è facile, hai capito Alcor? Puttana maledetta... Ho mal di stomaco. Comunque, qui l'acqua è fredda e la spiaggia è piena di Caribbean.  - Nice! - esclamava ad ogni probabile donna che lo incrociava.

- Un'altra cosa, Alcor, quando sarà... se vuoi scoparti qualcuna, usa il downstair, e non farti sentire dai ragazzi. Non farti scrupoli, tanto non ne vale la pena...
- Sarò prudente.
- Tutto per loro... cagna bastarda opportunista. Sente solo l'odore dei soldi ed il gusto del cazzo... ma adesso ha finito.

Alcor accendeva la sua Marlboro.
- Ti fa male il piede Alcor? Ok, torniamo indietro, ma camminiamo ancora un po'. Ho mal di stomaco. Ma che ci ha messo quel giudeo nella pizza stavolta... Mai più fidarsi di questo mondo schifoso. Passano i giorni solo per guadagnarsi quel piatto di minestra calda che ti aspetta.

- Sì, certo... tieni questo, fuma. Ti aiuterà a digerire.





lunedì 10 agosto 2009

Pills

Il mio organismo viene idratato da un enorme quantitativo giornaliero di caffè.

Ciò mi consente di restare vigile e arzillo per diverse ore nottetempo, e sconfiggere quell'insonnia che mescolandosi alla stanchezza stritola il sistema nervoso.

Insonnia essenzialmente dovuta a due fattori: il primo è il fantasma di un volto di donna con la frangetta con cui intrattengo pindariche conversazioni nelle quali, comunque, ho sempre ragione.

Il secondo fattore sono le emorroidi, costanti e sottintese alle azioni giornaliere come la finissima pioggerellina d'Albione.

Fu attraverso il piccolo parco di Williamsburg, osservando cumuli umani contendersi l'esile ombra di un platano, attendendo che il mio compare avesse finito di pisciare, che ho compreso la mia voglia di non lasciare questa città.

Ho speso circa 50$ in barattoli di apricot preserves.

venerdì 7 agosto 2009

US paradox

Ci sono più ebrei nel mio quartiere che nella striscia di Gaza.

E non c'è una banca nel raggio di tre isolati.

mercoledì 5 agosto 2009

Lame duck




Domenica mi sono rotto un piede. Da allora ho un cubetto di ghiaccio per amico. Mi drogo di Ibuprophen, e ho smesso di fumare.

Il cibo giapponese fa schifo, ed ingurgito litri abnormi di caffé.

Intanto ha smesso di piovere.


non ridere

non ridere
se mi vedi che mi scappa il piede e scivolo
un mio ritmo di passione
e di tentazione avrei
i tappeti dai palazzi
far volare saprei

domenica 2 agosto 2009

Guilty steps




Since I've been loving me

Mi capita di mandare gente affanculo.

Dopo qualche settimana me ne pento.

Dopo qualche istante mi pento di essermene pentito.

Il baseball resterà per sempre un grande mistero per me. Insieme alla constatazione della progressiva riduzione della volumetria delle maniglie dell'amore, ed all'opposta (ma nociva) maturata autoconsapevolezza tra i fornelli, è il massimo della conquista giornaliera.

Ho scoperto che il mio piccolo cellulare stelle-striscie T-mobile annovera il sudoku tra i giochi incorporati.
Avevo deciso di interrompere il mio limitatissimo rapporto con il mondo dei giochi 15 giorni fa. Quando giocando al "chi vuol essere milionario" nell'entertainment dell'airbus, nel perdere ad una domanda cazzosa su una capitale di uno stato africano, mi è montata una rabbia modello talebano invasato.

Ma questa scoperta ha aggiunto una nuova opzione alle cose da fare mentre raggiungo l'Herald Square con la metro: oltre all'attività di spionaggio uditivo dei cazzi degli altri, e alla lettura del NY Times.
Sono cose che consentono alla vita di tornare momentaneamente gradevole.

venerdì 31 luglio 2009

Alcor Act

ESPERITE


tutte le possibili modalità di cazzeggio.


