venerdì 8 febbraio 2008

In memoria Caligulae


Sono tre giorni ormai che se n’è andato. Di colpo, dopo aver visto il corpo morto di Drusilla, sua sorella ed amante. Prima di sapere che c’è la morte tutto sembra credibile, ora non resta che questo futile potere smisurato e ridicolo. Cesonia che ami Caligola, il mondo sorrideva al tuo amato attraverso i denti di Drusilla. Quando Caligola poggiava la mano sul corpo di un’altra donna, tutto il rimpianto della sua carne gli saliva alle labbra, e quando qualcuna si appoggiava alla sua spalla, l’avrebbe uccisa senza concederle un sorriso per punirla d’aver tentato d’imitare una tenerezza che non apparteneva ad altri che a lei.
Ha emesso un gèmito ed è fuggito via senza voltarsi. Se non torna lo sostituiremo, non sono certo gli imperatori che ci mancano, sono gli uomini che mancano. Mostro, Caligola, per aver troppo amato. Come si può continuare a vivere con le mani vuote quando prima stringevano tutta la speranza del mondo? Fare un contratto con la solitudine? Darsi delle ragioni, scegliersi un’esistenza tranquilla, consolarsi. Non è per Caligola…


Eravamo preoccupati per te, Cesare. "E con che diritto lo eravate?"
Ci sono da sistemare certi problemi che riguardano le finanze pubbliche, il Tesoro.
… il Tesoro è fondamentale, la vita umana non lo è. Ho deciso di esser logico. Tutti i sudditi devono diseredare i propri figli e fare testamento a favore dello stato. A seconda delle necessità metteremo a morte questa gente seguendo l’ordine di una lista a caso. La prima parola per salutare il ritorno di Caligola è stata: Tesoro. Avete fatto una scelta, e si gioca con le vostre carte, pagherete cara questa logica.
Sento crescere dentro delle presenze senza nome, segnate da volti orribili di una volontà disumana. Non esiste che una sola libertà, quella del condannato a morte, perché in quel momento tutto gli è indifferente tranne il colpo di spada che farà scivolare via il suo sangue. E Caligola renderà la libertà al suo popolo di schiavi singhiozzanti. Tutti condannati alla morte e alla libertà.


Caligola ha preso le nostre mogli e trucidato i nostri figli senza ragione. Attraverso Caligola, per la prima volta nella storia, la poesia provoca l’azione e il sogno la realizza. Lui fa ciò che sogna di fare. Lui trasforma la sua filosofia in cadaveri. Voi dite che è un anarchico. Lui crede di essere un artista. Ma in fondo non c’è differenza. Le vostre ipocrisie e le vostre viltà mi danno maggiore protezione. Finché Caligola è vivo, si è alla completa mercé del caso e dell’assurdo, cioè della poesia.
Un’esecuzione mi attende, ma prima devo mangiare. Rufo è il cavaliere che oggi deve morire… Non mi chiedete perché? Bene, state diventando intelligenti, avete capito che non c’è motivo per vivere o morire. Sono sicuro che quel Rufo non apprezza questo piccolo rinvio. Eppure qualche istante strappato alla morte ha un valore inestimabile, è il lento gustare della vera libertà. Non guardarmi così, Muzio, anche se ho appena finito di divertirmi con tua moglie. Domani siano chiusi i granai, ci sarà carestia. Ci sarà flagello, è qui il potere. Si è sempre liberi a spese di qualcuno. La gelosia è davvero brutta, soffrire per vanità e fantasia. Vedere la propria donna che spalanca le gambe per ricevere un altro nel proprio ventre. Mescolare l’amore a questi miseri giochi di mucosa.



