domenica 29 novembre 2009

Le massime

"...che già le cose non vanno come dovrebbero andare."




(mio padre, in monologhi pomeridiani dopo un bicchierino d'amaro)


venerdì 27 novembre 2009

Il problema è l'essere animali sociali

Provare a vincere ad ogni costo rinnegando ogni qualsiasi pegno alla coerenza, oppure essere pienamente convinti che metodo e sostanza siano monoliti intoccabili, binomi indissolubili, che spogliano i comportamenti di qualunque principio stocastico.

Insomma la Puglia è la regione più innovatrice del Mezzogiorno e d'Italia. Quella che negli ultimi anni ha fatto registrare tassi di crescita migliori di quelli della Lombardia, quella che ha conosciuto una recessione più morbida, quella che ha saputo mettere in campo politiche di ricerca e in favore dei giovani chesono diventati modello appetibile persino per taluni illuminati esponenti dell'attuale miserabile governo.

Però bisogna vincere, e tutto questo pare non bastare.

La capacità indiscussa ed il buon governo non sono variabili indipendenti. Esiste il termine dell'errore. Quello che è convinto che lo scardinamento dell'architrave nebuloso che regge i connubbi della sanità pubblico/privata possa cedere dinanzi all'ostinazione moralista vendoliana, quello che vorrebbe magari attingere son copiosi sorsi al maggiore acquedotto d'europa, o far cacare fumi più silenziosi al peggior culo d'Europa.

Dobbiamo vincere, o dobbiamo difendere tutto questo, e provare a limitare i danni?

Ed il cittadino, ora che avrà finito di sollazzarsi con i plastici dell'appartamento di Brenda, avrà ancora qualche cellula nervosa intonsa per comprendere qualcosa?

Assecondare l'apparato di cui si è parte, o lanciarsi verso un impeto di verità? Magari compromettere quella che oggi ha i presupposti per diventare una fulgida carriera, o serrare i ranghi e turarsi il naso?

Insomma, ritrovarmi con le pezze al culo e mandare a puttane un percorso finora perfetto, per difendere un ricchione che ha provato a trasformare i destini di una terra di cui, peraltro, mi frega poco.
Un probabile epilogo del genere non l'avrei mai immaginato.

La deriva del ripiego sulla massa non ci salverà.

Il problema è sempre il dilemma tra egoismo e giustizia. Come quando stai per sederti a tavola. Non è ancora pronto. Il piatto sta per essere servito, i commensali indugiano.
L'attesa della convivialità sincronizzata, sommata all'attesa del piatto caldo, induce ad allungare le mani sulle olive, sul pane, sul vino, su tutte queste cazzo di trappole disseminate per la tavola pronte a catturare e soddisfare gli appetiti preliminari.

Con lo stomaco clandestinamente soddisfatto per buona parte da questi micro elementi criminali, e tutti rigorosamente dotati di un apporto calorico notevolmente copioso benché concentrato, ecco giungere il pasto.
A cui non si può, socialmente, rinunciare.

E i danni son presto cagionati.

Il problema è sempre quello, la capacità dell'offerta di adeguarsi all'irrazionalità della domanda. La prontezza con cui si risponde alla fame. Ché se facessi sempre come sono stato solito fare: prepararmi da me stesso, consumare in solitudine, e ignorare tutti, avrei procurato un piccolo sinistro al valore della famiglia, ma avrei mantenuto integra la mia persona, il mio fisico, il mio morale.

I varchi sono sempre quelli, gli approdi i medesimi: fagottinizzarsi e corrompersi, restare integerrimi e poi morire di fame.

mercoledì 25 novembre 2009

Missing

Sì, lo so.

Lo so che finire in ospedale per indigestione da burro d'arachidi... o restare ammutoliti per settimane dinanzi ad un editoriale di Panebianco... oppure... ehm... l'esser divenuto padre con la collaborazione di Simòne... o allungare i tempi di recupero dalla sbornia post-festeggiamenti  per l'addio di Rutelli...  o esser finito nei pasticci per aver accidentalmente ingravidato la segretaria comunale... o aver finalmente capito cosa vorrei fare da grande... o non aver potuto scrivere nulla per una paralisi ingiunta delle dita dovuta all'eccesso di masturbazione... o l'aver ricevuto una convocazione urgente dal regno dei cieli...