PRESO ATTO


che piove in continuazione;


PRESO ATTO


che anche oggi l'ho presa in culo nell'organizzazione della giornata;


CONSIDERATO


che mi sono inequivocabilmente rotto il cazzo di questo clima disgraziato;


APPURATO


che secondo il mio coinqulino si risolverebbe tutto nel procacciarsi al più presto una qualsiasi chiavata;


RITENENDO


grossolanamente non risolutiva la proposta di cui sopra,


CONSIDERATO


che cio è dovuto al mio essere assalito dai soliti incubi;


E CHE PERTANTO


se questa condizione dovesse oltremisura persistere, provvederò a farmi le trasfusioni di LSD (o farò analizzare il garlick in polvere che temo sia nevro-stimolante);







PRESO ATTO


di quanto detto,


SI DELIBERA QUANTO SEGUE:


mi metto a lavorare.


W i dati statistici.
E  mi chiedo perché quando sono arrivato qui non m'è venuto in mente di spacciarmi per uno scrittore, un poeta, un attore... (porno, se non avessi l'ormone surgelato).
Ho capito perché qua mi è ri-esplosa la voglia di scrivere: ho ricominciato a parlare da solo, a pensare.
Mentre quando ero in Italia, da politico, non facevo altro che parlare all'umanità.




Il provvedimento è immediatamente esecutivo;
astenersi, dunque, dal rompermi il cazzo.



New York,  July, 31 - 2009

il putativo concessionario della propria esistenza
Alcor

















martedì 28 luglio 2009

Watch the gap

Il mio coinquilino è un animale.

Lo guardo con gli occhi dell'analista dell'animo umano e lo considero uno spasso. Lo guardo con gli occhi dell' ex ricercatore di politiche migratorie, e penso che grazie a lui si apra un filone interessante: dopo la fuga dei cervelli abbiamo un caso di fuga dell'ormone.

Costui ha un unico chiodo conficcato nel cervello: chiavare. Con qualsiasi essere di genere femminile gli capiti innanzi.
Specifico "femminile", perchè altrimenti sarei in pericolo e mi toccherebbe traslocare in queste specie di catacombe per roditori fognari che sono le subways newyorkesi.

Egli è tra le cause degli squlibri demografici euro-mediterranei.

Lo guardo con gli occhi miei, quelli del misantropo alle prese con la complessità sociale, e mi fa davvero schifo.

"Alcor esci?" - mi chiede - "Certo che esco". - Gli rispondo.

- E dove vai?

- Vado a farmi un giro a Manhattan, sai com'è...

- Ma sei fesso! Resta qua che può scappare una chiavatina con le donne delle pulizie...

- No grazie, vedo se trovo qualcosa di più commestibile in giro, altrimenti preferisco essere autonomo, veramente autonomo.

Ma scopatele tu queste cesse guatemalteche!

La verità è che io ho un bisogno enorme di parlare. Raccontare senza una logica di narrazione, in streaming.

Gaetano è un pizzaiolo palermitano simpaticissimo. Ha una pizzeria nel profondo east di Long Island. Entriamo e ordiniamo dei tranci di caesar salad pizza, il sorriso del compatriota preannuncia una decurtazione di 0,50$ dal bill finale.

Mi raccontano che il cambio è migliorato: stiamo ad 1,49.

Ritorno a casa. La notte è limpida, e vedere le stelle qui è davvero un lusso. La linea F tarda clamorosamente. Quando sei in attesa e ti fermi non puoi fare a meno di pensare. La puntualità esacerbata stimola la fretta e annichilsce la riflessione. Forse per questo non ci vivrei mai qui.

As you leave the train, please watch the gap between the train and the platform.

Così parlano i treni. La tua vita è scandita. Si preoccupano di te in ogni modo. Qui è illegale mangiare i fegatini perché fanno male; le sigarette sono senza ammoniaca.
La tua esistenza è scientificamente organizzata dal sistema.

Nel galoppare ferroso che fa tremare le mura e le impalcature, si attende. Come gli indiani attendevano i bisonti.  Nello scavare il limite della notte fesa dai lampioni della stazione, riscopro il gusto agrodolce dell'attesa.