Tu che cosa bevi, Mereia? Una medicina per l’asma? Menzogna… è un antidoto contro il veleno. Tu temi che Caligola ti possa avvelenare. Mi sospetti, mi spii. Credi che io voglia avvelenarti e fai il possibile per opporti a questa volontà. Doppio delitto, perché se Caligola non volesse ucciderti, tu lo sospetti ingiustamente, il tuo imperatore… oppure volevo davvero ucciderti, e tu, lurido insetto, ti opponi al mio disegno. Ma se mi attribuisci la volontà e ti opponi, sei un coraggioso rivoluzionario contro il fato infame e il destino assurdo, e questo è bello: morire da vero uomo, per aver tentato di mutare il corso inesorabile dell’ingiustizia.



Giovane poeta, Caligola ti ha portato via tuo padre. Che cuore fetido deve avere! Quanto lo deve torturare quest’odio e questo male! E come deve essere immonda la sua solitudine…
Tu la conosci la solitudine? Quella dei poeti e degli impotenti… Mai si è soli. Dovunque ci portiamo dentro il peso del passato e del futuro, di tutti coloro che abbiamo ucciso, dei rimpianti, il male di coloro che amavano e non abbiamo amato di rimando, il peso del desiderio, del disincanto, della dolcezza e delle puttane, e la sorda banda degli dèi. Se solo si potesse godere di una solitudine vera, non infestata di fantasmi, la solitudine fatta di silenzio e tremore degli alberi ove lasciar sentire l’ebbrezza del cuore. La solitudine risuona di denti che stridono, di lamenti perduti. Se esiste una fuga da questo orrido silenzio? Il disprezzo.



Caligola, troppi morti, la vita si va sguarnendo, non esiste potenza senza incontrollata sottomissione al proprio destino profondo. Bisogna essere logici fino in fondo. Ho cancellato gli dèi dal cielo. Ho dimostrato che si può essere effimeri quanto loro, ogni uomo può esercitare il loro ridicolo mestiere. Un mio tragico respiro investe i timori e le vite di migliaia di uomini che hanno la debolezza di affidarsi agli dèi.



Volete uccidermi, lo so. Per ritornare nella sicurezza e nel calore dei caldi letti nei quali consumare le vostre insensate esistenze. Non siete in grado di vivere in un mondo nel quale la più folle fantasia può introdursi nella realtà in un attimo, come una lama nel cuore. Tutti voi desiderate la morte di qualcuno, o la donna di qualcun altro, ma siete vili nella vostra sicurezza senza potere. Libertà e logica piegate alla pace e ad una felicità monca. Ma siete tutti colpevoli.
In questa mano Caligola regge la prova della congiura dei traditori e dei colpevoli che cospirano la morte del loro imperatore e dio. Non c’è bisogno di prove per mettere a morte un uomo, ecco che queste carte siano bruciate. E voi tutti diventate innocenti del vostro tradimento. Congiurati, come siete belli ora che siete innocenti. Neanche gli dèi possono rendere l’innocenza senza punire. Ammirate la potenza rivoluzionari di Caligola!



Caligola ha mal di stomaco, ha vomitato sangue stanotte. "Giove, prendi la mia vita per la sua!"



Grazie Cassio, non merito tanto amore. Non ne sono degno. Addio, amico, ricorda che Caligola ti ha dato il suo cuore. È bello vivere. Ammirare le vergini in riva al  mare coperte di veli trasparenti cinte di mimose. La senti la bellezza della vita nel cielo fresco e vibrante, Cassio?  Mettetelo a morte, a che gli serve la sua vita? Se ci avesse tenuto davvero non se la sarebbe giocata così inutilmente… Quando si perde si deve pagare.



Sei rimasta tu sola accanto a Caligola, dolce Cesonia. Alla follia del tuo amato hai sacrificato i tuoi giorni e stai invecchiando. Non varrebbe la pena che anche l’ultimo testimone sparisse? Amare qualcuno vuol dire accettare d’invecchiare con esso. Caligola non è capace di un tale amore. Esiste un male maggiore: accorgersi che anche il dolore per la scomparsa di chi ami passa col tempo, non ha più senso. Non resta neanche l’ombra dolorosa di un amore spezzato, né la dolcezza di una malinconia. Io vivo, io uccido, esercito il potere delirante del distruttore, al confronto del quale il potere del creatore non è che una pallida imitazione. È tempo che cali il sipario su di te che dici di amarmi, inutilmente.  Anche tu eri colpevole, Cesonia cara.