...lo so che tutto questo sarebbe stato molto più emozionante.

Invece mi si era soltanto scassato l'ADSL.

E pure il cazzo.

domenica 15 novembre 2009

Counting

Nei barbieri le poltroncine sono ergonomiche e i quotidiani sono gratuiti. Cadono le ciocche ad ogni morso di forbice sfarfallante come una falena tra fragni fanciulli.

Autunnali nuvolette di cellule impilate anticipano l'età del risveglio.

E pur aguzzando la vista, non riesco a interporre ragioni utili e sane cirla la collocazione dell'attimo più consono, se tra una cinquantina d'anni, o tre giorni fa. O magari domani, o tra dieci minuti.

mercoledì 11 novembre 2009

Mobiles

Ci sarà un metodo più rapido ed ottimale per travasare centinaia di numeri di telefono dalla rubrica di un cellulare vecchio a quella di un cellulare nuvo.
Esisterà di certo.

Ma riscrivere uno per uno quei numeri ti aiuta a ricordare episodi di incontri fugaci all'ombra di un rametto di ulivo... quei "ti farò sapere" che poi non si è saputo più niente... quelle volte che come schegge impazzite si è arrivati a collidere... quelle prese in carico dei drammi umani... quei discorsi più o meno imprenditoriali più o meno senza soldi, nemmeno per richiamarsi... ed è lì che ti accorgi di quanto sei stronzo a circondarti di gente, che non serve a un cazzo.

domenica 8 novembre 2009

Sunday lazy sunday

Le domeniche, un tempo, si poggiavano sui plastici sellini di biciclette che allargavano il solco tra i glutei, rendendo più spigoloso il design intorno all'osso sacro.

Peperoni arrostiti con mollica di pane, capperi, cipolla, e formaggio... e vaffanculo a coloro che mi ingozzavano prima, e si lamentavano del mio dilatato addome dopo.

Le domeniche misuravano il dilatarsi e il rimpicciolirsi degli equinozi, e rendevano più ingiuste e inaccettabili le intemperie, perché non poteva piovere nell'unico giorno in cui i genitori coglioni di un paese tutto ripiegato a preservare gli usi vigenti all'epoca ittita, consentivano alle figliuole di mettere il naso fuori casa.
Risultato: interi plotoni di timide e timorate donzelle cresciute con l'intento recondito di diventar zoccole disinibite montate di testa.

Le domeniche avevano la voce di Sandro Ciotti che in radio avvertiva dopo mezz'ora del vantaggio della Juventus sulla Cremonese, ma chissenefrega... era tutto un imbroglio. E poi io e la Roma dovevamo lottare per entrare in zona UEFA.
Ma Balbo e Fonseca giocano ancora, vero?

Qualcuno deve spiegarmi perché la domenica, anche quando si faceva digiuno, si aveva sempre la sensazione di essersi ingozzati.
E giù con la grappa, il brandy, e qualunque genere di diserbante per l'anima.

Il giorno che fu della mille lire. Che è oggi della 5 euro in carta stampata. Il giorno della rasatura.
Il giorno dei comizi tenuti con gli occhiali da sole.

Il giorno in cui la cravatta a 15 anni era socialmente accettabile e non ti qualificava come un nevrotico di Coney Island reso impassibile dall'amara scoperta che l'Universo è destinato a collassare.

Quelle domeniche che erano tali, da non avere nemmeno la forza per farsi una sega.

Ma che almeno aveva l'ansia di un dovere incompiuto con scadenza da lì a poco, che avevano la pesantezza di un autobus alle 6.45 del lunedì mattina.
Che erano tutto uno sbadiglio di sonno, e di non di quella noia dai capelli bianchi che monta carte da parati sul mio cranio.

Colore rosso sangue.