E l'attesa non è un pasto scondito.

L'orgoglio penetra la vita come qualsiasi oggetto differente dalla carta igienica trapassa lo scarico di questi scomodissimi cessi americani.
Li intasa. Si blocca tutto, e la vita non scorre più.

Ed è per questa ragione che si fluttua senza né annegare, né respirare.

Soltanto un mega allagamento di merda.

Non mi sposto di una virgola, ma mi rendo benissimo conto di non rendere un grande servigio al mio animo.

Qualche volta mi chiedo che fine tu abbia fatto. Non ho voglia di chiedertelo, ho solo voglia di saperlo. Mi piacerebbe guardare la tua vita come da una vetrina sfocata. Entrarci solo se reclamato.
Non lo dovrei scrivere, perché esiste una maniera perversa di recepire certe informazioni.

Però certe volte me lo chiedo, che cazzo di fine tu abbia fatto.


Certe volte me lo chiedo, più o meno ogni minuto.


domenica 26 luglio 2009

Pigs made in Italy

- So, John, what do you think about the swine flu? In Italy there are a lot of rumors...

- Vaffanculo. Do you like cheeseburger?

- No, thanks John. No cheese for me. Salad, please!!!

venerdì 24 luglio 2009

It's not because of heaven

Il giorno più bello, la pioggia non dà tregua.
Immerso in consuete paludi di letture e richiami di parentali comodità. In questa laguna scrostano il terriccio dell'inquietudine la rabbia e la noia del non lasciarsi completamente rapire, attendendo che le goccie che fendono le orecchie siano solo avanzi di piante o di grondaie.

La colpa non è del cielo.

Sembra davvero che i posti siano tutti occupati in questo scriteriato tragitto. E stare in piedi per tutta la durata del viaggio è provante. Soprattutto allorché sembra impossibile determinare il momento dell'approdo.
La colpa non è del cielo. Tutto è qua dentro, pronto a nascondersi dietro le maschere che il mondo assume davanti ai miei occhi tutte le volte che gli appendo una faccia diversa.

E allora anche se piove, non baderanno a me gli innumerevoli ebrei che popolano questo quartiere, la strada chiama.
Non per fare il visitatore del cazzo. Non per fecondare il pavimento della vita con la prestanza dei miei passi, non per accidentare incontri.

Non abbisogno di nulla. Ci sarebbe necessità soltanto di qualche minuscolo correttivo estetico: qualche lampione in più a Clark St.,  un po' di sostanza al caffé, meno odore di onion per strada.

La notte mi rincorre. Eppure non sono io a temere improbabili viottoli che scavano il buio verso il Brooklyn Promenade. Dicono sia stato il punto più affollato del mondo, Park Slope, uno dei più bei  quartieri del mondo, suggeriscono gli opuscoli.

Una donna orientale cammina svelta in ginnico vestiario. Mi guarda e accelera i suoi passi degni di un bonsai strisciante. Capisco di non dover temere mai nulla. E benedico la lunga barba.

La colpa non sarà mai di nessun fattore animato o inanimato, se la vita spesso s'arresta in embolia.
Fumo le mie marlboro smooth per migliorare la qualità del mio brusco respiro.
Fotografo il nulla che è immenso a me innanzi.


E l'East River è una lastra di marmo rigata da pompe, battelli, riflessi di quei colossi d'acciaio e luci.

C'è tutto qui, un cerchio che parte e si arresta all'origine della mia solitudine.

Patetica è ogni voce che tenta di riafferrarmi di là. Qualsiasi zampa protesa a volermi dare una mano.
Su ogni luce appendo una malriposta stronzata, e pontifico il silenzio.

Non una parola. Non un risentimento. Neanche l'ancestrale condizione di provare un qualsivoglia bisogno.
Un nulla puro che non contempla la compagnia degli avventori temporanei che incespicano nella mia vita.
Non il bel culetto francese, non il scientifico criterio del "cazzo di cane" con cui ho speso i primi giorni.