Anche tu sei colpevole Caligola, ma ti capiranno mai? No, loro non capiscono, loro giudicano senza capire ascoltare, nemmeno un pallido e sfuggevole sentire. Ed anche tu, ti giudichi. Come ti ammiro per questo potere di giudicare! Hai ritrovato il vuoto nel quale l’anima si placa. Sei l’imperatore, ma sei anche niente. Sei un tronco vuoto e cavo, senza cuore, un vuoto malefico dove si agitano le ombre e le passioni. Potresti essere tenero, Caligola, ma non c’è niente che vada bene in questo mondo, eppure, ti basterebbe l’impossibile che hai cercato a braccia distese sino ai confini del mondo.



Tendo le mani e non incontro che te, sempre te, come uno sputo sul mio viso. Te, nel chiarore splendido e dolce delle stelle. Te, che sei come una ferita che vorrei strapparmi di dosso con le unghie perché il sangue infetto possa sgorgare con la vita a fiumi. Dove posso trovare tanta tenerezza da soddisfare la mia sete? È pesante questa notte come il male, ed il dolore umano.





Costruito intorno a: A. Camus, Caligola, 1944
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7 commenti:

  1. Che idea interessante...

    La misura del potere che coincide con la misura della sofferenza che puoi infliggere...

    E l'illimitato arbitrio che coincide col Fato...

    Apperò...

    Apperò....

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  2. E' il punto d'incontro tra la razionalità più fredda e la follia più atroce. La ragione si ribella al destino, diventandone più crudele. Ogni nostro male è conseguenza di questa colpa, perché siamo colpevoli? perchè, semplicemente, siamo.

    La cosa sorprendente è vedere la fine di colui che ha tratteggiato questa filosofia dell'assurdo. O è stata una coincidenza, oppure se l'è veramente chiamata.

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  3. Sì, convengo...

    Del resto, nel momento in cui una persona si erge a padrone assoluto del proprio destino, in realtà con quel passo si sta elevando al rango di dio.

    Ed il mio adorato dottor Lecter lo ha detto in tempi non sospetti: dio è crudele, o, per usare le sue parole, "Io un mostro? Dio lo fa tutti i giorni...".

    Meno d'accordo mi trova, invece, l'affermazione, anche se laica, di qualcosa che assomiglia al peccato originale.

    L'idea di essere delle nature viziate in attesa che qualche benevolo lavacro ci mondi dall'alto mi pare un tentativo, di sicuro ben riuscito, di asservire la coscienza...

    Personalmente, l'unico peccato originale di cui mi sento portatrice è quello di essere, sì, ma con qualche aggettivo che qualifichi la mia essenza.

    E poi...

    Eccezion fatta per James Dean, le morti in auto di personaggi famosi hanno sempre la medesima coincidenza: i morti avevano ripiegato sull'uso dell'auto solo all'ultimo momento.

    Che poi, nel caso di Camus, ribadire di frequente che la morte per incidente d'auto fosse il modo più stupido di morire costituisca una "chiamata" della propria dipartita, mi pare superstizione...

    Sempre che non si voglia intendere che ognuno si chiama la propria morte esattamente come chiama a sè la propria vita, il che equivale a dire che solo le creature superiori hanno la fortuna di morire armonicamente col modo in cui hanno vissuto.

    Se questo è, sono perfettamente in accordo col tuo ragionamento.

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  4. La poetica dell'assurdo, il caos regna e vigila con la sua logica imperante dettata da un potere inaccessibile che dipende dalle bizze del distino. Ed Albert ha vissuto e se ne è andato proprio come ha scritto nelle sue opere. La colpa non è intesa in senso assoluto. Siamo colpevoli in quanto soggetti inconsapevoli della sorte, assoggettati ad una condanna che non ci consente di essere liberi fino in fondo. Così come i sudditi erano soggetti agli umori sanguinari di Caligola. Eppure Caligola risparmierà e premierà con migliaia di sesterzi un candannato che sotto tortura si ostinava a non confessare le sue colpe. Esiste una speranza: la rivolta. Un ribellarsi al fato grazie alla propria volontà, il proprio orgoglio, la propria fortissima presenza alla vita. Magari però non si coglie bene il come, e qui bisognerebbe invocare l'ausilio dell'essere messianico annunciato da Zarathustra.

