Mi piacerebbe conversare qui di tantissime cose. Ogni tanto mi ritrovo a ciarlare di quello che mi gironzola intorno, perché sono tutt'altro che una persona rinchiusa nel suo giardino interiore, intenta soltanto a potare il prato delle proprie ossessioni. Magari fosse così... eppure sono spesso tentato di gettar via due parole sulle cose del mondo, sulle bizzarrie della realtà; vorrei parlare della finanziaria, vorrei parlare di un nano pernicioso che si aggira lungo lo stivale, del dossier statistico Caritas sull'immigrazione, o semplicemente del mio lavoro.
Ma ci tengo a mantenere il più puro possibile questo angolino che mi sono scavato col tempo, una piccola tana dove poter mandare dolcemente al diavolo cose e persone senza che irrompa il senso di colpa del mio odioso senso del dovere.
Strana forma di patologia la mia misantropia continuamente violata e disattesa. Tutto ha un prezzo, l'ho scritto da qualche parte in questi giorni, ed io sto diventando avaro. La mia più grande paura è di affondare ancora un volta nell'indifferenza, quella oscura maschera di severità che mi fa stimare ogni cosa come fosse insulsa e vana, come se nulla valesse la pena di essere nemmeno pensato.
"Sono le piccole cose, le più grandi. Conseguenze"
Pochi giorni fa ero a spazientirmi dietro un'interminabile fila per delle importantissime pratiche amministrative. Sarei rimasto lì a pietrificare le membra per ore, finchè non ho voltato le spalle alla mia monumentale pazienza rinvigorita dall'eredità lasciatami dalle mie recenti esperienze di vita concluse. E così con la mente già prona sulla mia scrivania casalinga, abbandonavo tutto...
Il mezzo che doveva portarmi a casa si metteva in cammino mentre io a poche decine di metri lo guardavo non potendolo raggiungere.
Ma una persona che conosco mi prende una spalla, un amico che lavora da quelle parti. Si occupa di immigrazione e mi invita a prendere un caffè. Dopo dieci minuti sono con lui ad una conferenza sui flussi migratori in Italia, e dopo due ore sono a dialogare con altre persone che si occupano di questo tema.
Dopo due ore e mezza una persona conosciuta poco prima mi dice di dargli del TU e mi porge il suo biglietto da visita, devo contattarlo presto per ricevere delle informazioni importanti.
Si parlava di fuga dei cervelli, e forse la prossima estate potrei salire su un aereo che atterrerà a Sidney, forse dopo un periodo trascorso lì a fare ricerche potrei stabilirmi definitivamente a proseguire il mio lavoro. Quel lavoro che qui mi riduce alla fame e allo stento, che in pochissimi riescono ad amare alle mie stesse condizioni, e che in un qualsiasi altro paese normale sarebbe retribuito con oro zecchino...
"Conseguenze"
Se fossi diligentemente rimasto in fila a torturarmi nella folla, quell'aereo non sarebbe mai apparso nei miei disegni mentali.
Forse quell'aereo non decollerà mai se non in un'altra illusione, che serve a creare un traguardo feticcio in cui far convergere il punto di fuga della mia attuale nebbiosa prospettiva di vita...
Forse ci saranno tante altre infinite piccole cose a distorcere gli scenari. Forse domani mi squillerà il telefono, o forse la mia chitarra mi accompagnerà mentre strimpellerò sotto un ponte irlandese con in tasca una bottiglietta di cordiale per sconfiggere il freddo sotto la pioggia che rimbalza dalla visiera della mia coppola in tweed, distillandomi un prurito negli occhi.
E chissà quant'è grande il mondo...
E chissà se entrerà tutto intero nei miei occhi...
Ladies and Gentlemen, we are floating in space...
Ed il cielo in cui galleggio mi fissa, come un cieco che non vede oltre i suoi ricordi, e i suoi rimorsi.
Ci sono tante vie in questo mondo, tante vie per la vita. E molte volte sono proprio dietro l'angolo, basta uscire un poco dalla via principale.
RispondiEliminaBuona fortuna... in ogni caso.
Grazie mille Silvren.
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