Non una  carrellata di posti, ma un pozzo di vita da espugnare. Il tempo passa rapido perchè ogni giorno è un guadagno, non un improduttivo pareggio.
Vinco anche tutte le volte che l'animo si contorce.

Lontano dovunque io possa essere. Con la mia bisaccia in pelle nera, la mia macchina fotografica.
La mia musica è il blues che quel ragazzo suona con la sua acustica nella subway della 9th St.

Riconosco i miei occhi.

Recano dentro un po' di tutti quei volti che li hanno vessati, e che  adesso conduco con me.

La mia sigaretta e null'altro. Ritornato randagio, con la puzza della strada.
E sono felice.

Questa foto è opera mia.

lunedì 13 luglio 2009

A good trip

Penso che sia giunta l'ora di andarmene davvero.

Arriverò con sei ore di anticipo. E quando voi farete colazione io potrò ancora guardare Giove.

Un ridere rauco,

ricordi tanti, (da accumulare)

e qualche rimpianto. Qualcuno.

domenica 12 luglio 2009

La nuit

- Alcor, e a te, quando ci penserai?

- Mai, io non esisto.

- Non si direbbe...

- Io esisto marginalmente, e per compensare tutto questo, faccio l'egocentrico

martedì 7 luglio 2009

Alcor - zio Tom 2-1 (ai supplementari)

Mi ha preso un sonno assurdo, e staccarmi dal letto equivale a staccare il muschio dalla nuda pietra.
Indi non ho molto da riassumere, e tra le altre cose, l'alimentazione di questi giorni mi ha reso particolarmente argilloso il pensiero.

C'è da dire che ho l'intestino tenue sfondato come la costruenda metropolitana di Napoli.
C'ho il blocco dei lavori, e forse a furia di scavare potrei riportare alla luce qualche reperto, tipo la lucina verde dei Lego che ingoiai a 5 anni nel tentativo di staccarla coi denti da un altro pezzo.


Mangiate per una settimana insalata di riso a temperatura ambiente, fatevi bloccare un volo transoceanico a poche ore della partenza e vedrete se, tra materiale alimentare in sosta e fregatura entrante, il vostro culo non collasserà.

L'allegorica famigerata mandria di rinoceronti che risale lungo i canali anali è una metafora di arcaica generazione.

Ma si sa a tutto c'è una spiegazione in questa immensa settimana enigmistica che è la vita. E se unisco tutti i puntini forse forse un'interpretazione la trovo.
Mi ricordo una frase di Thomas Becket nell'opera di Eliot, "non compiere mai l'azione giusta per il fine errato".

E se questa era una fuga, insomma, sarebbe stata una gran cacata. Andarci ora, che m'è passata la voglia, a furia di far la guerra con la burocratica organizzazione col mondo, forse ha pure più senso.
Visto che la guerra l'avrei anche spuntata. Ma non farò mica l'errore di Bush in Iraq che si mise a far bagordi di fanfare inscenando un bellico trionfo mentre stava per cominciare il vero disastro...

Effettivamente mi mancava qualche pipposo tassello da dipanare, tipo trascorrere qualche giorno imprevisto nella patria capitale per disintoccarsi da un pochino dalla bile eccessivamente escretata.
Ma soprattutto riuscire finalmente a sedermi da solo ad un tavolo per consumare un fiero pasto, e giocare davvero serenamente una partita a quattr'occhi con la solitudine senza sentirmi un pezzo da cabotaggio nell'arcipelaga esistenza.

Sentirmi solo fino ai morsi della fame non mi era mai capitato, e mi mancava 'sta prova per evitarmi gli attacchi di panico che tutte le amiche psicologhe hanno unanimemente pronosticato.

Forse ora che sono indifferente sono pronto. La felicità è femmina, per averla la devi sonoramente mandare a fanculo.

Però aspettiamo: può sempre succedere che il mio passaporto venga smarrito dalla mail boxes che deve farmelo recapitare a casa farcito di tutti  quei cazzi che mi hanno ancorato in Italia.

Oppure può capitare che mi becco un trauma cranico mentre tento di emulare Zidane con il prossimo tizio che manifesta in mia presenza apprezzamenti per Franceschini.