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  5. L'arrivo di Zarathustra io lo ascrivo nel novero delle cose meravigliose cui sono destinata, unitamente alla vincita del superenalotto, il conferimento del Premio Nobel per la Letteratura, il matrimonio con Kevin Spacey e la licenza di uccidere.

    In attesa che si compia la beata speranza, io Zarathustra me lo coccolo nelle immortali pagine dell'unico tedesco cui io riconosca un primato etico.

    E da lì suggerirei di partire per cercare la risposta al tuo interrogativo, caro Alcor...



    "Vidi un giovane pastore rotolarsi, soffocato, convulso, stravolto in viso, cui un greve serpente nero penzolava dalla bocca.

    Avevo mai visto tanto schifo e livido raccapriccio dipinto su di un volto? Forse, mentre dormiva, il serpente gli era strisciato dentro le fauci e lì si era abbarbicato mordendo.

    La mia mano tirò con forza il serpente, tirava e tirava invano! Non riusciva a strappare il serpente dalle fauci. Allora un grido mi sfuggì dalla bocca: "Mordi! Mordi! Staccagli il capo! Mordi!", così gridò da dentro di me: il mio orrore, il mio odio, il mio schifo, la mia pietà, tutto quanto in me buono o cattivo gridava da dentro di me, fuso in un sol grido.

    Voi, uomini arditi che mi circondate! Voi, dediti alla ricerca e al tentativo, e chiunque tra di voi si sia mai imbarcato con vele ingegnose per mari inesplorati! Voi che amate gli enigmi!

    Sciogliete dunque l'enigma che io allora contemplai, interpretatemi la visione del più solitario tra gli uomini!

    Giacché era una visione e una previsione: che cosa vidi allora per similitudine? E chi è colui che un giorno non potrà non venire? Chi è il pastore, cui il serprente strisciò in tal modo entro le fauci? Chi è l'uomo, cui le più grevi e le più nere fra le cose strisceranno nelle fauci?

    Il pastore, poi, morse così come gli consigliava il mio grido: e morse bene! Lontano da sé sputò la testa del serpente; e balzò in piedi.

    Non più pastore, non più uomo, un trasformato, un circonfuso di luce, che rideva! Mai prima al mondo aveva riso un uomo, come lui rise!

    Oh, fratelli, udii un riso che non era di uomo, e ora mi consuma una sete, un desiderio nostalgico, che mai si placa.".



    Staccare con un morso la testa del Fato che ci vuole dominare, e sputarla lontano col riso gioioso di chi è l'unico reggente di se stesso.

    Ed essere colui che non potrà non venire.

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  6. Urca... se l'avvento del Super-Uomo è nello stesso novero del matrimonio con Kevin Spacey ed il Nobel rischiamo di restare ampiamente delusi! Vabbè quandò "arriverò" ti accorgerai che è tutto molto meno utopico di quel che si creda...;-)

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  7. E' proprio perchè non ho certezza della data del tuo arrivo che ho aggiunto anche il matrimonio con Kevin nella mia wishing-list.

    E non avendo neanche certezza della qualità del tuo arrivo (che qui di superuomini ne son passati parecchi e nessuno ha avuto il fegato di restare per il caffè...) ho inserito il superenalotto.

    Chè si sa, quando c'è la salute c'è tutto...

    Ma nulla consola un cuore infranto più di uno shopping matto e disperatissimo.

    Ossequi, Ubermensch


    Ps: della serie "Come buttare in vacca una discussione veramente elevata." di Alcor e Madame Revanche, edizioni Troppo spinti per splinder, 2008

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