Oppure... no meglio che sto zitto sennò succede davvero.

Fanculo a tutti.
Non vi voglio per niente bene. Solo che mi curo di voi per dimostrare che politicamente sono bravo.

"Azione giusta per il fine sbagliato", ma non voglio mica esser santo.
L'idea di avere un giorno sul calendario dov'è sancito che qualcuno si debba ricordare di me mi fa solamente inorridire.

sabato 4 luglio 2009

Ready... fight

E adesso datemi 'sto cazzo di Visto che devo mandare un mondo a fanculo.

Sulla triplice presa per il culo del principio del partito liquido

Un leader eletto a primarie universali da milioni di persone, per lo più scazzate, costrette, e incapaci di capire cosa e perché votano.
Capiscono solo che devono lasciare ogni volta dalle 3 alle 5 euro.

Egli deve dar conto a milioni di persone, ad un'entità numericamente indistinta da rendere pressoché atomizzata la responsabilità per le proprie azioni.
Un sistema cesaristico senza i contrappesi tipici di un sistema presidenziale.
La democrazia, al contrario, si qualifica in primo luogo con la precisa imputabilità delle responsabilità pubbliche.

Rileggiamo Locke.

Il leader siffatto è qualcuno che fa i cazzi suoi in maniera assoluta praticamente. Che è anche capace di pensare che da solo può aspirare a governare una nazione più complicata della psiche femminile.

Un modello di indicazione della leadership estremamente bloccato, dove la mediaticità e la notorietà rendono la partita delle primarie olisticamente contendibile fra le solite facce.
O peggio, accompagnato con qualche astro nascente  svezzato nella incubatrice di youtube.

La contesa avviene su basi paragonabili al televoto dello zecchino d'oro, anziché sulla discussione dei progammi e su un serio dibattito sulle alternative in campo.
E' vero, le sfumature personali non saranno mai del tutto valorizzate,  ma almeno ho l'oppurtinità di discuterne in sezione con quattro amici, bevendo una birra e giocando al tressette.
E si sa, qualche volta elaborare pensieri fini a se stessi non è proprio un macabro esercizio.

Sulla mia testa gravano 800.000 euro di debito pubblico finché campo. La spesa pubblica  finanzia in maniera preminente pensioni e servizi sociali, tralasciando i trasferimenti in conto capitale che generano ricchezza e lavoro per i giovani;  gli ammortizzatori sociali si chiamano social card e cassa integrazione.
Chi non ha nulla, non esiste proprio.

Sono castrato dalla persitenza degli ordini professionali, e ho buttato 5 anni della mia vita per un titolo di studio che non assorbe nemmeno l'orina che straripa dalla tazza del cesso.
La spesa per l'istruzione è pari a quella che il mio ottimo presidente della Provincia spende per costruire scuole e ristrutturarne altre.

Facevo il ricercatore gratis, e poi mi sono rotto il cazzo.

Altro che simpatia, Debora.

La democrazia è un bene con cui è meglio non abusare.
Delicato e fragile.

martedì 30 giugno 2009

Lame Alcor

Ad un processo per amore
baciò le bocche dei giurati
e ai loro sguardi imbarazzati
rispose "Adesso è più normale
adesso è meglio, adesso è giusto, giusto, è giusto
che io vada "
ed i giurati lo seguirono

a bocca aperta lo seguirono

sulla sua cattiva strada...


E quando poi sparì del tutto
a chi diceva "È stato un male"
a chi diceva "È stato un bene "
raccomandò "Non vi conviene
venir con me dovunque vada,
ma c'è amore un po' per tutti
e tutti quanti hanno un amore

sulla cattiva strada...

Ah... le gabbie delle strutture sociali... quanti danni...
Un po' sceme come la paura, un po' bislacche come un capriccio, o come una nostalgia.
Il copione fa cacare. Come le prugne.

sabato 27 giugno 2009

ESTA status Update

Ritengo giusto dichiarare guerra agli Stati Uniti.


Come i giapponesi, resisto.


Non vedevo una partita dell'under 21 da quando ero un under 21.


Come cacarsi il cazzo a Roma. Ne sono capace.